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I Comitati, i Presidi, gli Intellettuali e il “Metodo Pratobello” – S’Imprenta

S’Imprenta – rassegna stampa dalla colonia
(ogni sabato mattina su S’Indipendente)

L’appuntamento di mercoledì prossimo 2 ottobre è di quelli storici, impossibile non esserci. La consegna delle 133.000 firme (ma il conto non è chiuso) per una legge popolare è un fatto eccezionale.

sardegnaeventi24.it

Questa settimana si è proceduto con le audizioni nell’aula della commissione urbanistica della regione di comitati, sindacati e Anci.
I comitati in regione erano presenti con due voci, l’iniziativa di Bachisio Bandinu di sabato scorso non ha raggiunto i risultati sperati.

Segnaliamo un brutto servizio di Videolina, che ha raccontato solo la presenza di una parte dei comitati all’audizione. Si può essere “partigiani” senza essere disonesti intellettualmente. All’audizione era presente anche il coordinamento dei comitati.

D’altro canto, diverse posizioni contorte e contradditorie nel campo del coordinamento si arrampicano sugli specchi e tentano di sminuire la portata di 133.000 firme, con mille artifizi, usando le parole per portare al livello di percepito la Pratobello come legge della destra.

Si sa che il carro dei vincitori è sempre pieno, i tentativi goffi della destra rimangono tali, nulla di cui scandalizzarsi. Attorno al metano c’è una grande confusione. È previsto dal decreto Draghi, Todde ha voluto il gas e l’ha orgogliosamente inserito nel suo cv, la Pratobello non parla di produzione di energia elettrica da fossile. Ma viene accusata di aprire le porte al metano (vedi articolo 3, punto 3).

Il dibattito, impostato in questo modo, è tutto ideologico, tutto dentro al mondo coloniale italiano e completamente astratto. Ci sono stati diversi apprezzamenti per la legge Todde, ma non si capisce in base a cosa, visto che non si basano sulla mappatura territoriale, per capire concretamente, calata nel territorio, se la legge è un buon strumento o meno. Ebbene, sarebbe stato molto più giusto sospendere il giudizio sulla legge e studiare.

I comitati dovrebbero prendere le mappe delle zone del proprio territorio e vedere cosa sarà possibile fare in quelle stesse aree. Anche il sindaco di Villanovaforru, Maurizio Onnis, da un lato, sostiene che è scritta bene, ma poi ammette che non è stato ancora fatto un lavoro di sovrapposizione delle mappe. Tradotto, ci invaderanno di eolico, ma le virgole sono a posto?

Occorre valutare le leggi in base a due macro argomenti:
grado di riempimento della Sardegna di macroimpianti (che favoriscono i grandi capitali) rispetto ai benefici da piccoli impianti e sfruttamento delle aree già cementate;
– la possibilità che ha la legge di essere cassata dalla giustizia italiana;

Sul secondo punto, su qualsiasi valutazione burocratese da azzeccagarbugli, prevarranno i miliardi del PNRR, e qualsiasi legge verrà piegata a questi interessi.

Tuttavia, davanti alla Pratobello, i giudici della cassazione dovrebbero dire no a 133.000 firme, e gli sviluppi successivi, di fronte ad una bocciatura, sarebbero molto interessanti.
Chi ha fatto i banchetti sa che le file erano composte da persone di destra e sinistra, parlavano tra loro, contro il governo ladro (un classico), e contro lo stato italiano (un po’ meno classico). La Pratobello ha realmente unito il popolo sardo contro lo stato.

L’evento di Bandinu non favoriva un confronto fine a sé stesso per migliorare l’ascolto tra i protagonisti, era un confronto mirato all’unità degli attori in campo, finalizzato ad un scontro con lo stato, e alla creazione di un “embrionale Assemblea Costituente”. 

Come si sarebbe dovuta concretizzare l’unità effimera ottenuta in questo modo?
Si va tutti a Roma “con la Todde in testa“, si bussa, si chiede permesso di entrare e, dopo una lunga anticamera, si resta in attesa di una cortese risposta? 

Todde e la sua Giunta non pensano minimamente di contrapporsi allo stato italiano, semmai sono sulla difensiva dai comitati stessi e hanno vissuto con fastidio la legge Pratobello 24. Lo scontro dialettico cui pensa Todde, non è contro lo stato italiano, ma contro la destra italiana al governo, da una posizione parziale, non unitaria. Cioè, la lotta che poteva partire da basi anticoloniali viene riportata dentro alle logiche interne al sistema coloniale.

È una lotta “dentro la gabbia”, ma non si mette in discussione “la gabbia”, per dirlo con le parole di Bustianu Cumpostu.
È sufficiente vedere che Todde capeggia la lotta contro l’autonomia differenziata della destra (depositata in Cassazione), che “mina l’unità d’Italia”, per capire quali sono i confini su cui si orienta.

L’evento di Bandinu è tutto da buttare?
È apprezzabile lo sforzo di Bandinu e ci ha mostrato quello che un intellettuale dovrebbe fare: intervenire direttamente nella società, cercare non solo di raccontare quello che accade, ma tentare di orientare e facilitare verso una direzione che pure è chiara e che va raggiunta: lo scontro con lo stato italiano.
Pochi intellettuali sardi oggi avrebbero avuto la forza e l’autorevolezza che ha avuto Bandinu.

Per gemmazione, dal tronco della questione transizione, è rinata la questione dei rapporti con lo stato italiano: è necessario che siano i comitati a continuare ad essere avanguardia, rinnovando i loro obiettivi: i rapporti di forza tra Italia e Sardegna sono sbilanciati, oggi vale per la transizione, domani per le scorie nucleari (Deposito scorie nucleari: “La valutazione dei siti idonei va avanti“).

Il “Metodo Pratobello” rappresenta un precedente importante, un metodo da tenere in considerazione per portare avanti con forza nuove istanze e coinvolgere la società civile.

Il cambiamento deve partire dal basso, mai come in questo periodo il terreno è fertile, in cui i comitati hanno risvegliato la Sardegna, e i presidi continuano ad essere operativi. 

I media non si occupano più dei presidi, vengono relegati nel sottosuolo della politica, per cui cerchiamo di farlo da questa rubrica, con qualche notizia inedita.

Al presidio di Selargius continuano gli eventi settimanali, mentre l’area viene circondata da un enorme cantiere.
Politici, sindaci, consiglieri comunali e regionali, e gli intellettuali, vadano al presidio di Selargius, ascoltino la voce della terra e dei presidianti.
Vedranno uno spettacolo che non si sa per quanto tempo sarà ancora visibile, ma che è già Storia.

Questa estate i presidianti hanno piantato (e innaffiato quotidianamente) centinaia di alberi, simboli di vita contro la desertificazione operata da Terna. È arrivata la solidarietà e cisterne d’acqua per combattere la siccità, da tutta la Sardegna. Ora chiedono nuovi ulivi, per chi può portarli, la resistenza deve mettere radici forti.

Per coinvolgere più persone possibili, i presidianti hanno creato degli eventi culturali settimanali (domenica scorsa si parlava di Làdiri, e sono stati realizzati dei mattoni di terra cruda) e il luogo è disseminato di opere d’arte pop, tra cui dei bellissimi uccelli giganti stilizzati, realizzati con le canne, anche loro stanchi, ma resistenti da oltre due mesi. Dopo il caldo estivo insopportabile, è necessario attrezzarsi per passare il freddo incombente.

Presidio: visuale lato est

Il presidio sorge sul pendio di un piccolo colle, proprio di fronte alla stazione Terna già esistente (realizzata negli anni ’80, per opera del vecchio sindaco Tonino Melis), che sta a valle, a circa 200 metri di distanza lato nord-est, dall’altra parte di una strada che collega Selargius con Dolianova, che di fatto traccia il confine est.
Lato ovest c’è un’altra strada parallela e su tutto svetta il colle di Mate Masoni, un’area nuragica sventrata da un vascone mai entrato in funzione, anch’esso voluto dal sindaco Tonino Melis. Qualche giorno fa sul vascone è comparsa la scritta A Forasa su Kolonialista.

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Presidio: lato ovest, Mate Masoni

Terna (le aziende che operano in appalto) nelle scorse settimane ha recintato alcuni terreni, sono arrivati parecchi container, mezzi meccanici e gli operai hanno iniziato a circolare indaffarati, chiudendo il presidio sul lato nord. Nella recinzione, a caratteri cubitali, campeggiano le lettere ritagliate a comporre la scritta “A Foras“.

Presidio, lato nord

Terna prepara la cementificazione dell’area, per realizzare le due nuove stazioni (“un’opportunità”, secondo il sindaco Concu). Sei Palazzi, quattro dei quali alti 22 metri con basamento di 40 x 60. Dei mostri che svetteranno su tutto, per trasformare, distribuire l’energia dell’eolico e del fotovoltaico, per trasportarla con due cavi che prenderanno il mare da Terramala per sbarcare in Sicilia, e poi in Campania.
La sensazione è quella di due eserciti schierati frontalmente e in attesa, come in un dipinto ottocentesco.

Martedì 24 settembre, sul lato sud, sono ripresi i lavori per le batterie Whysol (150 MW). Le presidianti intervengono con l’unica arma a disposizione: la poesia, altro non hanno. I lavori si bloccano, per poco.

Giovedì 26 Whysol tenta di recintare “sa tancache vorrebbe “serrada a ferru“, ma anche stavolta vengono fermati dai presidianti, che piantano alberi nel luogo del tracciato.

È lì il cuore della protesta, su framentu, il lievito madre.
La forma di lotta è la piantumazione di alberi, cioè la stessa misura che l’UE ha dichiarato di voler adottare (3 miliardi di alberi entro il 2050, per il Green Deal) per ridurre la co2. Quel piano è però chiuso in un cassetto.

La politica vada ad ascoltare le assemblee del lunedì, in cerchio, tutti insieme, troveranno uno spettacolo raro, che merita di essere memorizzato.
Quello è il posto dell’Assemblea Costituente Popolare, cerchio paritario, come capanna nuragica d’altri tempi, luogo delle decisioni.

È dal popolo che deve partire l’iniziativa, come dal basso è partita questa ribellione. Non è possibile lasciare in mano l’iniziativa alla politica partitica. Gli intellettuali stiano con la gente, non con le élite! È lì che questa volta si sono mostrate le avanguardie, i partiti sono al traino.

Intellettuali come Michelangelo Pira, Eliseo Spiga, Ciccitu Masala, Antoni Simon Mossa, Placido Cherchi, Giovanni Lilliu erano voci controcorrente, hanno fatto da apripista ad una fase politica inedita: dopo le basi militari, veniva svenduta la Sardegna per la petrolchimica e per il turismo non autoctono, iniziava l’emigrazione di massa contemporaneamente al piano di Rinascita. Ponevano la questione della lingua al centro di tutte queste vertenze, come fondamentale.

Così scriveva criticamente Sergio Atzeni in un articolo del 1977 (“Identità di Popolo o nazione sarda?):

“la lingua è solo strumento di una discussione che verte sul tema antico della autonomia dell’isola, dell’identità del nostro popolo, del suo rapporto con lo Stato italiano, e delle forme storiche con cui autonomia, identità e rapporto con lo stato si ripresentano oggi. E il dibattito, ancora una volta, si apre nel momento di crisi della nazione italiana, quando la credibilità dello stato, in gioco per molti e diversi motivi, favorisce il ripresentarsi di tendenze centrifughe.”

La colonizzazione avviene prima sul piano culturale, il controllo delle menti è più potente della polvere da sparo, per dirla con l’intellettuale africano Cheikh Hamidou Kane.

È necessaria la scuola sarda che inserisca lingua, storia e letteratura obbligatoriamente negli istituti sardi. Il libro “Lettera ad un giovane sardo” di Bachisio Bandinu meriterebbe di essere inserito nei piani di studio dell’ultimo anno della scuola secondaria sarda, perché fornisce delle linee guida agli occhi di un post adolescente, nel momento in cui è alla ricerca del suo posto nel mondo. Esiste un fatto culturale a monte dell’accettazione storica di tutte queste servitù.

D’altro canto se l’unica regione a protestare per questa infornata di servitù è la Sardegna, lo dobbiamo proprio alla lezione appresa e sedimentata di quel gruppo di intellettuali di cui Bandinu ha fatto parte.

Oggi il punto di vista critico che un tempo era solo di alcuni intellettuali non è più appannaggio di pochi. Pur non essendo ancora di massa, è condiviso da un bacino molto più ampio di militanti e attivisti che portano avanti la lezione e la applicano ai tempi attuali. Con livello argomentativo popolare, spesso facilitato dall’intelligenza collettiva che si forma nelle reti social, intuiscono quel qualcosa di irrisolto che ancora chiede di venire a galla.


Una novità nel panorama dell’informazione, la Nuova Sardegna stamperà presso il centro stampa dell’Unione Sarda.
Non è una questione da poco, il monopolio non è mai una buona notizia, anche quando il monopolista si trova occasionalmente nella posizione gradita sulla transizione. Pur essendo critici con la Nuova Sardegna, questo accordo peggiora la libertà di stampa, per cui un competitor finanzia l’altro. Detto questo continueremo ad essere critici con la Nuova Sardegna, come con tutta la stampa coloniale.


Arriva Fàulas, il festival che ribalta i luoghi comuni sulla Sardegna

Arrivato alla sua terza edizione, non perdere sabato e domenica prossima, 5-6 ottobre, ad Oristano il festival che smonta i luoghi comuni sui sardi e sulla Sardegna. Il cuore di Fàulas saranno i Talk, una serie di monologhi di 10-15 minuti durante i quali degli esperti si impegnano a smontare dei luoghi comuni nel proprio ambito di competenza.
Organizzato da Assemblea Natzionale Sarda, prenota il tuo posto nei Talk!


Sa cida in 1 minutu

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Immagine di copertina: Ivan Monni



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