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Come ti costruisco una festa nazionale di tutti i sardi

Dopo anni di marginalità, di tentativi di sabotaggio mediatico e culturale, Sa Die de sa Sardigna sta finalmente trovando la sua forma autentica: quella di una festa popolare, plurale, partecipata, insieme popolare e istituzionale. Il merito di questo salto di qualità va cercato nelle iniziative diffuse, articolate e profondamente radicate nel tessuto sociale che si sono tenute quest’anno a Sassari con Primavere Sarde e a Cagliari con il ciclo di eventi promosso dall’Assemblea Nazionale Sarda. Due esperienze diverse, ma convergenti, che hanno restituito senso e profondità ad una data che troppo a lungo è stata trattata come un rito svuotato, manipolato o fuorviato o, peggio, come un imbarazzante cimelio storico da occultare o surrogare con altri significati e altri contenuti.

La spinta dal basso, il coinvolgimento delle scuole, dei movimenti, delle realtà culturali e dei cittadini e l’aver posto al centro la “sarda rivolutzione”, ha mostrato che quando il popolo sardo si riappropria della propria storia, lo fa in maniera non folkloristica né puramente commemorativa, ma politica, consapevole e attuale.

A Sassari, le giornate di Primavere Sarde hanno intrecciato memoria storica, riflessione critica e rappresentazione artistica, coinvolgendo studenti, insegnanti, sindacati, studiosi e amministratori locali. Nel capoluogo turritano, la storica rappresentazione teatrale per le vie del centro organizzata ormai da tredici anni dalla compagnia Teatro S’Arza, ha trovato sponda nel lavoro nelle scuole e nel progetto del monumento ai patrioti sardi impiccati sulle forche tra Settecento e Ottocento. Questa parte del programma è stato curato dall’associazione Sa Domo de Totus che ha chiesto e ottenuto il patrocinio comunale da parte di due amministrazioni di segno opposto (Campus e Mascia). Proprio questa trasversalità ha permesso all’evento di diventare patrimonio di tutta la città, laddove fino a pochi anni fa era semplicemente un giorno dove le scuole chiudono.

A Cagliari, il ricco programma stilato da ANS, è culminato con un forte richiamo alla memoria storica. Oltre ad un ricco calendario civico e musicale, sono state significative le iniziative che hanno celebrato la memoria dei patrioti della cosiddetta “rivolta di Palabanda”, che altro non fu che una delle tappe della Sarda Rivolutzione derubricata dagli storici filocoloniali a complotto e sedizione senza prospettiva. All’Arco di Palabanda, recentemente restaurato, sono state inaugurate targhe bilingue dedicate ai martiri della Sarda Rivolutzione, con la deposizione di corone a cura dell’Assemblea Natzionale Sarda e la partecipazione delle istituzioni comunali. Una fiaccolata ha poi attraversato il centro cittadino fino a Piazza Costituzione, dove il Bastione di Saint Remy si è acceso di rosso per accogliere un flash mob culminato con l’inno “Procurade ‘e moderare”.

Come è stato giustamente osservato dalla redazione della storica rivista Camineras i media sardi hanno stranamente registrato questo nuovo clima e sono passati dal silenzio o perfino dall’aperta ostilità a diventare cassa di risonanza della festa nazionale dei sardi. Un esempio tra tutti è La Nuova Sardegna, la principale testata del nord Sardegna, che è passata da una «virulenta campagna di stampa contro Sa die, per sminuirla, per svilirla, per minarla dalle fondamenta» – [https://camineras.blogspot.com/2025/05/sa-die-de-sa-sardigna-un-salto.html?m=1 ] – a dare ampio spazio all’evento, specie a Primavere Sarde, definito nella cornice di un ampio articolo a tutta pagina nell’edizione del 28 aprile, come «uno dei principali percorsi di educazione civica nell’isola».

Tutto ciò è avvenuto nonostante – e forse proprio controchi per anni ha tentato di ridicolizzare e demolire Sa Die etichettandola come rozza, provinciale, anacronistica. Ma il successo di sa Die è da salutare anche in ragione del fatto che è riuscita a vincere un’altra tentazione, forse anche più insidiosa della derisione o del silenzio. Sa Die 2025, nelle due esperienze di Sassari e Cagliari, ha messo al centro la questione della storia rivoluzionaria del popolo sardo, senza cedere alla tentazione di annacquare o “mastruccare” l’elemento nazionale che costituisce la sua identità fondamentale. Nell’anno ci sono 365 giorni, e nei restanti 364 c’è tempo e modo di approfondire analogie di ogni genere. Ma ogni popolo che si rispetti ha la sua festa nazionale e in quel giorno, nell’evento della sua festa di popolo, si riflette e si rinforzano le basi del suo essere comunità unitaria, senza bisogno di creare crepe, divisioni, fratture. Sa Die è un giorno di coscienza nazionale, perché senza questo elemento ogni vertenza sarà minata da un’impostazione coloniale o neocoloniale.

Ecco dunque un altro merito degli eventi organizzati a Cagliari da ANS e Sassari da S’Arza e Sa Domo: aver preservato Sa Die da ogni tentativo di manipolazione e aver permesso a migliaia di sardi di specchiarvisi dentro, ritrovando anche solo per un giorno se stessi, senza bisogno di dover ricorrere ad altre identità o categorie che non siano quelle della coscienza nazionale dei sardi.


Foto di copertina: CagliariMag.it

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