
S’ora de sa rebellia
Ceraxus, 4/5 novembre 2024
Vi è un rumore costante, un ronzio elettrico che ti entra nel cervello e lo senti anche nella lingua. La tziminera è accesa, Orione di lassù e la luna appesa a Venere sono un ricordo del tramonto. A valle del nuraghe si vede il mare. A valle del nuraghe la centrale elettrica di Terna non smette il suo lamento.
Lascio il fuoco, torno in casetta, il cane Balente sta male, geme di sofferenza quando lo carezzo, gli occhi velati, fissi, il muso serrato. La veterinaria ha detto che potrebbe lasciarsi morire di freddo e di fame. Balente deve stare al caldo, avvolto in una coperta, non deve uscire all’esterno. Lo copro per bene, gli stampo un bacio sulla testolina grande come una pallina da tennis, torno davanti al fuoco. Pensavo poco fa a come innalzare il livello di scontro della lotta in corso: aprire, colpire, sparire! Un ufficio, un cantiere. Uno striscione, un innesco. Dobbiamo liberarci dell’Italia in Sardinnia. Depeus faeddare sa limba sarda.
Quattro mesi sono passati dall’inizio della Rivolta degli ulivi: la risposta perfetta alla distruzione arborea in agro di Ceraxus è stata occupare il cantiere Terna e mettere a dimora migliaia di alberi: un uliveto del popolo, un frutteto, un orto, un campo di grano. Abbiamo bloccato il cantiere con il corpo, con gli alberi, con l’arte; siamo saliti sopra i mezzi, consigliato agli operai di astenersi da questo sporco lavoro di connivenza, le guardie italiche sono state ignorate, la polizia politica è stata timbrata sulle braccia con la scritta “pianta un albero, abbatti una pala”.
Rivolgo lo sguardo in direzione della nuova casetta che accoglie il vessillo del Giudicato di Arborea e un murale con una pala eolica che si spezza sotto i colpi ventosi del nostro furente maestrale. Dietro di essa una figura femminile enorme con una brocca d’acqua sulle spalle. Il nostro sogno di rivolta si ciba di amore, di arte. Soffio sulle braci, il fumo mi acceca, lacrimano gli occhi, tossisco, riprendo fiato, soffio ancora, la fiamma s’alza nuovamente, aggiungo un tronco di legno, torno seduto, accendo una sigaretta, bevo un sorso di grappa, respiro, chiudo gli occhi, penso: non possiamo stare a guardare questi escavatori incoscienti spianare la campagna per edificare e deificare un’altra industria, questa volta energetica!
Sa rebellia est cumintzada!

Foto di copertina: Ivan Monni