
Come continua la lotta dei comitati? – S’Imprenta
S’Imprenta – Rassegna stampa dalla colonia
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Dopo l’approvazione della legge 20 (aree idonee) i margini di opposizione alla speculazione dei comitati sono ridottissimi.
Su quel fronte i giochi sono fatti.
Rimane sempre l’opzione ricorsi e le opposizioni giuridiche.
Rimane l’opposizione fisica ai mezzi di consegna, continuano ad arrivare i procedimenti amministrativi per chi ha protestato a Santa Giusta (a cui va la massima solidarietà) fermando simbolicamente il mezzo, anche solo per pochi minuti.
Rimane la protesta che coinvolge la popolazione, portando alla presa di coscienza del fatto che ci troviamo in uno stato coloniale.
Rimane il coinvolgimento degli studenti, la protesta di Siniscola non dovrebbe rimanere un fuoco di paglia.
Rimane la pressione sui sindaci per attivare le comunità energetiche (qui le novità per accedere agli incentivi) e tentare di rendere quanto più possibile democratica questa cosiddetta “transizione energetica” (in realtà arriva il metano e si avvia il nucleare, non transiamo verso nulla).
Lo spazio degli eventi puramente informativi è ormai battaglia di retroguardia, le popolazioni sono informate.
Non è nemmeno più il tempo delle grandi manifestazioni: difficile replicare le 4000/5000 presenze degli scorsi mesi, il flop potrebbe segnare la fine del movimento.
A meno che non emergano grandi novità, è il tempo dei sit-in, in cui i numeri contano relativamente.
La raccolta firme dei comitati per una legge elettorale, che rompa il monopolio partitico italico è cosa giusta. Le proposte di legge elettorale in campo sono tante, lunedì c’è stata una conferenza stampa del gruppo Ricostruiamo la democrazia sarda che include partiti, movimenti, comitati e associazioni che chiedono una riforma inclusiva per presentare le linee guida della proposta. Il 15 marzo a Bauladu ci sarà la prima assemblea itinerante. Per cui è facile fare una previsione: la legge popolare “proposta” da Lucia Chessa al gruppo SarDegna, dopo che avrà raccolto almeno 10.000 firme, verrà nuovamente ignorata dalla politica, a favore di altre soluzioni che non cercano lo scontro politico. Tuttavia, proprio la legge popolare potrebbe essere la pistola puntata sul consiglio per far sì che venga approvata comunque una legge (qualsiasi essa sia) che elimini quello sbarramento osceno.
Come è avvenuto per la legge Pratobello24, senza la quale la legge 20 sarebbe stata, con buona probabilità, molto più blanda.
Con l’attuale legge elettorale, i partiti italiani avevano escluso le minoranze dall’aula, ma si sono trovati sotto assedio per due anni, prima Solinas, poi Todde, fino all’accampamento del movimento Pratobello sotto il palazzo regionale, con gli “onorevoli” che per entrare dovevano letteralmente chiedere permesso e sentire “l’odore de su sruecu” della protesta popolare.
E poi, spazio alla creatività come forma di lotta: il carnevale, in cui almeno per un giorno il potere deve soccombere: a Tempio Re Giorgio brucia, come a Cagliari Re Cancioffali. Tema ricorrente delle sfilate sono state le pale, segno che ormai la battaglia è diventata senso comune.
Storicamente, nel Carnevale selargino, si iniziava il giovedì grasso (giòbia lardajolu), in cui si ammazzava il maiale, ci si abbuffava di carne per giorni e con il grasso si friggevano tzìpulas e para fritus (frati fritti).
L’abbuffata continuava fino alla domenica, quando Cronnovali, personificato da una grossa botte vestita e agghindata, sfilava per le vie del paese su un carro, con al seguito la popolazione. Cronnovali iniziava a sentirsi male per indigestione. La moglie iniziava a lamentarsi, urlava e chiamava il dottore, intimava i figli a fare qualcosa.
Il chirurgo iniziava l’operazione nell’addome, apriva una finestrella della botte da cui uscivano tzìpulas e frittura araba (gli intestini), che venivano distribuiti alla popolazione, ma alla fine non c’era nulla da fare, il dottore dichiarava solennemente la diagnosi: “Cronnovali s’est mortu”.
Iniziavano le urla della moglie, che intimava i figli a piangere babbai ca si nd’est andau, e i lamenti de is atìtidus.
Questo carnevale selargino si riesce a “vederlo” ormai solo da un libro1, racconto di inizio novecento. Questa forma di teatro di strada è sparito da parecchi decenni per lasciare il posto prima alle maschere di Zorro, Pulcinella, Arlecchino, poi all’odierna corsa delle macchine spinte-spente che ha sostituito la sfilata.
Ad Ovodda ci sono state le polemiche su cammelli e pecore morte, ad Oristano quelle per Su Puddu, due atti (tradizione o meno) ormai fuori dalla storia.
“Teulada 2025”, Carnevale e esercitazioni
A Teulada invece va in onda una duplice sfilata: mentre nel paese sfilavano le maschere del carnevale teuladino, poco distante sfilavano 300 militari: le truppe alpine dell’Esercito Italiano.


Sfilavano poco allegoricamente la brigata Taurinense, composta dagli artiglieri di Fossano, il terzo reggimento alpini di Pinerolo (Torino) e il Nizza Cavalleria (primo) di Bellinzago Novarese.
Per la brigata Julia, invece, sono stati coinvolti i reggimenti Piemonte Cavalleria (secondo) di Villa Opicina (Trieste) e il terzo artiglieria di Remanzacco (Udine).
Tra stelle filanti e proiettili vaganti, tutti felici con tzipulas e qualche bicchiere di vino, come se fosse tutto normale e non surrealtà.
Allargare le aree della resistenza del movimento anticoloniale è un modo per catalizzare l’energia che ancora agita i comitati, che hanno aderito al sit-in del comitato NoNucle-NoScorie.

Il rischio che la Sardegna venga scelta come deposito delle scorie è reale, mentre l’avvio di una nuova stagione delle centrali nucleari si sta concretizzando, dato che, nel silenzio generale della società italiana, il governo sta procedendo alla fase operativa: il dl è stato approvato dal governo, realizzeranno nuove centrali, e per Pichetto Fratin, i “nuovi” reattori nucleari in Italia saranno pronti intorno al 2030.
Cumpostu denuncia il fatto che non si tratta di nucleare a fusione, ma a scissione, cioè la vecchia generazione.
Le forme della battaglia dei comitati si stanno dunque spostando dalla sola speculazione energetica per toccare punti che coinvolgono tutta la difesa del territorio e la democrazia decisionale.
Ma sullo sfondo rimane la grande questione di cui si parla ancora troppo poco: rivedere i rapporti tra Sardegna e Italia, in cui l’isola conquisti la gestione totale del suo territorio.
L’origine delle servitù, la madre di tutte le battaglie.
Questa settimana due fatti principali sono in primo piano: la “riforma” della sanità, che il governo Todde ha affrontato in maniera confusa, e il destino dell’industria sarda di Portovesme.
La sanità è stata affrontata in maniera non chirurgica. I problemi riguardano l’organico dei medici, degli infermieri e degli oss, il numero dei posti letto, e dunque le liste d’attesa. Nessuno dei problemi citati viene risolto dalla “riforma”.
Protestano i medici, protestano gli infermieri, protestano gli Oss, che chiedono la stabilizzazione: campeggiano per protesta sotto la regione.
- Medici di base, Sardegna maglia nera: è ultima in Italia, ne mancano 450
- «Medici di famiglia a rischio estinzione»: -39% in quattro anni in Sardegna
- Senza lavoro dopo il Covid: Oss accampati sotto il Consiglio regionale

La “riforma” non tocca questi punti, ma riguarda l’organizzazione politica e le poltrone.
In aula, dopo vari rallentamenti e la mancanza del numero legale per tre volte, anche il PD ammette che la legge ha «un limitato raggio d’azione». Infine viene approvata dall’aula con 31 voti.
L’altra notizia della settimana è la crisi della Portovesme: “nuovi licenziamenti a Portovesme, in crisi le ditte appaltatrici: «Lavora solo il 20% degli occupati». La crisi nel cantiere Glencore riduce le commesse, ricorso massiccio alla cassa integrazione e partono i licenziamenti”.
Gli operai annunciano sciopero e presidio a oltranza.
I sindacati incontrano la Regione: «Non si può più aspettare», dunque la palla viene rimbalzata dal governo alla regione, con il ministro Urso che chiede ammortizzatori sociali: «La giunta Todde deve metterli a disposizione». La replica: «Attivi da gennaio, è da Roma che servono risposte».
Urso convoca delle riunioni su indotto e piano energetico, in cui saranno convocati la Regione Sardegna, il ministero del Lavoro e le organizzazioni sindacali.
L’industria è altamente inquinante, la regione ha gestito la questione sempre con pezze da attaccare al buco, senza inquadrarla in ottica di sviluppo partendo da una riconversione produttiva e occupazionale che parta da una bonifica del territorio.
E anche questa lotta potrebbe entrare nelle questioni dei comitati, tanto più che questa industria è altamente energivora e impattante sull’ambiente.
E a proposito di energia, il sole 24 ore si sveglia: gli impianti di energia eolica in Italia sono soprattutto nel Mezzogiorno (posto che la Sardegna non è Mezzogiorno!).

Come verrà trasportata l’energia in surplus verso il nord?
Per Stangalino (Edison), il Tyrrhenian Link non è sufficiente, è necessario aumentare i cavi.
Finalmente gettano le carte in tavola su una delle tesi che i comitati denunciano da quasi due anni!
La Sicilia produrrà più di quello che consumerà, il T.L. non basterà, ma non solo.
Attualmente in Sardegna le domande di impianti sono molto al di sopra della capacità di consumo isolana, dunque si sommerà al surplus di energia siciliana (e di tutto il sud) nella corsa verso il nord. O si fanno nuovi cavi, o si produce per nulla.
La soluzione è seguire le direttive europee, secondo cui si dovrebbe produrre in prossimità dei consumi. D-onniunu a domu sua.
Sa cida in 1 Minutu
Landini era a Cagliari giovedì per lanciare “Cinque referendum, quattro sul lavoro e uno sui diritti di cittadinanza“, con l’obiettivo di “costituire un comitato di supporto ai referendum e del diritto di cittadinanza in ogni paese, frazione, angolo della Sardegna.”
Fusione aeroporti. Segnaliamo questo interessante articolo di Maninchedda
Speculazione coloniale. La transizione energetica in Sardegna, confronto aperto a Cinisello Balsamo
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1 Uccia Agus, Tradizioni popolari campidanesi, del 1994
Immagine: S’Indipendente, su foto karalitana media, Unione Sarda, Ansa, Cagliari Today, Sassari Oggi, Facebook