
A Nuoro vince il Campolargo podatario e festeggia tra le macerie
Le elezioni amministrative hanno ridato un sindaco a Nuoro, dopo i molti mesi di commissariamento. Emiliano Fenu prevale di slancio nella competizione ottenendo fin dal primo turno il 62,95% dei voti. Al secondo posto, il candidato della destra (già renziano e poi calendiano) Giuseppe Luigi Cucca, con il 25,91%. Terza Lisetta Bidoni, capofila di una lista civica di sinistra, col 8,94%. Il sovranista (all’italiana) Domenico Mele si ferma al 2,2%.
È una sorta di ritorno alla routine consolidata in epoca post-guerra fredda, con i rimasugli delle vecchie anime democristiana, socialista e comunista a sorreggere una compagine di centrosinistra destinata, per inerzia, a conquistare la maggioranza in consiglio comunale e a eleggere il primo cittadino. La parentesi, prima promettente poi fallimentare, di Andrea Soddu è dunque definitivamente chiusa. Con essa, la speranza di sbloccare la città da una condizione di lungo coma, che con il risultato di questa tornata elettorale comincia a somigliare di più a una non-morte in stile zombie.
L’esultanza del neo-eletto sindaco Fenu e della sua mandante Alessandra Todde, che è riuscita a imporlo al PD (previ accordi non dichiarati, è chiaro, non fatevi strane idee), stride con una realtà locale drammatica, a cui loro non danno proprio l’idea di sapere come rispondere.
Intanto va segnalato che, come al solito, l’orizzonte politico di riferimento di costoro è sempre e solo l’Italia.
Fenu dichiara, a urne ancora calde:
«Nuoro può essere, e noi dobbiamo impegnarci per fare sì che sia così, un modello non soltanto per il campo del centrosinistra, per il campolargo, per quello che sarà anche nelle prossime elezioni di carattere nazionale, ma possa essere anche un modello per il resto del paese, un modello di rinascita dalle comunità locali».
A parte il velleitarismo di un’affermazione del genere – davvero surreale – è da sottolineare come questa classe politica non riesca a emanciparsi, nemmeno per finta, dalla propria subalternità. Vanagloria quasi comica e totale scollegamento dalla realtà vanno a braccetto. Con implicazioni tragiche. Per dire, nel frattempo, un vasto incendio imperversava nella zona di Dualchi, col fumo trasportato dal vento fino alla stessa Nuoro. Il Canadair intervenuto provvidenzialmente è dovuto partire da… Ciampino. Nemmeno la copertura aerea con gli elicotteri è al momento assicurata per tutto il territorio sardo. A giugno inoltrato. Ma cosa importa? Festeggiamo!
Al sindaco fa infatti eco la presidente Todde, entusiasta di quella che lei stessa definisce una “vittoria politica”, conseguita però prima di tutto contro i suoi alleati. E contro chi confida in una sua prossima decadenza imposta dalla giustizia.
Che a Nuoro potesse vincere la coalizione di destra, del resto, nessuno ci credeva. Chiunque conosca la città, la sua storia, le sue relazioni di potere economico e clientelare, sa che ci sono rapporti di forza difficilmente scardinabili e che i gruppi di potere – vecchi e sempre più sclerotici – che governano davvero il luogo hanno altri modi per suddividersi la torta e non lasciare nessuno a bocca del tutto asciutta. L’elezione del consiglio comunale e del sindaco, a Nuoro, sono una sorta di contest mediatico, un concorso truccato che serve a mantenere in piedi una fiction il più possibile credibile, intanto che gli affari vanno avanti come al solito. Con la pioggia di denaro pubblico arrivata in città da Cagliari, negli ultimi mesi, era davvero impossibile che la vittoria sfuggisse a Fenu. Vantarsene oggi come se si trattasse dell’affermazione di un progetto, o – non sia mai – di una visione strategica, è una mistificazione bella e buona.
Nuoro è in condizioni pietose. Non su scala “nazionale”, come dicono loro, ossia italiana, ma anche su scala locale. Locale nel senso di stretto vicinato.
Il territorio nuorese offre esempi ben diversi di vitalità economica e politica, pur nelle difficoltà oggettive e strutturali di questi tempi e pur con tutte le contraddizioni del caso. Basta guardare a Oliena – paese da sempre considerato antropologicamente inferiore dai nuoresi – o a Dorgali, o a Mamoiada, o a Orgosolo. Centri che fino a non molto tempo fa erano noti pressoché esclusivamente per questioni criminali e stereotipi degradanti. O basta spostarsi in Baronia. Ma in generale Nuoro dà l’impressione di essere rimasta ferma mentre il mondo, anche quello più prossimo, andava avanti.
Non che altrove – e nei centri menzionati men che meno – manchino i problemi. Ripeto, la nostra condizione storica attuale – dico, in Sardegna – è così tragica che nessun centro può dirsene estraneo. Problemi di infrastrutture, di spopolamento, di invecchiamento della popolazione, di debolezza politica davanti alla pressione delle dinamiche socio-economiche attuali sono diffusi ovunque. Ma ci sono comunità che non si danno per vinte, che cercano di fare di necessità virtù, che hanno una certa proiezione nel futuro. Magari non quella che piacerebbe a me, ma ce l’hanno. Ci sono luoghi dove, se hai una buona idea, o anche solo un’idea che sembri buona, è facile che trovi sponda nell’amministrazione o nel ceto dirigente locale. Prevale l’idea che il successo di qualcuno, nel mio paese, comporti un vantaggio anche per me. So che stona con lo stereotipo dei sardi invidiosi, più propensi al male altrui che al proprio bene, ma è così. A Nuoro invece no, o molto meno. A Nuoro, chi ha in mano le fila della gestione clientelare, se vede emergere qualche forza nuova, sganciata dal proprio potere di ricatto, fa di tutto per stroncarla. O per cooptarla. Comunque, per neutralizzarla. A Nuoro non deve funzionare nulla, perché non puoi fare qualcosa di buono senza che ciò dipenda dalla volontà di chi ha il potere di impedirtelo. A ciò si aggiunge ormai la decadenza culturale e la mediocrità dilagante nel ceto politico cittadino, sempre più propenso al carrierismo e all’opportunismo. In questo senso, in termini di pedagogia democratica, l’esempio del neo-sindaco Fenu è deleterio. Come anche quello della stessa Alessandra Todde. Personale politico improvvisato, calato dall’alto e dall’esterno, rispondente a logiche del tutto aliene al tessuto socio-culturale della città o dell’isola e alle loro esigenze strutturali.
Questo successo del campolargo a Nuoro è in realtà la prosecuzione di una lunga sconfitta generale a cui al momento non sembra esserci rimedio. È anche un segnale di rassegnazione dell’elettorato, ormai cinico e disincantato più dello stesso personale politico a cui fa finta di delegare la gestione della cosa pubblica, sapendo bene che il meglio che possa fare la politica per noi è non fare assolutamente nulla. A Nuoro, forse più che altrove, o fai in modo di prescindere dalla politica, e allora forse ti salvi, confidando che un tuo eventuale successo sfugga ai suoi radar, oppure ti ci allei, ossia ti inserisci nei meccanismi delle complicità, dei clan, delle varie mani che si lavano l’una l’altra, ecc. ecc.
Restano sul tavolo tutti i problemi accumulati nei decenni: calo demografico patologico, mal funzionamento di tutto, decadenza evidente, bruttezza dilagante, incuria, dismissione o ridimensionamento dei presidi culturali, sclerosi economica, carenze infrastrutturali. A queste ultime si cerca di rispondere con programmi e proclami altisonanti, a proposito di collegamenti stradali e ferroviari, senza mai tener conto che gli investimenti infrastrutturali hanno senso se sono giustificati e sorretti da una realtà dinamica, proiettata in modo lungimirante verso una prospettiva di miglioramento. E le infrastrutture strategiche non dovrebbero essere un fatto di prestigio campanilistico (della città, neanche del territorio nel suo insieme), o una fonte di comode distribuzioni clientelari (entrambi aspetti che attraggono irresistibilmente il ceto dirigente nuorese), ma beni e servizi che servono alla collettività per le proprie esigenze di vita, per la soddisfazione dei propri bisogni e diritti. La stessa enfasi con cui si discute pubblicamente dell’Einstein Telescope, in questa situazione, somiglia più a una minaccia che a una promessa di riscatto e di progresso. Generare aspettative quasi messianiche a proposito di un progetto industriale e/o tecnologico, di cui però si sa poco e si capisce ancor meno, è un vecchio trucco, già risultato fallimentare con il Piano di Rinascita e i suoi cascami. Prestiamo attenzione.
D’altra parte, le incompiute accumulatesi negli anni sono ancora tutte lì. A parte l’abusato “effetto annuncio” e alcune soluzioni propagandate come decisive ma paragonabili a scatole regalo prive di contenuto (tipo, che so, un nuovo corso universitario inventato là per là), non è che si intravveda un piano, un progetto, una prospettiva.
La vittoria elettorale servirà sicuramente a Todde per rinsaldarsi nella sua precarissima posizione a Cagliari (e presso i suoi mandanti oltre Tirreno), servirà forse a qualche aspirante carrierista politico cittadino, forse sistemerà qualche cliente, ci sarà un po’ di giro di denaro fresco. Ma difficilmente servirà a ridare smalto alla ormai smunta e triste (ex?) Atene sarda. Non senza un sussulto civico e culturale della cittadinanza, almeno nelle sue componenti ancora attive e vitali e nella sua residuale e soffocata gioventù.
Immagine di copertina: sardegnaturismo.it
2 commenti
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E quindi? Fai un passo in avanti e fai una proposta politica alternativa- Se al 63 di Fenu aggiungi il 9 della Bidoni resta l’inconsistenza di una destra che si vergogna di definirsi tale- Tralasciando le errate (ma è solo il mio parere) valutazioni sul campo largo (composto di anime differenti e non omologabili) ti chiedo : l’alternativa qual’era per un elettore che non volesse adeguarsi ? Un suggerimento potrebbe essere un’analisi per scavare in profondità e far riemergere le “diversità” sopite- Dove si trovano? da rifondazione che non riesce a comporre una lista, dagli aventi diritto a una casa negata e ad un lavoro dignitoso. al disagio giovanile , droga alcool ,ecc ecc -Un intero mondo politicamente escluso di cui NESSUNO- ripeto Nessuno, vede- Parli di affari ! Quali ? Spiegati meglio grazie-
Io non faccio politica militante, non è il mio compito offrire alternative elettorali. Lo è invece di chi si cimenta nel gioco.
Ma non è un problema solo o tanto di offerta elettorale. Questa viene di conseguenza. Il problema è più profondo e di lunga durata, come mi pare di aver argomentato nel pezzo.
La crisi di Nuoro è pluridecennale. Il suo ceto dirigente (o meglio, dominante) – fatto di detentori di rendite (specie immobiliari) e ammanicamenti vantaggiosi a vari livelli, di detentori di pacchetti di voti, di professionisti (specie in ambito forense) legati alla politica, di funzionari pubblici inamovibili e poco altro – sta spolpando e soffocando la città da generazioni. Un ceto dominante ormai vecchio, sia anagraficamente che culturalmente, timoroso di perdere il proprio miserabile potere, ostile verso qualsiasi novità, superbo e suprematista verso i centri del circondario (anche quando ne è originario). Grazie alla rete di legami parentali e clanistici e di ricatti clientelari riesce a tenere in scacco l’intera comunità, marginalizzando chi non vuole far parte del “sistema”.
Lo stesso ceto intellettuale e creativo, di cui pure Nuoro si fa un vanto (a torto o a ragione), è in realtà organico a questa ragnatela, non riesce a rendersene autonomo a farsene contraltare critico.
La gioventù è sempre più esigua e incentivata alla fuga. Le spinte virtuose che arrivano dalle altre comunità del territorio vengono rimbalzate, spesso con supponenza, senza la minima cognizione di quello che sta succedendo.
Perché a Nuoro, al suo ceto dominante, non importa un fico secco del resto della Sardegna, che sia quella più prossima o quella più distante. A parte Cagliari, ma solo in termini utilitaristici, per il “potere” che rappresenta e a cui si può partecipare. Possibilmente, però, come trampolino per Roma, vera meta agognata dal politicante medio nuorese. La vanagloriosa pretesa di rappresentare la “vera Sardegna” è costantemente contraddetta dal rifiuto di farne davvero parte.
La vittoria elettorale del campolargo, lungi dall’essere una cura, è una recrudescenza sintomatica della malattia. Le “forze” che lo compongono sono perlopiù consorterie locali affiliate a sigle politiche di matrice italiana, o ad esse subalterne; franchising elettorali buoni per conquistare (sperare di conquistare) un posticino confortevole a spese dei contribuenti, approfittando – nella circostanza – della contingente pioggia di favori (leggi: soldi pubblici) arrivata – non casualmente – da Cagliari. Parlo soprattutto dei capibastone locali. Molte persone candidate non hanno alcuna pretesa, spesso sono soggettivamente ben disposte, magari persino convinte di non fare nulla di male. Il che forse non depone del tutto a loro favore.
Chi ha organizzato la vittoria di Emiliano Fenu ha un piano? Non dico una prospettiva strategica ventennale (che sarebbe il minimo per una città dalle velleità sbandierate da Nuoro), ma almeno per questa consiliatura? Io dico di no. Vediamo se sarò smentito. Temo però che andrà come sempre, oppure un po’ peggio. Qualche trovata più mediatica che concreta, qualche misura tampone di ordinaria amministrazione spacciata per epocale successo, un po’ di cosmesi “culturale” (apparentemente altisonante e per questo drammaticamente provinciale), solito tran tran clientelare, immobilismo letale.
Nel frattempo il mondo va avanti. Non è più tempo per le auto-assoluzioni.