Intervista a Carlo Desogus, storico indipendente selargino.

de Ivan Monni

Intervistiamo Carlo Desogus, storico indipendente selargino, ispettore onorario per aver scoperto negli anni ‘80 un villaggio neolitico di oltre 5.000 anni fa, e studioso degli archivi storici, da cui ha ricostruito, traducendo oltre 15.000 pagine, tantissime microstorie su Selargius a partire dal ‘300 sino a metà ‘800. Tutto riportato nei suoi numerosi libri. 


Carlo Desogus, storico indipendente selargino, hai pubblicato diversi libri sulla storia di Selargius. Come scopristi il villaggio neolitico? 

Dici bene, mi definisco non solo storico indipendente ma anche archeologo per passione. 
Sicuramente parli del villaggio, anzi, vista la presenza di oltre 400 capanne, della cittadina del neolitico recente di “Su Coddu”. 
Scoprii il sito nell’anno 1981, ricordo che fu un’estate molto calda. 

Pozzo neolitico – Su Coddu

Mi recavo al laboratorio dell’amico ceramista Claudio Pulli passando per la via “Bie Mesu” e notai che sulla sinistra della strada erano in corso dei lavori di urbanizzazione e costruzione di nuove case. Su un taglio del terreno vidi delle macchie di colore scuro, per l’esattezza color cenere; incuriosito mi avvicinai e con grande sorpresa scoprii che non solo si trattava di cenere ma vi era la presenza anche di carbone, frammenti ceramici e in ossidiana in enorme quantità. 

Raccolsi alcuni pezzi e li portai immediatamente alla Sovrintendenza di Cagliari. 
Li consegnai a Prof. Giovanni Ugas, il quale comprese subito l’importanza della scoperta e concordammo in breve tempo un’uscita per la visita di quello che sembrava essere un sito archeologico. 
Infatti, il Professore decretò l’importanza storica della scoperta bloccando immediatamente i lavori di urbanizzazione dell’area interessata.  

Organizzò una campagna di scavi coinvolgendomi in prima persona, fu un’esperienza entusiasmante. Gli scavi durarono parecchi anni e tra diversi pozzi e centinaia di capanne (tra le più antiche del Mediterraneo) rinvenimmo diversi utensili in ossidiana, vasellame in ceramica, attrezzature per la pesca, macine, macinelli e diverse statuine raffiguranti la Dea Madre, una delle quali (insieme ad altri reperti) è presente al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. 

Archeologia a Selargius: come si è passati dall’essere al centro del dibattito del 1985 con il convegno “Un millennio di relazioni fra la Sardegna e i Paesi del Mediterraneo”, alla copertura del villaggio sotto il cemento?  

 Il 1985 fu solo l’inizio di una serie di convegni, per l’esattezza tre, che si protrassero anche negli anni 1986 e 1987 con la pubblicazione dei relativi atti. Fu un evento che ebbe una risonanza a livello mondiale per la presenza di numerosi archeologi, relatori e addetti ai lavori, anche stranieri, che intervennero nel corso dell’evento dando lustro alla nostra cittadina. 

Ma purtroppo questo non è bastato per impedire il danno culturale al nostro patrimonio che sarebbe arrivato da li a poco. 
Malauguratamente di quelle capanne scavate sul sito de “Su Coddu” non ne è rimasta traccia.  

Ahimè né l’amministrazione comunale dell’epoca, né la Sovrintendenza sono state in grado di preservare e custodire negli anni a venire quella che fu, a tutti gli effetti, la prima traccia della nostra identità culturale. 
Proposi anche diverse soluzioni che avrebbero permesso ai proprietari dei lotti di costruire, all’amministrazione comunale e alla Sovrintendenza di preservare i diversi siti archeologi e così tutti ne avrebbero potuto tranne soddisfazione e vantaggio. 

Purtroppo, non fui preso in considerazione e intorno al 2012 ripresero i lavori di urbanizzazione e costruzione, tutto fu ricoperto e non fu salvata neanche una capanna; anzi l’amministrazione concesse, alle imprese impegnate nei lavori pubblici, il permesso di scaricare materiale inerte che andò a coprire una parte del sito per la realizzazione di un parcheggio che oggi nessuno utilizza. 

Perché credi che la sovrintendenza, in generale, tenda a minimizzare le nuove scoperte e tenda a rivedere con eccessiva prudenza le proprie idee? È una questione politica o scientifica?  

Ma sinceramente io credo che sia più una questione politica. 
Tieni presente che oggigiorno dal punto di vista scientifico abbiamo dalla nostra la tecnologia, come ad esempio il 14C (carbonio 14), che ci permette di datare materiali di origine organica, quali ossa, legni, tessuti, etc.,   con assoluta certezza storica; quindi, è palese che non tiene più banco neanche la teoria prudenziale dell’esporsi. 

Tempo fa i grandi della Sovrintendenza, che io bonariamente chiamo “I Baroni”, quando datavano un reperto o un sito o un nuraghe, non potevano essere contraddetti dalle nuove leve, pena quella di essere estromessi dal sistema. 
Fortunatamente oggi questo accade molto meno e gli studiosi non mostrano più timore di essere derisi ed esclusi. 

Ti faccio l’esempio della scrittura Nuragica; chi asseriva della sua esistenza, sino ad una quarantina di anni fa, veniva deriso e additato come fantarcheologo, mentre oggi non si ha timore di portare avanti le proprie idee e convinzioni, anche attraverso il supporto scientifico, mettendo in forte imbarazzo quelli che sono i “nostalgici” delle vecchie teorie. 

Ti faccio l’esempio di Prof. Giovanni Ugas che, nel suo libro Shardana, afferma, con assoluta convinzione, che i popoli nuragici erano a conoscenza della tecnica della scrittura già a quell’epoca. 

Dagli archivi storici hai tradotto circa quindicimila documenti di atti notarili e giudiziari, in lingua spagnola / sarda / italiana, che riguardavano Selargius, portando a galla decine di microstorie non presenti sui manuali ufficiali. Che idea ti sei fatto della Selargius dell’’800, e cosa è rimasto oggi di quel vecchio paese?  

La Selargius dell’800 che ho trovato tra i documenti era una cittadina rigogliosa e ben inserita tra quelle campidanesi. Eccelleva per la produzione del vino e le coltivazioni del grano. 
Ma di quel paese purtroppo non è rimasto molto; a parte questi documenti e qualche fotografia. 

Cisterna medioevale Bie Palma

Negli ultimi 30/40 anni abbiamo perso quel poco di “selarginità” che ancora resisteva e che ci veniva tramandata dai nostri avi. 
Il centro storico è stato quasi completamente distrutto, le case padronali sono state demolite a causa dell’assenza di un piano regolatore e di un’amministrazione poco sensibile che ne avrebbe dovuto preservare e tutelare la struttura. Qualcuna sono riuscito a salvarla durante lo svolgimento del mio mandato in Comune (ndr, da assessore alla cultura di Selargius), ma si contano, ahimè, sulle dita di una mano. 

Come vedi la cultura oggi, a Selargius e in generale in Sardegna? 

Sai, sto notando che oggi a Selargius viene fatta molta confusione tra cultura e folclore.  
In molti pensano che si tratti della stessa cosa. Simpaticamente la chiamo “cultura trallallera”. 
Io invece sono molto attento alla distinzione delle due cose. A Selargius la cultura vera e propria, quell’insieme complesso di conoscenze di morale, di diritto e di costume acquisito da un uomo in quanto membro di una società, latita ormai da parecchio. 

Purtroppo, intorno a me vedo solo tanto folclore vivace e colorato nel manifestare quelle che sono le nostre tradizioni popolari.   
Ne è un’allegorica rappresentazione quella del “Matrimonio Selargino”, o “Coja Antiga”, o “Sposalizio Selargino” (ancora non si è ben capito quale sia il nome corretto) a mio avviso manifestazione non corrispondente al vero, a tratti quasi imbarazzante per la nostra Selargius. 

In Sardegna tutti i matrimoni folcloristici sono uguali (come appurato durante gli studi e le mie ricerche d’archivio) e sino ad una ventina di anni fa, anche nella nostra cittadina la presenza turistica era piuttosto importante. Oggi non si vede né interesse né partecipazione se non quella dei diretti interessati ai lavori. 

E pensare che qualche anno fa un nostro Assessore alla Cultura propose Selargius come “Capitale della cultura”. Ma con quale presunzione si è potuto anche solo pensare di competere con le altre città? 

Se poi ci confrontiamo con il resto della Sardegna, dove ogni volta che in un paese viene organizzata una manifestazione che va dai percorsi enogastronomici, al Carnevale storico di Mamoiada, alle Cortes Apertas o Autunno in Barbagia e si evince che la partecipazione a questo “folclore culturale” è non solo dei compaesani ma bensì di tutto il territorio isolano… evidentemente qualcosa a Selargius si è perso…forse molto…forse troppo. 

Grazie Carlo


Immagini: Carlo Desogus

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