campagna bie mesu selargius

“Sa Batalla” de Ceraxus – S’Imprenta: rassegna stampa della colonia

de Ivan Monni

Ieri 30 giugno si è svolta a Selargius l’Assemblea pubblica, indetta dal Comitato No Tyrrhenian link, contro la nuova servitù calata sul paese.

L’assemblea nella piazza pubblica, ha visto la presenza di circa duecento partecipanti (cosa più unica che rara in un paese prevalentemente conservatore, oltre che sonnacchioso) tra cui diversi agricoltori preoccupati per le proprie attività e per il futuro della campagna e alcuni rappresentanti dei comitati di altri territori, che hanno portato la propria testimonianza e diversi preziosi consigli.

Il quadro è chiaro: la Sardegna dovrà fornire energia all’Italia, sacrificando le bellezze costiere e interne. Selargius è il terminale di questo progetto. I margini cui aggrapparsi per contrastare tutte le richieste dei progetti in arrivo sono minimi, soprattutto dopo la recente approvazione della legge 41 del 21 aprile 2023, con cui con una legge ordinaria, si toglie alla regione Sardegna la possibilità di opporsi.

Questa legge ordinaria, approvata con urgenza, bypassa e svuota alcune prerogative dello statuto sardo, che pure è una legge costituzionale. Ogni modifica dello statuto sardo deve passare per una modifica costituzionale. 

Ci si chiede quale sia l’urgenza. La speculazione ha fame di nuovi affari? Non si sa come spendere i soldi del Pnrr? Dateli alle scuole, che mettano il fotovoltaico nei tetti, alle biblioteche, agli edifici comunali, installate lampioni pubblici con il fotovoltaico integrato, agevolate le aziende sarde che vogliono mettere il fotovoltaico nel proprio capannone.
Risparmiate il territorio.

Mentre l’energia delle rinnovabili è illimitata, la terra è invece limitata.
Le decisioni di questa fase politica saranno irreversibili: una volta installate le nuove servitù, dovremo tenercele per i prossimi decenni, forse per sempre.
Che faremo quando avremo ceduto l’ultimo lembo della nostra terra?
Cosa ci avremo guadagnato, espropri a parte?

La regione sarda avrà il coraggio e la voglia, di ricorrere alla corte costituzionale per far invalidare la legge 41?
O prevarrà la logica del “non disturbare”? Le elezioni sono vicine, c’è il problema della ricandidatura di Solinas, che si gioca anche con l’assenso / consenso della Meloni.

Eppure lo scontro non è una questione destra-sinistra.
Il Comune di Selargius (di centro-destra) durante un incontro con il Comitato per il no al Tyrrhenian link, ha dichiarato che se dovessero esserci degli appigli legali/burocratici, si sarebbe opposto alla servitù. Nonostante i gravi errori decisionali iniziali. La regione sarda (di centro-destra) si è opposta alle nuove servitù, in alcuni casi, in altri non ha dato parere positivo.
Dall’altra parte sta il governo italiano (anch’esso di centro-destra) con la nuova infornata di nuove servitù, che si sommano alle storiche che gravano sempre sui sardi, quelle militari tra tutte.

Lo scontro è tra la Sardegna e lo stato italiano.
Lo scontro è su chi decide del nostro territorio. È tra democrazia locale e decisioni imposte dall’alto. Non diversamente da come è avvenuto per tutte le precedenti dominazioni.

Un ministro italiano ha detto recentemente che le esercitazioni militari in Sardegna sono necessarie, ma che compenserà il disturbo con investimenti per la sostenibilità ambientale.
Tradotto: compenserà le servitù militari con nuove servitù speculative energetiche.
Cornuti e mazziati.

Tra le novità di questa settimana, una viene dal mondo dell’autodeterminazione: i partiti indipendentisti e autonomisti si sono incontrati.
La foto diventerà storica, probabilmente. 

Foto presa da Facebook

Alcune critiche nei social hanno messo il dito nella piaga sul ricambio generazionale.
Il rinnovamento delle idee è necessario: è cambiato il mondo, è cambiato il linguaggio, sono cambiati i valori, è cambiato lo scenario internazionale. Si può innovare internamente ai partiti storici, o esternamente, è lapalissiano dirlo, ma non altrettanto scontato, data la storia più o meno recente.

Questo tipo di critiche, tuttavia, dopo un primo ammiccamento, evidenziano un problema di fondo e si ritorcono contro, come un boomerang. 
Senza scomodare Freud o Edipo, le vecchie generazioni sono ancora lì perché le nuove non sono riuscite evidentemente a creare progetti partitici migliori.
Dunque la critica generazionale all’indipendentismo, ricade sulle vecchie o sulle nuove generazioni?


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Immagine copertina e assemblea: Comitato No Tyrrhenian link

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4 commenti

  1. “Senza scomodare Freud o Edipo, le vecchie generazioni sono ancora lì perché le nuove non sono riuscite evidentemente a creare progetti partitici migliori.
    Dunque la critica generazionale all’indipendentismo, ricade sulle vecchie o sulle nuove generazioni?”

    Senza scomodare Freud, forse piu’ semplicemente la forma “partito”, fondata su gerarchie e sull’uso del potere, e’ inadeguata a rappresentare efficacemente le esigenze della Sardegna contemporanea. E i giovani -giustamente- guardano altrove. Non si puo’ continuare a fare le stesse cose per 50 anni e sperare che il risultato sia diverso…

    • Buon pomeriggio Oliver, grazie per il commento.
      È vero che non si può continuare a fare le stesse cose per 50 anni.
      In questi decenni sono avvenute due cose: i partiti storici non si sono rinnovati; i giovani hanno guardato altrove e sono nati tantissimi partiti nuovi.
      Ebbene, i risultati non sono stati comunque diversi, per entrambe le soluzioni.

      La soluzione per me sta all’inizio di questa frase: “Si può innovare internamente ai partiti storici, o esternamente, è lapalissiano dirlo, ma non altrettanto scontato, data la storia più o meno recente.”
      Questa è la mia opinione, grazie per aver alimentato il dibattito.

  2. “Si puo’ innovare internamente ai partiti storici”… un po’ come il PSd’Az ha cercato di innovare internamente allo stato italiano (almeno dal 1946 in poi). Con quali risultati lo vediamo…

    Penso che sia necessaria una posizione piu’ radicale: i partiti sono fondati su principi come: (a) La creazione di gerarchie e burocrazie per gestire e controllare informazione e potere; (b) modelli carismatici per cui le cariche piu’ alte pretendono di giustificare il loro uso e monopolio di informazioni su doti che li distinguono dagli altri. Si puo’ innovare un partito quanto si vuole (e ne vediamo molti casi in giro), ma i principi fondamentali rimangono gli stessi.
    Ma questi principi non servono ormai a molto, e meno che mai nel contesto della Sardegna attuale dove ci si dovrebbe preoccupare di coinvolgere persone, prendere il meglio delle loro idee, facilitare partecipazione e presa di responsabilita’, invece di creare inutili gerarchie ecc.
    Un esempio concreto di quello che intendo e cosa si puo’ fare fuori dai partiti lo da’ Common Weal in Scozia: https://commonweal.scot/

    • Al netto della prima frase (il paragone tra l’innovazione di un partito e di uno stato può reggere fino ad un certo punto. Noi sardi siano una esigua minoranza a livello statale, siamo di fatto ostaggio della maggioranza italiana) è molto interessante quello che scrivi e studierò il commonweal scot (che sembrerebbe somigliare più ad Ans che ad una forma partito).
      In qualche modo mi ricorda lo studio di Ralph Gonzales (società nuragica senza élite)
      https://horoene.wordpress.com/2019/05/13/organizzazione-sociale-nuragica-una-civilta-senza-elite-di-ralph-araque-gonzalez/
      Esistono delle realtà di questo tipo (senza gerarchie) anche a livello partitico e che quindi competono elettoralmente? Dubito che esistano, nel caso sarebbero delle eccezioni o di breve durata, o fuori dal sistema.

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