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Pinta la legna e mandala in Sardegna – S’Imprenta, rassegna stampa dalla colonia

de Ivan Monni

Dai proverbi emerge spesso la saggezza popolare, qualche volta emergono dei pregiudizi duri a morire, altre volte è passiva denuncia di una situazione.
Uno di questi è “pinta la legna e mandala in Sardegna”. Un altro simile, ma con punto di vista opposto, è “furat chi benit dae mare” (ruba chi viene dal mare).

Licio Gelli si vantava di aver venduto in Sardegna fili di cotone nei paesi sardi. Non c’era tanto denaro contante, dunque Gelli accettava benvolentieri ori e gioielli. 

Una vecchia e nota storia racconta di come durante gli anni della realizzazione della Costa Smeralda, cioè i Monti di Mola, in cambio dei terreni i pastori volevano milioni, altro che miliardi. Vendettero terre che oggi valgono oro.

Se questi proverbi hanno il suono antico, è alla fase repubblicana italiana che dobbiamo l’assalto coloniale e predatorio più feroce. Dalla requisizione delle terre di Teulada e di Perdasdefogu, per vederci bombardate le coste, alla già citata Costa Smeralda, alla petrolchimica legata al piano di Rinascita (delle aziende prendi i soldi e scappa con i macchinari) alla cancellazione di lingua e storia, infine la speculazione energetica. 

“Pensavo fosse infrastruttura, invece era servitù”.

Il Tyrrhenian link serve per l’esportazione dell’energia della speculazione calata in Sardegna. Ma esiste un lato ancora non messo in evidenza in questa vicenda. L’investimento nel Tyrrhenian link bloccherà l’investimento massiccio in altre tecnologie, tra cui quella nuovissima dell’idrogeno, lasciandoci ancora una volta indietro. Difficile che lo stato investa altri soldi dopo aver speso 3,7 miliardi per il Tyrrhenian link.
L’anello ingegneristico tra terraferma e Sardegna è quello che vorrebbero mettessimo al naso.

Il segretario del PD Comandini (nomen omen) nel 2021 pubblicava questo post:

E concludeva con:

“La nostra isola ha già raggiunto e superato gli obiettivi europei di produzione di energia da fonti alternative, tanto da trasferire il surplus nella rete nazionale.
In Sardegna abbiamo bisogno di completare il piano di gassificazione nei nostri territori, così che le imprese dell’agroalimentare e le PMI abbiano l’ energia termica per abbassare i costi energetici e possano essere più competitive sui mercati.
Quindi la politica energetica dei Sardi non può essere decisa con Decreti Ministeriali, senza coinvolgere le forze sociali e istituzionali dell’ isola, che mirano solo a realizzare interessi e opportunità per chi sta fuori dalla Sardegna sfruttando il nostro territorio e ambiente.
Per questo il Governo Regionale dovrà difendere la nostra autonomia in materia energetica in tutti i tavoli nazionali buttando a mare i nuovi dinosauri.
Come gruppo del PD questo è stato il nostro contributo in merito:
#odg n. 99 http://www3.consregsardegna.it/…/Ordini…/odg099.asp
#mozione n. 25 https://www.consregsardegna.it/xvilegislatura/mozioni/25
#interpellanza n. 39 https://www.consregsardegna.it/xvilegisl…/interpellanze/39

Il post gioca sulle parole e immagine Tyrrhenian / Tyrannosaurus, da buttare a mare.
Vedremo se, anche dopo una posizione così netta, gli faranno cambiare idea, o se, invece, spenderà tutte le energie per i 4 assessorati + presidenza del consiglio + vicepresidenza dell’esecutivo.

Todde, invece, che dovrà incontrare il coordinamento dei Comitati, tira dritto sul Tyrrhenian Link, e si dichiara ancora favorevole, promettendo solo una ricontrattazione con Terna, che vuol dire tutto e niente (qualche mancia? o lo spostamento di qualche centinaio di metri che non intacca la funzione speculativa?).

Terna, intanto, procede spedita con i lavori preparatori, a Selargius come a Terramala, dove approderà il cavo. Il sindaco di Quartu S.Elena, Milia, che dice?

Dalla terra si può vivere, creare valore aggiunto e posti di lavoro, ma serve la volontà politica.
Selargius è stata svenduta, i cittadini sono stati lasciati soli nella compravendita e in molti hanno ceduto a Terna. Alcuni sotto ricatto di esproprio, altri entusiasticamente si sono liberati volentieri del frutto del sudore degli avi, perché Terna pagava cifre maggiori rispetto ai prezzi di mercato. 

Ovidio Marras non è stato un caso isolato, ma non rappresenta ancora la maggioranza.
Comitati e alcuni sindaci di buona volontà stanno cercando di operare in tal senso, con un lavoro capillare. Il lavoro educativo-formativo nasce dal dialogo e dalla consapevolezza, che poggia sull’idea dell’autodeterminazione dei territori, unica via per l’emancipazione della Sardegna.

Esiste uno studio del 2020, redatto da una serie di organizzazioni, alcune nemmeno vicine ai Comitati, che individua la possibilità di installare fotovoltaico sui tetti sardi per 3,1 GW (pag. 24) sul totale dei 5,8 di rinnovabili che vorrebbero installare. Sui tetti non devastano l’ambiente, e i vantaggi ricadono sulla popolazione.

Il proverbio prende atto passivamente, ma non modifica i comportamenti: pinta la legna e vendila in Sardegna, è quello che accade ad ogni elezione sarda. Con partiti italiani che, dalla terraferma, candidano politici scelti in tavoli italiani, sostenuti in campagna elettorale da “Big” italiani, propagandati da TV e stampa italiani, che faranno gli interessi dei partiti italiani.

Le due coalizioni coloniali italiane, uniche rappresentate nel parlamento sardo, si sono chiuse nel palazzo, protette dalla legge elettorale (“per il terzo polo non c’è spazio“, Cuccureddu) che taglia e tiene fuori il diritto di rappresentanza delle minoranze politiche.

Il mistero è che capita sempre più di frequente sentire tra la gente e nei comitati discorsi sullo status coloniale sardo.
Ma, ad un certo punto, qualcosa si inceppa nella narrazione, per cui alla fine gli stessi votano i partiti italiani, che sono le vere e proprie cinghie di trasmissione del dominio coloniale. Come se l’accusa al colonialismo fosse un grido al cielo, senza nomi e senza colpevoli.

Un colonialismo evanescente, che non ha ancora preso forma nella mente della maggioranza dei sardi, scompare nel passaggio dall’accusa alle cabine elettorali. Eppure la costante alternanza nei governi statali e regionali, tra destra e sinistra, accompagnata dall’aumentare delle servitù sarde, dovrebbe fugare ogni dubbio su chi sono i responsabili.

Le minoranze hanno contro un sistema che crea gerarchie già dalla proposizione mediatica statale, che predilige il duopolio, con politici che bucano il video, dalle brevi battute ad effetto, rispetto alle strutture partitiche vecchio stampo nel territorio, in cui gli oratori si lanciavano in lunghi discorsi. La sfida non era solo contro Todde e Truzzu, ma anche contro Conte, Bersani, Schlein, Meloni, Salvini. Un apparato che ogni giorno, più volte al giorno, entra familiarmente dalla tv nelle nostre case, ospite a cena. Che ci prospetta problemi binari, con soluzioni binarie, in risse binarie. Per dirla con Stefano Puddu Crespellani, non contano fino a 3.

In politica vince il duopolio binario, salvo eccezioni, per cui, o il mondo dell’autodeterminazione riesce a dimostrare che il duopolio coloniale è in realtà un fronte unico coloniale, seppur con delle correnti interne, o è destinato a perdere per parecchio tempo.

Invece ci capita di leggere un post del MIO OSSERVATORIO (5449) di Mario Guerrini, perfettamente allineato con Cuccureddu (“per il terzo polo non c’è spazio”) che si può parafrasare ironicamente in:

“Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu debba votare Todde”

Se la prende con il “disturbatore” (copy Emiliano Deiana) Soru ma spara soprattutto su Lucia Chessa:

“Lucia Chessa. Responsabile dei Rossomori. Movimento di sinistra autonomista (ndr, in realtà indipendentista). La cui discesa in campo (con un’altra sigla incomprensibile “Sardegna R.esiste”) è apparsa come una smania velleitaria di visibilità. Per il ruolo di candidata presidente. Ma senza alcun messaggio politico e senza alcuna forza elettorale. Ed anche i suoi voti sono stati un cattivo regalo al cdx (ndr, o molto più probabilmente voto tolto all’astensione).”

Ottimo materiale per la “rassegna stampa dalla colonia”. L’ambiguità del giornalismo sardo è funzionale al mantenimento del fronte unico coloniale italico, che vorrebbe bloccare qualsiasi tentativo di autodeterminazione dei sardi. Pisciatinteris che mangiano sardo, ma votano italiano, direbbe Cicitu Masala.

La questione grave è che non si tollera l’esistenza di un pensiero diverso dal fronte unico coloniale con l’arroganza di volere negare la libera espressione alle elezioni.
Sono gli stessi conformisti che non concepiscono le minoranze politiche nella società. Il parlamento dovrebbe rispecchiare proporzionalmente i blocchi sociali del paese. Ma in Sardegna non è possibile, con questa legge elettorale.

La buona notizia è che le minoranze politiche, nonostante tutto, si stanno riorganizzando. Non hanno mezzi televisivi statali o regionali, per cui sono obbligate al radicamento nella società. Il movimento d’opinione non è più sufficiente. È l’impresa più ardua, se non hai da offrire carriere e stipendi politici, ma stoicamente solo sudore, risorse e tempo libero da sottrarre alle famiglie.

La Coalizione Sarda si è riunita a Milis.
La Nuova Sardegna, improvvidamente, riporta la Coalizione Sarda nel centro sinistra (La coalizione sarda di Renato Soru: «Dialogo con le forze progressiste e di centro sinistra»). Ipotesi che viene smentita sui social da chi era presente e da Maulu (iRS) dal blog Helis: “La nostra casa naturale non è il centrosinistra italiano. E il nuovo autonomismo non deve cadere in questa trappola“.

Per Martani, di Progetto Sardegna, “Presenteremo liste alle prossime elezioni, tra cui le grandi città come Cagliari, Sassari e Alghero”.
Chiaramente le elezioni delle città nascondono l’insidia del rientro nel centro-sinistra, se dovesse esserci il secondo turno. Un buono scambio avrebbe come contropartita la modifica della legge elettorale. Il resto è compromesso al ribasso.

Anche Sardegna R-esiste procede con la formazione del nuovo movimento politico e con la stesura dello statuto.
“Ad Abbasanta si è discussa e si è decisa la stesura di una carta dei valori che accompagni il programma già definito e presentato ai sardi durante la campagna elettorale, la stesura di uno statuto di Sardigna R-esiste che sarà improntato al massimo livello di democrazia interna, e la modalità di adesione”.

È la novità di questo post-elezioni, rispetto alle precedenti: le proposte emerse in campagna elettorale hanno aperto i cantieri.

Una notizia importante riguarda la Corsica:

“Approvato al ministero dell’Interno un progetto di riforma costituzionale che riconosce maggiori poteri agli organi regionali. Ma la destra insorge e annuncia battaglia in parlamento. […]

«Non si parla né di popolo, né di status di residente, né di co-ufficialità della lingua».”

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Immagine copertina: dipinto di Stefano Pani, da tottusinpari.it

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