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In morte dello Statuto Speciale Sardo (at a bennere Sa Die nosta?) – S’Imprenta, rassegna stampa dalla colonia

de Ivan Monni

Alla fine è arrivata.
Dopo le dichiarazioni e le carte burocratiche, la servitù coloniale ha mostrato le sue sembianze in Sardegna, attraverso la forma di una grossissima nave carica di gigantesche pale eoliche.
Non è chiara quale sia la sua destinazione, ma l’impatto visivo è stato dirompente.

Se l’Europa ha deciso le soglie di energia rinnovabile, è stata l’Italia ad imporre che la maggior parte dell’eolico sarebbe andato al sud e nelle isole. Ha privilegiato l’eolico rispetto al fotovoltaico sui tetti e sui capannoni. Ha scelto il grosso capitale (non sardo) con l’eolico, rispetto alle riduzioni della bolletta alla popolazione e alle aziende locali, con il fotovoltaico sui tetti. Questo aspetto dovrebbe diventare l’argomento principale anche per sindacati, lavoratori, artigiani, commercianti, ecc. Tutti, insomma.

In Sardegna, Solinas, per mano del suo vice presidente, aveva firmato l’intesa sul Tyrrhenian Link e non ha mosso un dito contro l’attacco speculativo, speranzoso di una vana riconferma come presidente. Se entri nei giochi romani, finisci per avallare lo stato coloniale.

Per fermare un decreto malfatto, Todde dovrebbe sconfessare sé stessa, mentre l’assessore all’industria Cani tergiversa. La paura principale, è che il piano energetico sardo partorisca un topolino. Vanno ridotte le quote, prima di tutto. Mentre tergiversa, i cinesi si comprano mille ettari per il parco fotovoltaico più grande d’Europa, e nel Sulcis protestano per l’eolico che distruggerà le tonnare.
Nulla di questa energia entrerà nelle tasche dei sardi.
La fiducia nelle istituzioni è al minimo storico.

Invece arriva questo video di Todde, in cui dichiara che incontrerà i Comitati a giochi fatti.
Il suo problema è solo quello di scegliere la localizzazione (“dove”). Nessuna ricontrattazione sul “come” (fotovoltaico sui tetti) e sulla quantità di Gwp.
Il messaggio sembra rivolto agli investitori affinché non si spaventino per la moratoria.

La Sardegna è in subbuglio. Dentro i Comitati si respira aria di rivolta, la situazione è esasperante.
Presumibilmente, ogni nave che arriverà con un carico di eolico si trasformerà automaticamente in una bordata al governo Todde, che, in assenza di risposte forti, rischia di trasformare in un Vietnam il suo mandato appena iniziato.

Nonostante la partecipazione di 10.000 persone alla manifestazione, il tricolorato 25 aprile è diventata una giornata di vuota retorica, tutto interno alle logiche italiche. L’attacco alla Sardegna, oggi, proviene dall’Italia, e il tricolore è, in questo momento, fuori luogo.
La regione sarda ammaini la bandiera italiana.
E metta la bandiera sarda a mezz’asta, a lutto, per l’attacco speculativo proveniente dall’Italia.

È il 28 aprile la festa dei sardi.
Del 28 aprile, Sa Die de sa Sardigna, i sardi sanno poco o niente, perché l’Italia ha raccontato una storia diversa da quella che è suo interesse raccontare.
Si dice che la storia viene scritta dai vincitori, ma è falso: la storia la scrive chi la scrive.
Non abbiamo mai perso con le armi contro i Savoia. Semplicemente siamo entrati in un ingranaggio diplomatico che nel 1720 ci ha regalati (nel vero senso della parola) da un sovrano spagnolo ad nobile piemontese di basso rango ma di alte ambizioni, con un sogno da re.

Nel 1793, i sardi respinsero, a sud come a nord dell’isola, niente meno che la potenza europea (dunque mondiale) francese, venuta per esportare i valori della rivoluzione.
Nel 1794, i sardi cacciarono a mare i dominatori piemontesi, in meno di 24 ore.
Non c’è traccia di sconfitta armata, in questo pezzo di storia.

Non è esaltazione fine a sé stessa. È ragionamento per capire come mai i sardi scelsero di tornare sotto padrone. È esercizio utile per astrarre alcune logiche, per confrontarle con quelle attuali e capire se ci sono delle similitudini. L’attitudine alla sottomissione, dopo secoli, ci è entrata fintzas a is intrànnias (fino alle budella)?
Non tutti i sardi, a dire il vero, scelsero di tornare sotto padrone, ma solo la parte conservatrice e reazionaria che, nel triennio rivoluzionario sardo che seguì Sa Die, sconfisse il partito dei novatori Angioyani.

Stare sotto dominio, dunque, non è una questione di rapporti di forza militare o economica tra dominatore e dominato. È più una questione di narrazione dominante, che ti prospetta (falsamente) la sudditanza come unica possibile soluzione.

2024. Dopo 230 anni siamo ancora lì. Tra resistenza popolare dei Comitati e classi politiche sarde che scelgono di stare dalla parte italiana, perché possano trarne carriere politiche e personali convenienze, a destra come a sinistra.

Qualcuno crede ancora nello statuto speciale sardo?

L’Art. 3 dice chiaramente che la regione ha competenze nelle questioni ambientali. Fatto salvo l’interesse statale italiano. Chi decide quando l’opera è di interesse statale? Decide lo stato italiano con i suoi vari organi. Arbitro e giocatore.

Su queste basi, lo stato italiano ha imposto l’eolico nelle vicinanze della chiesa di Saccargia.
Ecco le ragioni: «l’interesse pubblico all’incremento di produzione di energia da fonti rinnovabili, quale permanente obiettivo primario a livello nazionale e comunitario»

Qualsiasi intervento può essere dichiarato di interesse pubblico, dunque lo statuto sardo è un guinzaglio che si accorcia quando vuole il padrone.
È il funerale dello statuto speciale sardo, da sostituire con una nuova costituzione sarda al più presto.

Ah, Terna, nella sua smania propagandistica ha creato un Podcast, una storia noir, con sfondo eolico, fotovoltaico e Tyrrhenian Link (“il cavo che porterà energia all’isola” non nominata). A dispetto delle smisurate forze del committente, la sceneggiatura è terribile, i dialoghi penosi. Non si capisce chi possa essere il pubblico su cui tentano di far leva, su quel mezzo mediatico / di quella levatura culturale. Anche dal punto di vista del marketing è pura spazzatura, da includere nel trash italiota.
Il tentativo goffo è quello di far apparire gli abitanti dell’isola rozzi e ignoranti, ancorati al passato, poi arriva la continentale che li istruisce e loro vengono illuminati.

Roba che, forse, funzionava nella società degli ’60, quella di Rovelli e della petrolchimica, ma oggi… Offensivo proprio per il basso livello con cui pensano di rapportarsi.
Da inserire tra i tentativi di “letteratura” (po mod’e nai) post-coloniale. E un po’ razzista!
Eh Nora, la protagonista, dd’at a sciri nai cìxiri?

Tra le altre notizie della settimana, ci sono i movimenti per le elezioni a sindaco di Cagliari e Sassari; Todde cancella i nuovi ospedali di Solinas; il Psd’Az a congresso rielegge Solinas e Moro come segretario e presidente, ma Chessa e Maieli non ci stanno.
Della serie, segui il potere per capire dove si andrà a parare, Antonello Cabras è il nuovo vicepresidente del BPER.

Passiamo alle cose belle, alla riscoperta della storia sarda e della nostra “questione natzionale“, che non si discosta troppo dalle questioni affrontate nel resto dell’articolo.
A Cagliari e a Sassari è festa per Sa Die, con eventi organizzati da Assemblea Natzionale Sarda. Qui un’intervista di Radiolina al presidente Riccardo Pisu Maxia, il video dell’Unione Sarda
A Sassari si erige un monumento per i rivoluzionari della Sarda Rivolutzione, ne parla SarDies e l’Unione Sarda.
Bona Die a totus e a totas!

Imàgine de sa chida

Disegni: Sardu Pintau


Immagine copertina: Unione Sarda. Foto:Ivan Monni

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