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Portovesme s.r.l.? Parliamone

de Antonio Muscas

La Portovesme s.r.l. produce piombo, zinco, argento, rame, oro e acido solforico, ed è definita di importanza strategica nazionale. È un’industria ad alto impatto ambientale, una cosiddetta “energivora” in quanto per i suoi processi richiede enormi quantitativi di energia. 

La zona di Portoscuso è così inquinata da aver indotto nel 2012 la USL 7 di Carbonia a intervenire con un comunicato stampa del 23 gennaio – seguito alle comunicazioni ricevute dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero dell’Ambiente – con il seguente avviso: «[…] si ritiene necessario informare la popolazione di Portoscuso di fare in modo di differenziare la provenienza dei prodotti ortofrutticoli da consumare per la fascia di età dei bambini da 0 a 3 anni. Occorre perciò fare in modo che in questa fascia di età non siano consumati esclusivamente prodotti ortofrutticoli provenienti dai terreni ubicati nel Comune di Portoscuso».

E sono del 2014 le richieste della stessa USL 7 rivolte “al Sindaco del Comune di Portoscuso di adozione di provvedimenti contingibili e urgenti” che al momento consistono in: 

* divieto di commercializzazione / conferimento del latte ovicaprino prodotto da sette allevamenti operanti sul territorio comunale con avvio a distruzione presso impianto autorizzato; 

divieto di movimentazione in vita e di avvio a macellazione dei capi allevati presso le attività produttive del territorio, nelle more della effettuazione di verifiche mirate sulla eventuale presenza di diossina nelle carni; 

* permane il divieto di raccolta dei mitili e dei granchi nel bacino di Boi Cerbus

*  permane divieto di commercializzazione e raccomandazione di limitazione del consumo di prodotti ortofrutticoli e vitivinicoli prodotti nel territorio” (leggi: A Portoscuso la catena alimentare è ormai irrimediabilmente compromessa?). 

L’intero territorio comunale di Portoscuso, provincia del Sud Sardegna, rientra nel Sito di interesse nazionale (Sin) per le bonifiche ambientali del Sulcis-Iglesiente-Guspinese (decreto ministeriale n.468/2001). I siti di interesse nazionale rappresentano delle aree contaminate molto estese, classificate tra le più pericolose dallo Stato. Necessitano di interventi di bonifica ambientale del suolo, del sottosuolo e/o delle acque superficiali e sotterranee per evitate danni ambientali e sanitari.

Caratteristica fondamentale relativa alle aree ricadenti nei Sin è la necessità che i carichi inquinanti diminuiscano anziché aumentare (leggi: Il nuovo pesante inquinamento ambientale di Portoscuso). 

La conseguenza dell’inquinamento si misura anche negli alti tassi di metalli pesanti nel sangue degli abitanti e in particolare dei bambini, con gravi conseguenze sui quozienti intellettivi di questi ultimi (leggi: Taranto e Portoscuso, i metalli pesanti inquinano i bambini). 

I vertici della Portovesme s.r.l. sono finiti sotto inchiesta numerose volte per reati di corruzione, traffico di rifiuti illecito e inquinamento ambientale. Sono arrivate anche delle condanne definitive per traffico di rifiuti altamente pericolosi prodotti dagli impianti della Portovesme s.r.l. smaltiti illecitamente in cave del Cagliaritano e, addirittura, nella realizzazione di riempimenti stradali e piazzali degli ospedali (leggi: Portovesme condanna in appello per il traffico di rifiuti industriali). 

Nel 2010, con un accordo tra la società e il governo sardo c’è stato il via libera per la realizzazione di un parco eolico composto da 30 aerogeneratori, allo scopo di salvaguardare i posti di lavoro (!) e di produrre energia “esclusivamente al mantenimento e potenziamento delle produzioni metallurgiche” (leggi: Unione Sarda Parco eolico, via libera per la “Portovesme srl”) e – come anche dichiarato all’epoca dalla Portovesme Srl – “per escludere le conseguenze connesse ad eventuali trasferimenti societari.
Per il progetto di quel parco eolico, delle cui sorti non ho notizie, c’è stata un’inchiesta e un processo giudiziario per corruzione conclusosi nel 2014 con l’assoluzione per l’Amministratore delegato “perché il fatto non sussiste”. 

Intanto, nell’ambito di “una strategia complessiva che assicuri una soluzione transitoria della complessa questione energetica che investe le industrie sarde di base”, viene portato avanti e poi realizzato un altro parco eolico composto da 39 pale la cui energia prodotta è stimata in circa 185.000 MWh all’anno – Parco eolico Portoscuso Enel Green Power -, MWh che se venduti a un ipotetico prezzo di 100 euro a MWh garantirebbero all’Enel non meno 18,5 milioni di euro all’anno. 

Gli aerogeneratori sono quelli visibili a diversi chilometri di distanza che si trovano dietro l’area industriale e a ridosso del centro abitato di Paringianu, con una distanza minima dal primo edificio di appena un chilometro. Appare evidente come, nonostante i sostanziosi incentivi per la produzione e vendita dell’energia rinnovabile, oggi la vertenza per il caro energia dimostri la reale utilità per la collettività e i lavoratori dello stabilimento del parco eolico. 

Nota non a margine: la Portovesme s.r.l è nella lista delle società che ricevono incentivi anche per la cosiddetta interrompibilità elettrica, ovvero la disponibilità a staccarsi dalla rete elettrica quando questa in Sardegna va in crisi a causa della sua instabilità (leggi: Assegnazione interrompibilità istantanea triennale 2021-2023 SARDEGNA). La Portovesme partecipa con 86 MW di potenza superinterrompibile (Interrompibilità – Wikipedia), ovvero pagata il doppio di quella interrompibile, e, per questo favore che l’azienda ci concede, le vengono versati attraverso le nostre bollette qualcosa tipo 21,7 milioni di euro all’anno.

Tenuto conto che la Portovesme ha circa 1250 dipendenti, posto un valore lordo medio della busta paga di 35.000 euro all’anno, con un totale di 18,5+21,7 = 40,2 milioni di euro di incentivi, risulta che con i soldi dell’eolico e della superinterrompibilità (e senza tenere in conto altre forme di incentivazione e agevolazione) si pagherebbero le buste paga di circa 1.150 lavoratori, praticamente tutti i lavoratori della Portovesme s.r.l..

Come a dire che, tenendo lo stabilimento e il parco eolico fermi, con i soldi risparmiati si potrebbero pagare praticamente le stesse maestranze per realizzare le bonifiche, risanare il territorio e rilanciare l’economia locale martoriata da decenni di presenza industriale. 

Ora, invece, al netto di tutto quanto produce questa fabbrica nel territorio, oggi la vertenza è proprio sul caro energia e tra le richieste dei sindacati confederali c’è, guarda caso, proprio il rinnovo della superinterrompibilità che scade al 2023 e i costi dell’energia elettrica in generale. E nessuno che metta minimamente in discussione il disastro prodotto da quest’industria e le altre industrie simili sull’ambiente e sui suoi abitanti. 

Fatta salva la solidarietà per i lavoratori vittime di ricatto occupazionale, in un territorio in cui non si può produrre latte, carne e cibo in generale, raccogliere mitili e granchi, in cui bisogna evitare di somministrare prodotti ortofrutticoli ai bambini nella fascia di età da 0 a 3 anni, in un territorio in cui gli stessi abitanti e i bambini in particolare hanno la salute e il futuro compromessi, in cui l’unica economia rimasta è quella garantita dalle industrie altamente inquinanti perché la restante è stata affossata proprio dalla loro presenza, invece di chiedere interventi di risanamento e ripristino ambientale utili a restituire salute, dignità e un futuro a queste comunità, l’unica richiesta che viene in mente alle organizzazioni sindacali è di elargire altri soldi pubblici per mantenere e possibilmente potenziare la presenza di queste industrie di morte e miseria. 

Di fronte a questa situazione nasce spontanea una domanda: politica e sindacati che ruolo stanno svolgendo? Perché, se non ci pensano loro, almeno a provare a cambiare le cose, chi se ne dovrebbe occupare? 


Immagine: vitobiolchini.it

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