
I capi carismatici della Sarda rivoluzione incontrarono mai Napoleone Bonaparte?
I capi carismatici della Sarda rivoluzione incontrarono mai Napoleone Bonaparte ? Una lettera lo proverebbe.
La prova di tale abboccamento potrebbe risiedere in una lettera redatta a Milano dal cavalier Borgese al cavalier di Priocca, datata 4 luglio 1797.
Facciamo, tuttavia, un passo indietro.
Il 26 giugno 1797, da Mombello, lo stesso cavalier Borgese aveva scritto in francese al Generale in Capo Bonaparte, allertandolo sulla presenza a Livorno di un certo numero di rivoluzionari del Regno di Sardegna perseguitati dai tribunali in seguito alla rivoluzione.
Borgese aggiungeva di aver messo al corrente il Ministro degli affari esteri a Torino che questi individui dovevano recarsi a Milano, ove speravano di ottenere la protezione di Napoleone per l’esecuzione dei loro progetti o almeno una dichiarazione d’innocenza e la riabilitazione a rientrare in Sardegna, nel pacifico possesso dei beni che erano stati loro confiscati.
Il cavalier Borgese, puntando sulla benevolenza mostratagli l’ultima volta da Bonaparte, lo pregava di rifiutare le richieste degli ‘’individui sardi’’ – così definiva Angioy e i suoi seguaci – o perlomeno lo pregava di chiedergli informazioni e chiarimenti su di loro che avrebbe avuto l’onore di dargli.
Sfugge ancora alle nostre ricerche la risposta di Bonaparte il cui contenuto s’intuisce, tuttavia, da una missiva che il cavalier Borgese, ministro del Re di Sardegna, indirizza al cavalier Priocca, da Milano, il 27 giugno 1797.
In essa, Borgese rassicura Priocca affermando che Napoleone Bonaparte non avrebbe tentato alcuna ingerenza, né avrebbe prestato loro la mano a nuovi progetti rivoluzionari. Quanto all’aiuto per ottenere il permesso di rientrare in Sardegna, avrebbe dato loro una risposta solo dopo aver sentito gli ‘’eccitamenti’’di Borgese.
Intanto, apprendiamo da una lettera del Console di Sardegna al cav. di Priocca, redatta a Livorno il 30 giugno 1797, che lo scrivente aveva incontrato il Console francese Belleville per discutere della situazione dei rivoluzionari sardi e della protezione concessa loro dalla Francia.
Belleville aveva giustificato i soccorsi prodigati ai rivoluzionari sardi aggiungendo che la Francia aveva avuto qualche mira sulla Sardegna e aveva corrisposto con alcune persone del Regno ma che, fatta la pace col Re di Sardegna, aveva avuto ordine dal Direttorio di non tentare più atti di conquista, malgrado le implorazioni dei suddetti Sardi.
Interrotto il carteggio con i francesi, Angioy e altri compagni si erano recati a Livorno dove erano stati muniti di un salvacondotto dal Generale Vaubois rimanendo cauti e tranquilli per qualche tempo.
Il dottor Gioachino Mundula, rimasto senza sussidi, era stato aiutato economicamente per umanità e per le speranze a lui concesse dalla Francia prima della pace. Stessa cosa era stata fatta con Cosimo Auleri e i suoi compagni a cui la Francia pagò il viaggio sino in Corsica intimando loro di non tornare più perché altrimenti sarebbero stati arrestati.
Al cavaliere Angioy venne consigliato di recarsi in Piemonte per spiegarsi con il suo sovrano, e gli furono concesse due lettere di raccomandazione, una per il ministro Faypoult a Genova e l’altra per il Signor Jacob, incaricato di affari a Torino.
Torniamo alla lettera più importante, ovvero quella che testimonierebbe che Angioy e altri seguaci incontrarono fisicamente Napoleone Bonaparte.
Il 4 luglio 1797, da Milano, il cav. Borgese scrisse al cav. di Priocca che ‘’alcuni de’ noti Sardi’’si erano poi effettivamente presentati al Sig. Generale Bonaparte per ottenere la protezione del Governo francese nell’esecuzione dei piani rivoluzionari che stavano meditando sopra l’isola di Sardegna.
Bonaparte, però, spiegò loro che la Repubblica francese si era oramai alleata con la corte di Torino, e che si sarebbe quindi astenuto dall’ingerire in tali affari. Napoleone li avrebbe piuttosto consigliati di desistere dai loro progetti rispettando il governo stabilito.
Possiamo agevolmente immaginare la delusione di Angioy e dei suoi compagni al termine di tale ambito incontro.
Gio Maria Angioy, la cui salute era già cagionevole, riparerà dunque in Francia e non smetterà – seppur deluso e amareggiato – di sperare in un intervento armato del Direttorio per liberare la sua adorata Sardegna dalle catene della tirannia sabauda. Testimonieranno i suoi illustri amici francesi, che le ultime parole del patriota furono spese per la Sardegna, nella speranza che Napoleone intervenisse a mutarne le sorti.
Immagine: avvenire.it