
La memoria naufragata
La parola d’ordine è “marginalità”, ma potrebbe andare bene anche “emarginazione”, con la promessa di andare a controllare sul dizionario l’effettiva differenza di significato tra i due termini, che non deve essere neanche troppo sottile.
Si parla spesso, o se ne sente parlare, della necessità di rendere fruibili e dunque valorizzare i siti archeologici di cui abbonda l’isola. Per evitare di far notte, non è il caso di approfondire la bontà storica, culturale, etnografica (perché no?) di tale affermazione; non staremmo neanche a ri-sottolineare i punti di forza dell’assioma secondo cui “la cultura può allungare la stagione turistica”, vera verità condivisa ormai, almeno a parole, dalle diverse latitudini dello schieramento politico in and out al Consiglio regionale. Il punto, o almeno uno dei punti di questo breve ragionamento, è che per poter rinverdire l’opera di valorizzazione, servono figure qualificate: una su tutte quella semi-mitologica della guida turistica. A riguardo, il Ministero del turismo, dopo anni di narcolessia, ha bandito un nuovo concorso di abilitazione: a dirla tutta, ha solo aperto e chiuso le iscrizioni, senza specificare, per ora, dove e quando si terranno gli esami.
Per prepararsi al meglio ad affrontare lo scoglio delle 80 domande che costituiscono la prima parte dell’esame, molte aspiranti guide si stanno affidando ai classici manuali da cinquecento pagine con tanto di simulazione di quiz inclusa. Tutto nella norma, così come nella norma, ovviamente per quanto riguarda i candidati nostrani, sarà anche la forte tentazione di ricercare le impronte riguardanti la Sardegna inserite in questi volumoni in cui si ripercorre la storia, l’archeologia e la storia dell’arte. E cosa ci trova l’aspirante studioso dopo un’attenta, ma davvero attenta ricerca (eccola la marginalità a cui si faceva cenno all’inizio)?
Una frase di questo genere:

Naufraghi dunque! Con buona pace di chi ha passato una vita a litigare per una definizione che di volta in volta poteva oscillare tra nuragici, tirrenoi, Shardana, sardo/nuragici, sardi della pietra o senza pietra e via dicendo.
La Sardegna, in un altro enigmatico ma pur sempre marginale passaggio dello stesso manuale, risulta essere stata sotto il controllo degli etruschi!

per fortuna solo in parte, anche se non sappiamo di quale zona si parli.
Nessun cenno ai nuraghi, sette otto novemila che fossero, alle DDJ e alle decine (a tenersi bassi) testimonianze di arte sepolcrale che custodiscono al loro interno; niente pozzi sacri (neanche quelli non sacri se per quello…), niente TdG (ebbene sì, le future guide turistiche tendono ad abbreviare con sigle misteriose ed affettuose queste costruzioni così familiari), niente epoca giudicale e ci mancherebbe altro! Ed eccoci planare dolcemente anche al punto riguardante l’emarginazione.
Non è di sicuro una novità, e non è di certo scopo primario dell’articolo borbottare contro gli italiani “brutti e cattivi”, e all’occorrenza anche sporchi, che non ci degnano della necessaria attenzione nei loro testi di cultura generale. Troppo noioso sarebbe scivolare nella trappola rivendicazionista del “siamo italiani anche noi!” o meglio ancora del “non ci sentiamo italiani di serie C!”, ululati alla luna un milione di volte in un milione di diverse manifestazioni.
Così come non è fondamentale oliare ulteriormente le menti, ripetendo allo sfinimento che se vogliamo raccontare il nostro passato siamo noi a doverlo fare, senza dover aspettare i porci comodi degli altri: trattasi di processo già in corso e da diversi anni e insaporito da numerose pubblicazioni cartacee, da mini e maxi documentari, da svariati monumenti aperti richiusi e riaperti, da associazioni e cooperative, dal lavoro di grandi capoccioni universitari fino ad arrivare ai semplici muli della cultura, spinti da una grande passione e aiutati dal pollice opponibile in grado di azionare con relativa semplicità la macchina fotografica del loro cellulare.
A questo punto occorrerebbe una considerazione finale, lo scrivente aveva preparato un bel pensiero che si conciliava perfettamente con il resto del testo ma, in tutta onestà, l’ha dimenticato: pazienza, d’altronde è risaputo che noi eredi della grande “civiltà dei naufraghi” non godiamo di buona memoria!
Immagine: Marco Lepori