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Sugli incendi a Los Angeles e la rete elettrica in Sardegna

Almeno da ieri, 18 gennaio 2025, si segnalano guasti alla rete elettrica in tutta l’isola, nonché alle linee telefoniche e alle reti idriche.
Eppure ci viene chiesto di elettrificare i consumi, acquistare auto elettriche e sostituire le vecchie cucine a gas con quelle a induzione.
C’è da chiedersi su quale rete si prevede di allacciare gli oltre 50 GW di richieste per nuovi impianti di produzione elettrica “rinnovabile”?
O anche solo i 6 GW dell’accordo stipulato tra regione e ministero?

Segnaliamo questo post del Centro Meteo Sardegna di sabato 18 gennaio.

Gli incendi che stanno devastando Los Angeles pongono importanti questioni sull’uso dei combustibili fossili, il conseguente riscaldamento climatico e sullo sviluppo delle rinnovabili a suo contrasto.

Si possono anche azzardare alcuni parallelismi con la Sardegna riguardo a come le politiche ambientali ed energetiche siano determinanti per evitare o per contribuire al verificarsi di fenomeni catastrofici come quello di Los Angeles e di cui a suo tempo l’incendio del Montiferru ha già fornito prova, mostrando chiaramente quali siano i pericoli e i rischi a cui è sottoposto il nostro territorio.

Il cambiamento climatico in corso è oramai un dato evidente.

Il 2014 è stato l’anno più caldo di sempre, stabilendo un record destinato ad essere molto presto superato e perciò, con questo andamento, potrà tra qualche anno rappresentare paradossalmente uno degli anni più freschi dell’era recente.

Riscaldamento climatico, come oramai sappiamo, non significa semplicemente aumento della temperatura media ma verificarsi di eventi estremi con maggiore frequenza e intensità.

Le risposte al cambiamento climatico consistono in azioni di riduzione e/o eliminazione delle cause che lo producono e, in particolare, di adattamento, poiché, in quest’ultimo caso, se anche si riuscisse nel breve termine a eliminare tutte le cause antropiche del riscaldamento, l’effetto volano durerebbe almeno diversi decenni.

Ora, come sappiamo, poiché una delle maggiori cause del riscaldamento è addebitato ai combustibili fossili, una delle strade da percorrere è certamente la loro sostituzione con le rinnovabili. Ma, tralasciando per una volta tutta la questione speculativa, il largo impiego delle rinnovabili implica una massiccia elettrificazione dei consumi. E questo, a sua volta, impone, tra le altre cose, un intervento di riprogettazione e potenziamento della rete elettrica per adattarle alle nuove e future esigenze.

Ed è qua che casca l’asino.

Perché, relativamente a Los Angeles, secondo una società di monitoraggio delle forniture elettriche, all’origine degli incendi di Los Angeles potrebbero esserci dei guasti alla rete elettrica e la loro propagazione sarebbe stata favorita dai venti caldi e secchi tipici dell’inverno.

All’effetto devastante dell’incendio hai poi contribuito la carenza di acqua, indispensabile per gli interventi di spegnimento associata ad un sistema di protezione palesemente inadeguato ad affrontare eventi di questa portata.

E qua arriva il paragone con la Sardegna.

Nella nostra isola l’enorme spinta verso l’installazione di nuove rinnovabili, oltre a tutti i problemi di cui quotidianamente parliamo, non vuole fare i conti con una rete elettrica obsoleta, chiaramente inadeguata e pericolosa. Come anche alcuni giorni fa l’organizzazione UGL Chimici-Energia ha tenuto a precisare, denunciando il ruolo del gruppo Enel che si rifiuta di intervenire sulle reti e assumere nuove maestranze.

Infatti, secondo quanto è oramai risaputo da tempo, e come riportato nel comunicato dell’organizzazione sindacale, gli impianti sono a fine vita, non si fanno manutenzioni programmate da anni, mancano i mezzi e i materiali e la situazione è divenuta insostenibile, ponendo a repentaglio la sicurezza degli impianti e dei lavoratori.

D’altronde non è che fosse indispensabile questa denuncia per metterci al corrente dello stato di una rete i cui guasti sono la norma e che senza troppe difficoltà collassa in estate quando si accende un condizionatore in più o in inverno a seguito di qualche normale pioggia o nevicata.

Lo stato penoso in cui versano le infrastrutture – nostre e statunitensi – è da individuarsi nella privatizzazione del sistema elettrico, laddove le compagnie private, tutte orientate al profitto, sono reticenti ad affrontare gli investimenti necessari per ammodernarle.

Aggiungiamo la situazione dei nostri bacini e della rete idrica – di cui penso non ci sia bisogno di lunghe esposizioni, vista la frequenza con cui da mesi ne tratta la cronaca, e di cui il razionamento dell’acqua, protratto anche nei mesi inverno dà chiara evidenza – e il parallelo può dirsi concluso.

La sostanza di tutto il discorso di cui sopra, vuole essere che la transizione ecologica ed energetica o è o non è.

Nel senso che non si può fare a metà e neppure a tre quarti.

Non si può pensare di inondare un intero territorio di impianti di produzione fregandosene dell’infrastruttura a suo supporto.

Per questioni di sicurezza, come detto sopra, ma anche affinché questi impianti possano effettivamente funzionare.

E se questi impianti non funzionano o non funzionano come dovrebbero, come d’altronde già succede, significa perpetrare l’impiego del fossile con il risultato di aggiungere ulteriore beffa al danno.

Soprattutto, ci dobbiamo attrezzare per far fronte ad un cambiamento climatico che non ci darà tregua, adottando sistemi di prevenzione e protezione all’altezza.
E questo, comporta tempestività e ingenti investimenti che nessuna società privata vuole accollarsi, ma neppure la maggior parte dei maggiori Paesi industrializzati.

L’ultima considerazione è che non saranno le rinnovabili da sole a salvarci. Certamente non queste e non in questo modo.
Dire che stiamo giocando col fuoco non è perciò una semplice espressione metaforica.


Immagine: msn.com

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Un commento

  1. Ma con tutte le guerre, e di conseguenza le bombe sganciate, parlate di cambiamento climatico di cui saremmo responsabili noi cittadini? Carlo Rubbia in una audizione alla Camera dei Deputati proprio nel 2014 disse che non si andava verso il riscaldamento ma verso una piccola glaciazione. Qui in Sardegna quest’anno non ha fatto certamente caldo. Ed allora dov’è il riscaldamento globale? Si misura “oggi ha fatto più caldo dello stesso giorno e mese dell’anno passato”? Fine anni ’70 non misi neppure una volta il maglione per andare a scuola. La siccità in quegli anni era molto maggiore di quella di adesso. Basta confrontare i dati statistici. E basta parlare dei razionamenti idrici dovuti alla siccità quando sappiamo benissimo che, di media, oltre il 40% viene perso per via delle condotte colabrodo.

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