Nurra: terra a perdere?

Pubblichiamo il lavoro svolto dal prof. Piero Atzori, membro del gruppo operativo del Comitadu pro sa Nurra, frutto delle ricerche svolte in merito alla situazione gravissima di richieste di installazione di impianti energetici nella regione. Da mesi il Comitadu denuncia, nel corso di assemblee informative effettuate nel territorio in questione, l’assalto che società spesso farlocche o costituite ad hoc con capitali esigui, stanno rivolgendo verso una delle aree a maggiore vocazione agricola e dunque irrigue dell’intera isola. L’ultimo incontro si è svolto a Sassari nella sala dell’Ex-Ma il 2 luglio, iniziativa cui ancora una volta è stato invitato il sindaco della città o quantomeno l’assessore alle attività produttive e all’ambiente che, purtroppo, non hanno potuto presenziare.
Vista l’importanza dei dati raccolti riteniamo importante pubblicare la relazione alla base di tutte le osservazioni fatte dal Comitato e non recepite dall’amministrazione di Sassari che, ci auguriamo, possano collaborare in futuro alla salvaguardia di un territorio così vasto e determinante per il futuro dell’economia agricola come appunto la Nurra.

Cominciamo a parlare del consumo di suolo. In una situazione di crisi dell’agricoltura, dopo decenni di politiche europee sbagliate e di assenza di politiche locali, si è spalancata nell’isola la porta alla speculazione energetica.
Per ora esistono in territorio di Sassari, un impianto fotovoltaico di medie dimensioni vicino a Fiume Santo adiacente alla SP 57 e uno di grandi dimensioni nella z. i. di Truncu Reale.
Poi ci sono i progetti, in particolare i grandi progetti, quelli sopra i 10 MWp, presenti nel sito del MASE.
Sassari, attraverso compromessi d’affitto ventennale o preliminari di vendita dei proprietari, ha già offerto allo speculatore energetico, per i grandi progetti di “agrivoltaico” e fotovoltaico, un’estensione di terra, in gran parte arabile e irrigata, pari almeno al territorio di Porto Torres senza Asinara. In questa carta, che rappresenta in viola 35 Kmq con 44 progetti di “agrivoltaico” e fotovoltaico, manca l’offerta di 15 Kmq di terreni agricoli, di cui 12 Kmq dei progetti già bocciati e 3 dei 6 progetti non ancora aperti alle osservazioni. Con i progetti non ancora aperti alle osservazioni, la superficie occupata dagli impianti progettati sale a 38 Kmq, senza stazioni, cabine e cavidotti. 38 Kmq + 12 Kmq dei progetti bocciati fanno 50 Kmq. Senza stazioni e cavidotti.
La carta dei 44 grandi progetti in corsa tra “agrivoltaico” e fotovoltaico
Ciascun progetto può comprendere appezzamenti di terreno staccati e anche distanti tra loro. Si possono notare a SE i due progetti di Arcone – Petruseddu, 136 ettari in tutto. A Su Bacchileddu, verso il Baratz, abbiamo tre progetti per 149 ettari. Vicini a La Corte ci sono altri tre progetti per 422 ettari. Tra Pozzo San Nicola, Fiume Santo e Canaglia ci sono sette progetti per 360 ettari. Tra il Rosario e Baiona i progetti sono otto per 507 ettari. A Campanedda, il baricentro della speculazione quattro progetti occupano 506 ettari. Attorno a Monte Nurra invece la superficie interessata da dieci progetti è di 1384 ettari. Due progetti si trovano vicini a Monte Uccari e occupano 143 ettari. Fin qui la Nurra, ossia la regione a Ovest del Rio Mannu. A Est del Rio Mannu, cioè nell’agro, figurano non lontani da Monte D’Accoddi due progetti per 160 ettari. Altri due, gli ultimi, per un totale di 101 ettari, si trovano, uno tra Truncu Reale-Viziliu e Bancali e l’altro a ridosso delle case di Bancali 1 e 2.
Tutti i progetti prescindono dal fenomeno delle isole di calore e alcuni si trovano a ridosso delle case, ad esempio a Bancali, Viziliu, Monte Casteddu.
Bosaredda, a ridosso di Bancali 1 e 2.
Alcuni progetti occupano terreni confinanti con vigne, oliveti e colture ortive.
Il divieto assoluto di consumo di suolo agricolo a fini industriali presente nella Legge 20 del 5 dicembre 2024, che salverebbe anche la Nurra, è stato chiaramente imposto alla Todde e alla sua giunta dagli agricoltori del Campidano di Oristano. Davanti ad una platea di sindaci dell’oristanese la Todde ha dichiarato il 3 settembre 2024 che non ci sarebbe stato consumo di suolo agricolo e che gli impianti delle rinnovabili avrebbero trovato collocazione nelle aree industriali e nelle cave dismesse.
Noi dovremmo sentirci protetti dal divieto contenuto nella Legge 20, ma tale legge è stata bloccata come sappiamo e non s’intravvede un piano B della giunta Todde per impedire la trasformazione delle zone agricole in un enorme demenziale area industriale per conto terzi.
Temiamo poi per la Nurra che il centrosinistra e il centrodestra sassaresi, si accordino. Infatti la Nurra può essere sacrificata in cambio del 3% di compensazione. Come dice Lorenzo Scano, altro attivista del gruppo operativo, “la desertificazione agricola della Nurra non è un effetto collaterale, ma parte integrante del modello economico che ci viene imposto. Stiamo perdendo ettari ed ettari di terra fertile, mentre aumentano le speculazioni e i costi sociali. È ora che le comunità si riapproprino del diritto di decidere sul proprio futuro”.
Il problema primo delle campagne sarde è la mancanza di alternanza di generazione. Se oggi la speculazione ha trovato spazio è anche perché non ci sono abbastanza figli pronti a continuare l’attività agropastorale dei genitori. L’ottantenne sta così cedendo i propri terreni agli speculatori. Così l’agricoltore o l’allevatore meno anziano, ma incorso in problemi di salute che gli pregiudicano il lavoro in campagna. Vendono o affittano poi in massa i proprietari assenteisti.
L’interesse particolare non è in discussione, ciascuno è libero di fare come gli conviene e anche di vendere allo speculatore. Le leggi glielo consentono. Sa leze est leze mancari siet trotta. La proprietà della terra dovrebbe rimanere tra i residenti. Quel che si dovrebbe discutere nelle sedi politiche è l’interesse generale. Appunto questo è mancato. Dal 2020, la Nurra e l’agro sassaresi sono stati battuti in lungo e in largo da intermediari alla ricerca di terreni agricoli da servire alla speculazione.
Oggi non si trova conveniente coltivare il grano nella Nurra. Il fatto è che in Campidano il grano duro Cappelli viene coltivato e viene remunerato abbastanza. Come mai non nella Nurra?
L’ETFAS dal 1951 acquisì, bonificò e trasformò terreni incolti, li assegnò ai contadini, realizzò strutture indispensabili e collaterali alla vita delle famiglie assegnatarie. Nelle borgate di Campanedda, Tottubella, Villa Assunta e Santa Maria La Palma nacquero, oltre alle case coloniche, asili, scuole, chiese, centri sociali, ambulatori medici, elettrodotti e acquedotti.
L’utilizzo di mezzi meccanici consentì di lavorare la terra, preparandola alle successive coltivazioni di vigne, oliveti e frutteti e alla creazione di strade rurali e interpoderali.
Oggi chissà quanti dei figli degli assegnatari hanno firmato preliminari di vendita o compromessi di affitto ventennale agli speculatori.
La speculazione energetica è una macchina che pompa denaro fuori dall’isola. Si tratta chiaramente di una nuova forma di feudalesimo.
Prendendo in esame le relazioni agronomiche dei grandi progetti e, in particolare i piani colturali dei progetti di “agrivoltaico” del territorio sassarese, si può osservare che in gran parte la coltura prevista è quella del “prato permanente migliorato”. Non si coltiveranno colture redditizie come lo Zafferano nella Nurra, e neppure il grano per cui quella terra è vocata, ma prato spontaneo, o comunque foraggere. Si tratta per lo più di finto agrivoltaico per sottrarre terra.
Perché per i progetti di agrivoltaico di grande taglia in Sardegna è stata scelta per prima la Nurra? La risposta: per la maggiore estensione degli appezzamenti dei terreni. Basta nella Nurra anche una sola firma per presentare un progetto di grande impianto di fotovoltaico in agro. Mentre nel resto dell’isola per arrivare a 50 ettari servirebbero le firme di decine di proprietari.
Ma perché scegliere per i progetti i terreni migliori, pianeggianti, arabili, irrigati? Perché lo speculatore si è lanciato sul torrone? Perché c’è più utile? Perché serve l’acqua per lavare i pannelli?
La cartografia
Regione, Province e Comuni, al servizio della speculazione, non si prendono neppure la briga di produrre la cartografia degli impianti, realizzati e in progetto, e di renderla disponibile ai cittadini.
Il Comune di Sassari ad esempio ha affidato l’esame dei progetti sulle FER alla dirigenza del settore Ambiente e Verde pubblico che non ha espresso neppure un parere negativo.
Dunque i comitati in moltissimi casi suppliscono, con un immane lavoro di ricerca e con conseguente invio di osservazioni, al compito che dovrebbe spettare alle amministrazioni, che dovrebbero rendersi disponibili a discussioni di confronto aperte e pubbliche per decidere insieme alle comunità che uso fare dei propri territori.















