L’indipendentismo sardo e il seminario del Forum 2043 sulla Carta di Chivasso

de Omar Onnis

Sabato 11 marzo si è tenuto un seminario online organizzato dal Forum 2043 e dalla rete Autonomie e Ambiente (articolazione dentro lo Stato italiano del gruppo europeo EFA/ALE, Alleanza Libera Europea). Il tema del seminario era “Parole vive per le autonomie e l’ambiente”, con riferimento diretto alla “Carta di Chivasso”, di cui quest’anno ricorre l’ottantesimo anniversario*.

La Carta di Chivasso è un documento risalente al dicembre del 1943. Il 1943 era stato un momento di grande prostrazione del Regno d’Italia, attaccato pesantemente dalle forze aeree alleate (e la Sardegna ne sa qualcosa, vista la distruzione quasi totale di Cagliari), in balia di un regime fascista ormai indebolito e di una monarchia imbelle e ottusamente complice delle nefandezze di Mussolini, salvo decretarne la fine improvvisa, con un tipico voltafaccia sabaudo, il 25 luglio di quello stesso anno. L’8 settembre successivo, come si sa, era stato poi annunciato l’armistizio tra Regno d’Italia e Alleati, con la fuga a Brindisi dei regnanti e del governo. La Sardegna era rapidamente uscita dal conflitto, pagando un prezzo altissimo al conseguente isolamento (quello vero). In Italia era iniziata la Resistenza (cui pure moltissimi sardi presero parte, su diversi fronti). Nel tardo autunno dello stesso anno alcune comunità alpine, i cui rappresentanti si erano riuniti nella località piemontese di Chivasso, produssero una riflessione sulla natura dello Stato italiano e sulle sue prospettive, in un’ottica di democratizzazione di stampo federalista.

Non deve stupire che questo documento sia stato concepito in quell’area d’Italia. Troppo spesso si ha un’idea stereotipata del Settentrione italiano, che non è solo Padania, industrie, allevamenti intensivi, inquinamento e affarismo rapace, ma è anche comunità di montagna, minoranze linguistiche, economia di vicinato, esperienze di mutualismo e solidarietà plurisecolari. La montagna, anch’essa uno dei “margini” d’Italia, ha subito nel tempo l’approccio coloniale e predatorio dei vari “centri” con cui ha avuto a che fare. Non a caso la stessa Resistenza contro il nazi-fascismo ha trovato nelle montagne il proprio teatro principale. Ma, per venire all’attualità, basterebbe pensare alla storia della Val di Susa e alla sua lotta pluridecennale contro l’aggressivo e devastante progetto TAV.

Ma il Forum 2043 non intende rivolgersi solo alle comunità che concepirono la Carta di Chivasso. Il seminario era aperto alle organizzazioni di tutto il territorio statale italiano. Le aspirazioni indipendentiste, confederaliste o autonomiste sono diffuse infatti anche in molte comunità del Meridione e in Sicilia, al di fuori e al di là del meridionalismo novecentesco e a debita distanza dalla polemica pretestuosa e mal argomentata contro l’autonomia differenziata in discussione a Roma. Autonomia differenziata che, come emerso nel corso del seminario, non piace a nessuno, ma con argomentazioni e contro-proposte di natura ben diversa dalla banale opposizione oggi in campo ad opera del centrosinistra centralista e – potremmo dire serenamente – neo-risorgimentalista.

Al seminario la Sardegna era presente con Silvia “Lidia” Fancello (referente per la Sardegna del gruppo Autonomie e Ambiente) e le portavoce di alcune realtà politiche indipendentiste sarde (Claudia Zuncheddu, Giovanna Casagrande e Luana Farina), più altre persone in veste di ospiti.

L’anniversario della Carta di Chivasso è stata dunque l’occasione per il rilancio delle sue parole dentro una prospettiva attuale, alla luce degli sviluppi storici contemporanei e delle grandi crisi globali di questa epoca. Le persone intervenute hanno portato la propria testimonianza e soprattutto espresso l’auspicio di una connessione più forte tra le varie realtà di movimento e di attivismo politico locale, non solo in termini di scambio di esperienze e di elaborazione teorica ma anche in termini elettorali, con specifico riferimento alle prossime elezioni europee (2024).

È importante precisare che uno dei tratti che accomunano tutte queste esperienze, come è emerso dalla discussione, è la forte pulsione democratica e solidaristica, all’opposto delle professioni sovraniste reazionarie promosse dalla Lega e da altre forze analoghe in Italia e in Europa.

In Sardegna si sa poco di tutto ciò, così come in gran parte degli altri margini italiani si sa poco della Sardegna. L’incontro di sabato 11 marzo è stato dunque una preziosa occasione di confronto tra tante realtà di militanza cui non mancano tratti in comune e possibilità di convergenza, al di là della collocazione geografica, degli obiettivi finali o delle cornici concettuali impiegate come fondamento teorico del proprio agire politico.

Il movimento indipendentista sardo e le sue aree limitrofe hanno accumulato negli anni un patrimonio di riflessione e di esperienza molto grande, di cui però siamo i primi a non fare tesoro. La relazione con altre realtà, meno familiari rispetto a quelle più frequentate (pensiamo alla Corsica o, più di recente, alla Catalogna), può essere l’occasione di rinnovare l’armamentario teorico e tematico e le stesse prospettive pragmatiche nella crescente consapevolezza di non essere sol*. Nemmeno dentro il contesto dello Stato italiano.


Fotografia: autonomieeambiente.eu

*La registrazione delle due sessioni del seminario è disponibile sul sito di Radio Radicale

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