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Il principio di insularità in Costituzione: battaglia inutile o arma contro il centralismo e breccia verso l’autodeterminazione

Guida sintetica contro miopia, presbiopia e ipermetropia politica.

Con la legge costituzionale n. 1 del 7 novembre 2022, è stato introdotto nell’articolo 119 della Costituzione italiana il cosiddetto “principio di insularità”, con la seguente formulazione:

«La Repubblica riconosce le peculiarità delle isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità.»

Apparentemente, si tratta di un’innovazione marginale. Una frase, una dichiarazione di principio, priva di contenuti immediatamente cogenti. Eppure, a ben guardare, questa modifica costituzionale rappresenta una svolta che impone una riflessione profonda per chi, come me, guarda alla Sardegna non come periferia da compensare ma come Nazione da liberare.

L’insularità come costruzione politica

È fondamentale, anzitutto, chiarire un equivoco: essere un’isola non è, in sé, uno svantaggio. Lo diventa solo in presenza di un assetto politico-istituzionale che assegna ad altri – in questo caso allo Stato italiano – il potere di decidere come quell’isola debba vivere, produrre, muoversi, commerciare, comunicare, curarsi. L’insularità, in altre parole, non è un problema naturale, ma giuridico-politico.
Il vero svantaggio non è la geografia, ma la sovranità negata.
La Sardegna non soffre perché è un’isola, ma perché è un’isola governata dalla terraferma.

La Costituzione riconosce il danno: un’ammissione implicita

In questo senso, l’introduzione del principio di insularità nella Costituzione italiana non è solo un atto riparatore: è, prima di tutto, un’ammissione.
Ammissione del fatto che l’essere parte dello Stato italiano comporta per la Sardegna uno svantaggio strutturale. Uno svantaggio che deriva proprio dal fatto che il potere legislativo, il potere economico e il potere infrastrutturale sono allocati altrove – a Roma, a Milano, a Bruxelles – e che la Sardegna li subisce più di ogni altra regione.

Così, dietro le parole concilianti dell’articolo 119 si cela un’amara verità: l’insularità diventa svantaggio solo se i centri di potere sono esterni all’isola. E dunque, ogni rimborso, ogni ristoro, ogni misura di compensazione promessa o invocata in nome dell’insularità, è in realtà il risarcimento di un danno generato dall’appartenenza della Sardegna allo Stato italiano.

Il principio di insularità come grimaldello

Da qui la svolta strategica. Se accettiamo che l’inserimento del principio di insularità rappresenti, nei fatti, un riconoscimento del danno prodotto dalla subalternità istituzionale della Sardegna, allora quel principio può e deve diventare un grimaldello per la liberazione.

La sua forza non sta nella vaghezza della formula costituzionale, ma nel suo potenziale disvelante:

• rivela che l’Italia sa di arrecare un danno
• che quel danno è strutturale e non occasionale
• che l’unico rimedio reale sarebbe la restituzione alla Sardegna del potere legislativo, regolamentare, economico e politico

Non è solo una questione di fondi compensativi. È una questione di potere.
Se l’insularità è un problema, la soluzione non è un bonus. È l’autogoverno.

Dal principio di insularità al diritto all’indipendenza

In definitiva, possiamo leggere il principio di insularità come una crepa nel monolite del centralismo italiano. Una crepa che dobbiamo allargare, colonizzare, sfruttare.
Perché ogni compensazione implica un danno, e ogni danno una responsabilità.
E ogni responsabilità, prima o poi, chiede riparazione vera. Non assistenzialismo, ma restituzione.

In questo senso, il principio di insularità apre – sul piano politico e giuridico – uno spazio discorsivo che può alimentare la nostra battaglia per l’autodeterminazione.
Possiamo usarlo per argomentare che lo Stato italiano ha ammesso la sua incapacità di trattare la Sardegna come pari.
E che, quindi, l’unica via per eliminare davvero gli svantaggi dell’insularità è quella di uscire da un assetto che ci marginalizza, per costruire un nuovo ordine, fondato sulla sovranità del popolo sardo. Evviva la Natzione Sarda.


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