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In Sardegna, la mafia è cosa vostra

LA NARRAZIONE
In occasione della tappa cagliaritana dell’iniziativa “Dal sangue versato al sangue donato” (fonte), è stata esposta in piazza del Carmine la teca con i resti dell’auto di scorta di Giovanni Falcone, la Croma blindata su cui viaggiava il giudice palermitano con la moglie il giorno dell’attentato di Capaci. Un monumento di fronte al quale anche i cuori più duri non possono restare impassibili. L’iniziativa è parte di un progetto itinerante (fonte) che attraversa l’Italia per portare nelle piazze un ponte intellettuale e simbolico: il sangue versato nella lotta alla mafia si trasforma in sangue donato, un messaggio potente e solenne, che invita alla riflessione. Tuttavia, in Sardegna, questa cerimonia porta con sé una contraddizione che non può essere ignorata.

IL DUBBIO
Avere un nemico aiuta a definire la nostra identità e a misurare i nostri valori. Gli Stati, in primis, necessitano di nemici per unire tutti sotto la bandiera della lotta comune. Non si discute che la mafia sia un nemico da combattere; tuttavia, è legittimo chiedersi se lo sia per i sardi come viene descritto. La narrazione dominante sembra quella di un “mostro” che aleggia da sempre e che viene importato da criminali efferati, attratti da motivi sconosciuti.

Sospendiamo per un attimo la cerimoniosità. Tralasciamo quel dogmatismo che ci spinge a espiare colpe che appartengono alla storia del popolo italiano. Mi chiedo: quanto il popolo sardo può sentirsi coinvolto in tragedie come quella di Capaci? È lecito domandarsi: la mafia è davvero un nemico storico dei sardi? Stiamo forse subendo il fascino di una narrazione che non ci appartiene? Certamente, i sardi hanno i loro problemi, ma le storie di mafia le conosciamo attraverso televisione e giornali. Raramente la criminalità organizzata entra nelle case e nelle imprese sarde come altrove. Perché, allora, le istituzioni ci invitano a riflettere su un problema che, numeri alla mano, non ci appartiene? Sembra che le istituzioni, incapaci di comprendere la nostra realtà, ci abbiano inserito nel “calderone italiano”, riducendo le nostre specificità a folklore e incastrandoci nell’unica narrazione valida per lo Stato.

LE RISPOSTE

Nel 2007, Pino Arlacchi scriveva un saggio dal tono assertivo già nel titolo: Perché non c’è la mafia in Sardegna – Le radici di una anarchia ordinata. Partendo da una vasta indagine storica e sociologica, Arlacchi dipinge l’immagine romantica del sardo che respinge qualsiasi tentativo di infiltrazione da parte della criminalità organizzata. In particolare, racconta che i mafiosi giunti in Sardegna negli anni ’80 dovettero abbandonare l’idea di stabilire un sistema di tangenti in un territorio “vergine e promettente”. Cita una delle sue fonti: “Imprenditori e commercianti si sono subito armati, e si sono costituiti in gruppi di autodifesa che hanno reso troppo pericoloso il compito degli esattori. Qui nessuno aveva il timore reverenziale verso i capimafia. Vari esattori di tangenti cui era stato gentilmente chiesto di presentarsi il giorno dopo per riscuotere il tributo, sono stati accolti a fucilate.”

Arlacchi supportava le sue argomentazioni anche con dati, rilevando come, nel 2007, quindici anni dopo la strage di Capaci, i tentativi di infiltrazione mafiosa in Sardegna fossero vani. Tuttavia, questo saggio sembra essere stato superato dai fatti.

Nel 2022, la Direzione Investigativa Antimafia scriveva: (fonte) “In Sardegna, nel tempo, sono state riscontrate proiezioni delle cosiddette mafie tradizionali, dedite a investimenti per il riciclaggio e il reinvestimento dei proventi illeciti accumulati in altre regioni”. Il procuratore generale della Repubblica ha inoltre dichiarato: “La Sardegna appare vulnerabile alla penetrazione di organizzazioni mafiose, in particolare campane e calabresi.” Pur non essendo parte della tradizione sarda, la criminalità locale talvolta collabora con le mafie, stringendo alleanze opportunistiche per obiettivi illeciti comuni.

LE SUPERCARCERI
Nel 2012, in gran segreto e all’insaputa delle istituzioni locali, vennero trasferiti in Sardegna 24 detenuti di alto profilo, successivamente seguiti da altri in virtù di un piano ministeriale (fonte). Mafiosi e camorristi di primo livello. Cosa possono fare i sardi? Ciò che viene loro richiesto sin dai tempi dell’Unità d’Italia: fare la loro parte. Quando la Sardegna potrà smettere di “fare la sua parte” non è ancora dato sapersi. Ben lo avevano compreso i movimenti indipendentisti. IRS, in particolare, già allora denunciava il pericolo di sovraccaricare l’isola con cinque supercarceri e segnalava interferenze mafiose nelle aste giudiziarie. Sebbene non supportato da dati concreti, il movimento si dimostrò profetico nell’analisi dei fenomeni sociali sardi.

Nel 2022, Mauro Pili scrisse un articolo inquietante (fonte). Il messaggio è semplice: poiché in Sardegna la mafia non riesce a radicarsi, nei palazzi romani si è deciso di chiudere l’isola bunker dell’Asinara, trasformando l’intera Sardegna in un grande carcere. Con il trasferimento di detenuti al 41 bis, si moltiplicano i rischi: arrivano i familiari, arrivano le persone vicine ai detenuti, si stabiliscono contatti e amicizie. E, talvolta, nasce l’opportunità di “affari”.

MAFIA ED EOLICO

Sui legami tra mafia e settore delle energie rinnovabili, specialmente l’eolico, si è scritto molto. Emblematico è il discorso di Vittorio Sgarbi, divenuto virale, in cui avvertiva i sardi di non cedere alla speculazione eolica: “La mafia non l’avete avuta. Ora arriva la mafia.” Questo tema non è nuovo; dai primi anni ’90 si parla di collegamenti tra mafia ed eolico, argomento di numerose indagini parlamentari dal 2009 (fonte). I tempi non sono ancora maturi per le condanne definitive. Lo sono già stati in passato per condanne di primo grado.

CONCLUSIONI
Non siamo insensibili. E’ chiaro il significato del monumento alla strage di Capaci. Tuttavia, non possiamo accettare passivamente la narrazione di Stato. In quest’isola la mafia non era un problema. Se è arrivata, o dovesse arrivare, è perché quest’isola vede sempre i suoi abitanti in prima linea per la risoluzione di problemi altrui. La mafia è un nemico storico dei sardi? Assolutamente no. Semmai potrebbe divenire un nemico attuale. Dovremmo restare sgomenti di fronte alla macchina distrutta di Falcone? Sì, sgomenti, sì. Coinvolti, no. In Sardegna, la mafia è cosa vostra.


Immagine fornita da Paolo Dessì, creata con Chatgpt

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