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Assedio al Palazzo d’autunno – S’Imprenta

S’Imprenta – Rassegna stampa dalla colonia

Tutti i sabato mattina su S’Indipendente

I comitati della Rete Pratobello assediano il palazzo, con un presidio diurno e notturno a simboleggiare gli occhi puntati e il fiato sul collo del potere e da lunedì notte riprendono i turni (martedì inizia il voto del ddl 45, “aree idonee”).

L’avv. Zuddas inizia uno sciopero della fame, finché la legge non approderà in aula per essere votata, favorevolmente o meno. In bocca al lupo!

Todde in arrocco nel palazzo prova ad uscire dall’assedio, cercando la sponda di parte di alcuni comitati (non della rete Pratobello).

Infatti dichiara che “Abbiamo incontrato il coordinamento dei comitati territoriali e ci hanno mandato le loro osservazioni, quindi sembrano comunque aperti alla collaborazione”, e ancora “ci sono molte anime all’interno dei comitati e abbiamo notato molta collaborazione e ci saranno degli ulteriori incontri”.

Massimo Zedda scalpita nella maggioranza, a settembre dichiarava: «Quando migliaia di persone, in modo disinteressato, firmano una proposta a tutela del territorio e contro la speculazione, si tratta indubbiamente di un fatto positivo».
Ancora il 10 ottobre diceva chesull’eolico i 210 mila sardi che hanno firmato la legge Pratobello vanno ascoltati”.
Dunque?
I Progressisti sono 3, perciò si passerebbe dall’attuale 36 (maggioranza) e 24 (opposizione), a 33 e 27.
I Socialisti (con Todde) si sono schierati per la presentazione della legge in aula, occorre fare i conti per capire se i pezzi della maggioranza potrebbero farla diventare minoranza su questo passaggio.
Basterebbero altri 3-4 franchi tiratori per far andare sotto la maggioranza e mandare Todde quanto meno al rimpasto.
Il che non sarebbe male, se non altro perché sarebbe l’occasione buona per licenziare il disastroso assessore alla sanità. Altrimenti ce lo dovremmo tenere per i prossimi 4 anni.

Abbiamo già visto Comandini che capovolge clamorosamente le posizioni sulla speculazione e sul Tyrrhenian Link, ed ancora attendiamo risposte alle domande poste la settimana scorsa sul perché ha cambiato idea.

Trema la corte di Sua Maestà, la Regina Todde, novella Maria Antonietta, cumbidat brioche al bar, e tira dritto.

Il palazzo è sotto assedio: alla resistenza storica indipendentista, di sinistra, anarchica e sovranista, occorre aggiungere tra i ribelli il mondo cattolico (che ha concluso la via Crucis, una provocazione artistica) e quello della piccola e media borghesia.

Alcune domande dei comitati, pur ripetute varie volte, sono rimaste ancora inevase, la rassegna settimanale aiuta ad unire alcuni puntini, ma occorre considerare tempi più lunghi per ricollegarli bene: ad esempio, “a cosa” serve tutto questo surplus di energia?

All’industria militare? Alla geopolitica internazionale europea che ha deciso di affamate la Russia o per produrre armi?  
In una intervista di Open del 2022, Todde, allora nella veste di “viceministra allo Sviluppo economico con delega all’Energia” disse:

«Bisogna capire che noi potremmo trovarci da un momento all’altro a non avere più il gas russo. […] Sul breve periodo è inevitabile pensare a diversificare come possibile. Certo è che noi in questo momento non stiamo più parlando di cambiamento climatico, e non è che sia scomparso». […] «Per ora abbiamo lavorato sui primi decreti energia allo scopo di accelerare i percorsi di autorizzazione degli impianti e di liberalizzare la costruzione dei pannelli».

Poi c’è la domanda “a chi” serve l’energia. Giorgia Meloni disse qualche tempo fa che il sud Italia (Sardegna non è Sud Italia, ma rientra nello stesso piano coloniale) sarebbe diventato «l’hub di approvvigionamento energetico dell’intera europa».
Meloni parla di sviluppo del sud, ma non ci sarà nessun tipo di ricaduta positiva nel territorio.

Un atto coloniale in piena regola, decisioni prese dall’alto sono calate in sfregio al principio di autodeterminazione, minando la democrazia alle radici. 
La democrazia greca aveva un senso proprio perché le decisioni avevano immediatamente effetto nella città. 

Nel momento in cui un ente distante e superiore gerarchicamente decide per un territorio senza che questi abbia possibilità di esprimersi, non parliamo solo di un atto che lede il principio dell’autodeterminazione, ma della negazione della democrazia stessa. 

In questo senso, democrazia e autodeterminazione sono strettamente legate, per cui se manca una non può esistere l’altra, e occorre che parliamo di colonialismo e di rapporto di dominio. 

Perché è stato deciso che la Sardegna deve installare minimo 6.2 GW?
Pichetto Fratin aveva 80 GW di servitù da distribuire e a noi è toccata quella quota, completamente slegata dai nostri fabbisogni.

Un bug nella legge “aree idonee”

Abbiamo un bug gigantesco nella legge “aree idonee“. Per capirlo bisogna fare un passo indietro.

A maggio 2024 c’è stata la conferenza stato regioni in cui è stato deciso il decreto Pichetto Fratin che distribuiva le quote di GW tra regioni. Dopo qualche tempo Todde ha gridato allo scandalo perché solo il 40% dell’off-shore (eolico in mare) veniva ricompreso tra i 6.2 GW minimi.
Dichiarava con parole altisonanti «L’ho detto chiaramente e lo ribadisco: la Sardegna non si farà prendere in giro».

Continuava dicendo che i parchi eolici off-shore, «potrebbero rientrare all’interno delle autorizzazioni: anche se sono acque internazionali, quindi oltre le 12 miglia, devono essere considerati 100% impattanti la Sardegna, perché incidono sulla nostra economia, sulla nostra pesca, sul turismo, su attività che sono nostre».

Ha cantato vittoria quando, qualche giorno dopo, è riuscita a comprendere nei 6.2 GW il totale del 100% dell’offshore, ma era una vittoria di Pirro: dato che parliamo di 6.2 GW minimi, significa che con l’off-shore possiamo arrivare anche al 1000% dei 6.2 GW.
Quel “percento” non ha senso dato che non è un tetto massimo, ma solo il valore minimo. È come dire 100 per infinito.

È possibile usare le competenze statutarie per bloccare in terra, ma non in mare, per cui la legge aree idonee di Todde limita di fatto i GW in terra basandosi sulla riduzione degli spazi in un contesto limitato come la terra. Ci sarebbe da dire che anche le aree non idonee potrebbero infine essere considerate atte all’installazione, ma per ora lasciamo questo punto. In mare, oltre le 12 miglia è competenza statale, nessuna legge sarda può bloccare l’eolico, l’unica possibilità per porre un limite all’off-shore è inserire un tetto massimo ai GW, e quindi verrebbe ricompreso totalmente entro un limite di GW.

È il gioco delle tre carte di Todde-Pichetto Fratin, occorre inserire nella legge il tetto massimo di GW, solo in quel caso quel “percento” avrebbe senso e non sarebbe illimitato.

Il dilemma è come inserire una quota che non confermi i 6.2 GW (che vanno ricontrattati con il governo centrale, riducendoli) o che non sia la causa di sicura bocciatura perché gli eventuali minori GW (3-4?) confliggerebbero con quelli attuali stabiliti dal decreto Pichetto Fratin, motivo per cui anche nella Pratobello non sono stati inseriti, ma viene bloccato l’approdo in terra.

La legge Todde limita (non abbastanza) il consumo di suolo, per cui le multinazionali andranno in cerca di off-shore: prepariamoci all’invasione.

Titola l’Unione Sarda: Eolico offshore con pale alte 355 metri, il Ministero: «Procedura semplificata, no all’inchiesta pubblica».
E ancora: Foresta eolica nel mare sardo, l’ira dei sindaci: «Il Ministero ci ignora con motivazioni ridicole».
Le settimane scorse il Comitato di Gallura aveva condiviso un post in cui spiegava le ragioni dei rischi dell’off-shore sulla navigazione.

Era stato Graziano Milia tra i primi a spingere per l’eolico nel mare sardo.
Scriveva Piero Loi, nella sua inchiesta Barones de s’Energia per l’indip.it, che Milia “cura le relazioni esterne della Fondazione di Sardegna“, che è “un’azionista (seppur di minoranza) di Cassa depositi e prestiti (Cdp)” controllato dall’Economia e principale azionista (tramite Cassa depositi e prestiti Reti) di Terna.
Mila, in altre parole, con Cassa Depositi e prestiti ci lavora, come lui stesso ebbe a dire qualche anno fa.

Lo stesso Milia questa settimana è stato protagonista di una polemica con il Comitato No Tyrrhenian Link di Quartu S.E., che denunciava il fatto che il cavo passerà nel terreno di una casa famiglia per bambini, per cui Terna potrebbe procedere con l’esproprio di quel pezzo di terra.

Milia risponde stizzito, e si affida, dalle pagine del comune, alle parole di Suor Anna Cogoni: “non sono mai neanche entrata in un’eventuale trattativa con Terna perché gestiamo la Casa Famiglia grazie a un comodato d’uso: i proprietari infatti non siamo noi, ma bensì i missionari vincenziani” e che “so con certezza che il tratto di proprietà al quale sarebbe interessata Terna non comprometterebbe l’utilizzo della struttura”.
Nel finale del comunicato del comune viene scritto che: “È pertanto palese l’assoluta infondatezza della notizia riguardo la chiusura della struttura per minori.
Ma la denuncia iniziale del comitato non parlava di chiusura della struttura.

L’altra questione è quella sociale.

Anche se riuscissero a dimostrare che tutto l’off-shore non sarà visibile dalla costa e non arrecherà nessun disguido a navigazioni, alla flora, a pesci o a uccelli, non cambierà un fatto fondamentale, soprattutto per quei partiti che dicono di essere di sinistra.
Stiamo in ogni caso assistendo alla più grande redistribuzione economica al contrario degli ultimi decenni, questa montagna di soldi del PNRR andrà dritta nelle tasche di multinazionali, mentre la popolazione pagherà gli oneri senza per contro avere nessun beneficio.

Un cocktail tra capitalismo assistito e statalismo clientelare, un mix di malgoverno e mala economia tipica dei nostri tempi.
Il fotovoltaico va messo nei tetti, con un nuovo conto energia, e vanno incentivate le comunità energetiche, pur previste nel ddl 45.

L’attacco coloniale è di quelli che nel mondo della tecnologia si chiama “game changer“, una nuova e traumatica rivoluzione industriale, tecnologica, economica, sociale, paesaggistica, culturale, ideata e portata avanti in tempi incredibilmente ristretti. Ma hanno tirato troppo la corda e si è rotta, per cui, i sardi hanno radicalmente modificato l’approccio storico passivo alle servitù coloniali, e al game changer hanno risposto con una resistenza “sciùscia-giogus”.

Il successo della Rete Pratobello non si misurerà dalla capacità di far votare la legge, ma dalla capacità di coinvolgere le 210.729 firme in un processo emancipativo, partendo da un rapporto che ha come condizione minima la costante e trasparente informazione su tutte le decisioni, fino a coinvolgerle in un percorso partecipativo: questa è la sfida, e se anche solo il 5% dei firmatari diventerà attivista del territorio e dei diritti, sarà un successo enorme. 

È necessario che questa resistenza sia inserita dentro ad un quadro culturale, e a fianco alla teorizzazione decoloniale gramsciana, è necessario riprendere il geniale architetto Antonio Simon Mossa, padre dell’indipendentismo moderno.

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Immagine di copertina: Wikipedia


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Un commento

  1. Segnalo anche un approfondimento (si fa per dire) visto qualche giorno fa su RaiNews sulla questione energetica in Sardegna (Spotlight, mi pare che si chiami).
    Che nei fatti non è stata altro che una alternanza ritmata di due controparti, senza alcun costrutto, legame consequenziale e/o capacità di approfondire un minimo i temi trattati.
    L’impressione finale che ne ho ricavato è stato però uno sminuire le motivazioni della protesta: in varie occasioni, ad affermazioni di peso di alcuni esponenti dei comitati è seguito un cambio (leggero) di argomento, una leggera piroetta del ragionamento, il filo non viene seguito ma ecco pronta una battuta sagace di un ingegnere o di un docente universitario (Pilo, mi pare). Buttando tutto nella solita caciara. Di palo in frasca.
    Non che mi aspetti molto: d’altronde questi giornalisti della rai vivono con il demone della par condicio e alla fine quello che importa è il minutaggio, mica la qualità di quello che viene detto. Questi hanno eletto la par condicio a sistema di vita. È solo questione di quantità, mai di qualità. Aspettarsi che i dati vengano confutati è follia pura.
    Mi immagino che chi veda questo – ehm – ‘servizio’ e non conosca i fatti di prima mano ne esca con un tourbillon in testa a tipu casiddu ‘e abes.
    Se va bene ne esce con un’idea neutra, ma siccome la grancassa mediatica italiota è nella mani dei padroni del vapore, al di là del mare si faranno idee distorte (distorte dai vari portatori d’acqua dei portatori di interesse).

    Ah, dice che la prossima puntata di Report tratterà della questione dell’eolico in Sardegna. Speriamo bene (intanto ho già fatto scorta di Malox).

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