Si scriet cumitau e si ligit Autodeterminatzione
La transizione energetica sbarcata in Sardegna evidentemente così innocua e indolore non è. Paradossalmente ha travolto proprio chi ne ha agevolato il suo ingresso in terra sarda: la democrazia rappresentativa.
La sua delegittimazione da parte dei Sardi ha rivitalizzato l’anemica democrazia partecipativa e diretta facendola diventare oggi protagonista principale del contesto socio-politico.
Ha spazzato via il torpore che per troppo tempo ha narcotizzato il senso civico del Popolo sardo.
Ha provocato in Sardegna uno scossone, dai piacevoli brividi, atteso per lungo tempo e che ora, come un sasso gettato nell’acqua di uno stagno la invade tutta.
Licenziati gli strilloni leaders politici, manovratori e imbonitori di masse popolari, i Sardi hanno finalmente intrapreso con dignità la strada dell’ Autodeterminazione.
Si è alzata l’asticella della consapevolezza che sulla Sardegna deve poter decidere il suo Popolo, senza più filtri e intermediazioni di logiche politiche che alternativamente sinora hanno calpestato e violato i suoi diritti.
Si strizza l’occhio all’Autodeterminazione. Al diritto di scegliere per il proprio territorio il sistema di governo, di determinare lo status politico, di perseguire liberamente lo sviluppo economico, sociale e culturale, di liberarsi dalla dominazione coloniale (politica, culturale, tecnologica ed economica).
Al diritto ad uno sviluppo autenticamente sostenibile, attento ai bisogni della generazione presente, garante e rispettoso dei bisogni delle generazioni future.
L’ Autodeterminazione si palesa in tutte le sue espressioni: comitati spontanei, iniziativa di legge popolare, proposta referendaria, manifestazioni, presìdi.
Su benidori furùncu de su bentu e de su sòli no iat postu in contu s’Autodeterminatzione de su Populu sardu.
E’ un imprevisto. La consueta politica coloniale e predatoria avrebbe voluto ancora la Sardegna succube e sottomessa in cambio di un tozzo di pane avvelenato.
Ha trovato invece un Popolo ribelle, non prono all’ennesima prevaricazione, non più con il cappello in mano. “Meglio essere un popolo di straccioni che una colonia di miserabili” cit. A. Simon Mossa.
Della transizione, non solo energetica, si scriverà nelle pagine della storia della Sardegna.
Si scriverà del rinato patriottismo e dell’evoluzione democratica di un Popolo che ha difeso le poche risorse rimastegli dopo anni di sfruttamento coloniale.
Si scriverà di luoghi, di date, di eventi, di ribellioni, di rivolte, di porti, di ulivi e di basiliche.
Si scriverà pure di nostalgiche repressioni e intimidazioni da film in bianco e nero mai del tutto abbandonate da uno stato piccolo che ipocritamente si trincera dietro quella che vanta di essere la “più bella del mondo”.
Di Comitati è ora invasa la Sardegna.
Di Comitati, che sul sentiero tracciato dalle donne con indosso le vesti nere, sfatano il luogo comune che vede il Popolo sardo sottomesso e incapace di ribellarsi.
Di Comitati che aprono ai cittadini un canale di accesso alle decisioni politiche a garanzia del loro diritto all’informazione, alla partecipazione diretta e democratica ai processi decisionali in materia ambientale nel quadro dell’attuale transizione energetica.
Di Comitati fucine di strategie difensive, sempre speculari ai progetti di devastazione ambientale.
E speculare è il neonato Comitato territoriale del Parteolla- Gerrei al progetto della “Sedda Perdonau Wind S.r.l.”.
Progetto rapace e devastante, che prevede la realizzazione in quell’angolo di paradiso di un impianto eolico di 13 aerogeneratori di ultima generazione per la produzione di energia elettrica di potenza complessiva pari a 78 MWp.
Di questo e altro racconterà la storia. Ma non tutto è narrabile.
Non lo è ciò che si percepisce se solo una volta ci si immerge in questa strenua difesa della terra sarda evocativa dell’angioyana rivoluzione sarda.
Non è narrabile l’aria afosa degli affollati consigli comunali, né la palpabile apprensione e la rabbia della gente che protesta.
Non sono narrabili gli sguardi lucidi delle persone che si ribellano.
Ma soprattutto non è narrabile lo spettro dell’impotenza che aleggia davanti ad un minaccioso manganello.
“Declarada est già sa gherra contra de sa prepotenzia, e cominzat sa passienzia in su pobulu a mancare”; verso di un inno immortale che non merita di essere consegnato all’oblìo del tempo che ora risuona in tutta la Sardegna.
Immagine: Unione Sarda