
Gaetano Cadeddu (Cadelli), un patriota angioyano dalla vita rocambolesca
Figlio del martire di Palabanda Salvatore Cadeddu e di Anna Putzu, fratello di Luigi ed Efisio, anch’essi coinvolti nella rivolta di Palabanda del 1812, nacque a Cagliari il 21 maggio 1770, secondo Bruno Anatra, e fu battezzato nella chiesa di Sant’Anna con i nomi di Gaetano Giovanni Battista Efisio.
Era il sesto di nove figli di cui quattro morirono in età molto acerba. Il nome del fratello Efisio non viene quasi mai ricordato nei fatti di Palabanda, probabilmente a causa della sua giovanissima età per cui non venne legalmente perseguito. All’epoca, la maggiore età veniva infatti raggiunta a 25 anni.
Sposò in età giovanile Maria Agostina Carro, sorella dell’avvocato Efisio Luigi Carro, e con lei ebbe cinque figli di cui il primo nacque nel 1801, secondo Vittoria Del Piano.
Gaetano non aveva ancora terminato gli studi universitari ma nel 1803 lo ritroviamo delegato di giustizia.
Verso la fine del 1808 – Angioy si era spento a Parigi il 23 febbraio di quell’anno –Cadeddu ridusse il numero di disordini sociali e di delitti e spense l’arroganza di Tomaso Dejana che mancava di rispetto alla Curia e che, in tempo di carestia, aveva fatto assaltare i magazzini contenenti il grano per sfamare il popolo.
Interessante una rara testimonianza dell’epoca giunta sino a noi : quella di Carlo Brundo che definisce il Cadeddu come un uomo onesto, alieno da ogni tipo di compromesso, coraggioso e tenace difensore dei deboli contro gli abusi dei baroni di cui riesce ad indagare le prepotenze. I signorotti, oltretutto, erano avvezzi a corrompere gli ufficiali di giustizia.
La lodevole condotta di Gaetano Cadeddu gli vale la stima e i complimenti della regina Maria Teresa e del ministro Rossi.
Trasferito a Pauli Pirri e, in seguito, a Villasor, Cadeddu continua a tenere testa a un temibile capoccia ‘’di gran seguito e di aderenze potenti’’ che tenta di ucciderlo.
Il giudice Podda Posano, su ordine del re, indaga sugl’insulti che il turbolento Andrea Vacher ha lanciato contro il Cadeddu, a riprova che quest’ultimo agiva all’epoca in piena legalità.
Il 12 maggio del 1812 – l’anno dei fatti di Palabanda – lo ritroviamo ‘’Speciale Delegato di detta Tanca di Geremias… cui particolarmente ne incarichiamo la custodia’’.
Il 30 e 31 ottobre, invece, partecipa alla rivolta di Palabanda con il padre Salvatore e i fratelli.
Essendo stati distrutti gli atti processuali di Palabanda, non sapremo mai con assoluta certezza se la rivolta fallì per una fuga di notizie priva di malizia da parte dell’avvocato Gerolamo Boi che intendeva mettere in guardia un amico, o per una vendetta da parte di un uomo che partecipava alle riunioni mascherato, Tomaso Dejana secondo lo storico Pietro Martini.
Questi avrebbe voluto vendicarsi di Cadeddu che lo aveva contrastato in una diatriba concernente una corsa di cavalli a Quartu il 25 ottobre del 1812, in occasione della festa di San Pietro Pascasio.
Dopo qualche giorno, Gaetano apprese di essere stato oggetto di un mandato di cattura. Pare che il cognato Efisio Luigi Carro fosse in possesso del primo elenco dei ‘’congiurati’’di cui faceva parte.
Già ricercato, Gaetano si reca a Quartu dove trova un enigmatico biglietto che lo invita alla fuga per salvarsi. Qualcuno lo attribuisce alla regina.
Temendo il peggio, parte in direzione del Sulcis, in compagnia del suo fido servitore Antonio. Lì, infatti, si era rifugiato il padre Salvatore.
A Siliqua, i miliziani tentano di bloccarlo ma Gaetano riesce a pervenire a Sant’Antioco il 15 novembre 1812.
Gli agguati alla sua persona non mancano ma Cadeddu – superiore – prende cura, in un’osteria, di occuparsi del brigadiere Benaglia da lui ferito.
Un ragazzino che portava il cibo al Cadeddu braccato, gli salva la vita non rivelando il suo nascondiglio sotto minaccia di morte.
Compreso il pericolo, verso la metà del mese di aprile, Gaetano vuole fuggire col padre ma questi rifiuta a causa della sua età, decretando la sua tragica fine.
Gaetano si reca in Gallura con il suo servitore. Sul monte Limbara incontra un gruppo di latitanti che, senza riconoscerlo, gli propongono di occupare Cagliari dove si attenta alla popolazione sarda.
Considerando il progetto irrealizzabile, Gaetano non si fa riconoscere e prosegue per Longonsardo (attuale Santa Teresa di Gallura), dove congeda generosamente il servo.
Si fa accompagnare in Corsica, all’isola di Cavallo, e nell’isola sorella ritrova a Bonifacio i suoi compagni di sventura: Giuseppe Zedda, Francesco Garau e don Gavino Muroni già fuggiti da Cagliari.
Frattanto, viene colpito dalla tragica notizia dell’arresto e della condanna a morte del padre. Stessa condanna ricevono i suoi compagni ed egli stesso, ma in contumacia.
Gaetano, addolorato per il padre, permane in Corsica sino alla fine del 1814.
Ipotizziamo facilmente che qui intrattenne rapporti con i Bonaparte, visto che lo ritroviamo con Napoleone – che frattanto aveva finanziato i quattro esuli sardi – nell’isola d’Elba.
Scrive, un giovane esule, E. Besson, che Napoleone aveva subito apprezzato Cadeddu invitandolo ad esercitarsi nell’uso delle armi. Secondo il Besson, Napoleone Bonaparte disse al Cadeddu: « Un giorno capitanerai un esercito e ci conquisterai la Sardegna».
Ricordo che Napoleone era stato ‘’invitato’’ all’ambizioso progetto di conquista dell’Isola dai successivi memoriali di Mundula, Francesco Sanna Corda, Antoine Coffin, Angioy, Matteo Luigi Simon… e le parole del Besson provano che ben sei anni dopo la morte di Angioy, Napoleone non aveva dimenticato nulla.
Avrà probabilmente letto i necrologi degl’influenti amici francesi di Angioy che narravano che le ultime parole di Giovanni Maria, sul letto di morte, erano state dedicate alla sua sventurata Sardegna e a Napoleone che avrebbe dovuto salvarla.
Responsabile dei feriti, in qualità di direttore delle ambulanze, Cadeddu vive – il 16 giugno 1815 – la battaglia di Waterloo.
Secondo diverse fonti, salva la vita a un colonnello meritando la Légion d’Honneur.
Fa ritorno in Corsica ma viene perseguitato come bonapartista e si nasconde in montagna.
Nel 1820 lo troviamo in Francia, a Marsiglia.
Da Marsiglia si reca a Pisa dove chiede e ottiene la cittadinanza toscana cambiando il cognome da Cadeddu in Cadelli.
Qui, come era accaduto per Pietro Antonio Leo, professore in medicina a Cagliari nativo di Arbus protetto da Francesco Vaccà Berlinghieri, Gaetano fu protetto da Andrea Vaccà-Berlinghieri, figlio di Francesco.
Andrea – professore di clinica chirurgica e protomedico di Corte – stimò e accolse il Cadeddu come un figlio procurandogli un lavoro di docente di latino e francese.
Lo indusse poi a laurearsi in medicina, laurea che Gaetano conseguì sei anni dopo con esenzione dal sostenere l’esame pubblico previsto.
Quando Algeri chiese un medico al professor Vaccà-Berlinghieri, questi – secondo Vittoria Del Piano – propose Gaetano Cadeddu che vi lavorerà per 14 mesi.
Al termine del contratto algerino, Cadeddu rientra in Toscana ma Andrea Vaccà si era spento il 6 settembre 1826.
Pare che la traversata fu molto movimentata a causa di un attacco da parte di pirati greci che Cadeddu aiutò a sventare spronando gli esitanti marinai a difendersi con vigore.
Per tale azione fu accolto trionfalmente a Livorno.
Dopo qualche anno lo ritroviamo a Tunisi, dove, morta nel frattempo a Cagliari la prima moglie, si risposa con Émilie (che viene anche chiamata Aurelia o Emilia o Amalia…) Lombard, figlia di un medico militare francese dalla quale avrà un figlio, Federico, morto giovane.
Si reca in seguito a Napoli dove viene curato per calcoli alla vescica.
A Sfax riceve l’incarico di console di Svezia, Norvegia e Stati Uniti di America.
A Tunisi, nominato medico degli artiglieri, viene insignito di un’onorificenza dal bey per i meriti acquisiti.
Sempre desideroso di rientrare a Cagliari, vi riesce probabilmente nel 1857 e confida poi a un giovane esule sardo, Eugenio Besson, pubblicista democratico espulso dalla Sardegna e riparato a Tunisi, che « anche povero, limosinante, se carità della famiglia non lo avesse tenuto, egli avrebbe voluto finire in Cagliari la sua vecchiaia, e comporre le membra antiche ne’ patrii sepolcri. »
I suoi desideri non saranno esauditi poiché Gaetano morirà a Tunisi il 16 o il 26 maggio 1858.
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