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Stereotipi indipendenza Sardegna

5 stereotipi sugli indipendentisti che probabilmente hai già sentito (o persino detto)

Pubblichiamo l’articolo di Ivan Monni, estratto dalla versione cartacea de S’Indipendente, stampato per l’occasione di Fàulas, il Festival che ribalta i luoghi comuni sulla Sardegna.


Probabilmente avete già sentito queste fàulas. Proviamo qui a disinnescarle e ad andare un po’ oltre alle frasi fatte, buone per chiudere un discorso, ma superficiali, proprio perché ci si serve di qualcosa di già sentito e ripetuto (ma non pensato) e che non si mette in discussione.

#Fàula 1. “Non riusciamo nemmeno ad unirci tra noi, figuriamoci essere indipendenti!”

Siamo divisi come tutte le altre nazioni del mondo. In Italia, le divisioni si manifestano tra il nord e il sud, tra destra e sinistra, tra sostenitori e oppositori della  TAV, tra europeisti e sovranisti, tra chi è favorevole alle tasse e chi non lo è, e così via.

In Spagna, lo stato è diviso tra diversi popoli, ad esempio la Catalogna e i Paesi Baschi, tra destra e sinistra, tra monarchici e repubblicani, ecc.

Nel Regno Unito, Scozia, Irlanda del Nord e Galles hanno le proprie identità e pulsioni nazionaliste, diverse posizioni su questioni come l’appartenenza all’Europa, divisioni tra conservatori e laburisti, tra monarchici e repubblicani, ecc.

La Francia presenta una serie di divisioni, con movimenti come i gilet gialli, le tensioni nelle banlieue, le divisioni tra destra e sinistra, e all’interno di questo schema tra Le Pen e i democratici, con pulsioni nazionali in Corsica, Occitania, Paesi Baschi lungo il confine con la Spagna, Bretagna, ecc.

In realtà, è difficile trovare uno stato che non abbia divisioni interne, se escludiamo casi particolari, come la Germania nazista o l’Italia fascista.

#Fàula 2. “Se non abbiamo risorse naturali, dove vogliamo andare?”

Oggi, gli uomini più ricchi al mondo provengono da aziende tech, cioè aziende che producono beni virtuali o dispositivi per accedervi. L’economia è diventata sempre più immateriale, con prodotti digitali che possono essere esportati in tutto il mondo con un semplice clic: il bene immateriale è scaricabile illimitate volte e consegnato senza problemi di insularità.

La risorsa più preziosa è l’intelligenza umana, il capitale umano presente in un territorio e lo stock di tecnologia a disposizione. L’istruzione è diventata fondamentale per la specializzazione in un mondo globalizzato, per cui è necessario investire pesantemente nella formazione.

L’Africa è una regione ricca di risorse naturali, ma la sua ricchezza non si riflette nella realtà economica. Molte di queste risorse sono state sfruttate e depredate nel corso del tempo, dimostrando che la disponibilità di risorse non garantisce la prosperità.

Anche la Sardegna possiede ricche miniere, ma nel corso dei millenni sono state oggetto di sfruttamento da parte di numerosi conquistatori. L’ultimo di questi ha estratto carbone per scopi di autarchici e continua a sfruttare il territorio con l’attuale speculazione energetica, in cui graverà in Sardegna una quota esorbitante in rapporto alla sua popolazione.

#Fàula 3. “Siete fuori dalla storia, il mondo si unisce e voi volete dividervi”

Non desideriamo separarci, piuttosto trovare la nostra via collaborando con gli altri popoli. È il centro decisionale che deve essere spostato da Roma alla Sardegna e suddiviso tra i territori interni.

Il XX secolo, specialmente dopo la Seconda Guerra Mondiale, è stato caratterizzato da una serie di processi di decolonizzazione in Africa, Asia e Sud America.

Nell’Europa orientale, dopo il collasso dell’Unione Sovietica, sono emersi numerosi nuovi stati. Mentre nell’Europa occidentale, Malta e la Repubblica d’Irlanda sono diventati stati nel corso del XX secolo. Allo stesso modo, in luoghi come la Catalogna, i Paesi Baschi, la Corsica, la Scozia e la Sardegna, sono emerse aspirazioni indipendentiste.

È importante sottolineare che la maggior parte dei movimenti indipendentisti mira a collaborare all’interno di un‘Europa dei popoli, non di questi attuali stati ottocenteschi. 

#Fàula 4. “E se poi ci invadono gli arabi?”

Nella storia, gli Arabi, anche durante il loro periodo di massima espansione, hanno conquistato gran parte della penisola iberica e alcune parti dell’Europa orientale, ma hanno avuto difficoltà a conquistare la Sardegna. Quando lo hanno fatto è stato solo per un breve periodo [1]. 

Gli stati europei sono, al giorno d’oggi, coinvolti in intricate reti di relazioni internazionali, che rendono di fatto impossibile una conquista.

#Fàula 5. “Da soli non ce la possiamo fare!”

Come faremmo ad essere indipendenti?
Come tutti gli stati del mondo!
Questo è uno dei principali punti di discussione per coloro che desiderano l’indipendenza ma ritengono che manchino i mezzi finanziari.
Se fossimo indipendenti, ci troveremmo in una posizione di media dimensione tra gli stati più o meno popolosi. 

Simon Mossa, il padre dell’indipendentismo, aveva risposto in modo provocatorio affermando che la Sardegna è già sola, sottolineando l’importanza delle relazioni internazionali e degli scambi tra le nazioni. Nessuno stato può vivere isolato, la collaborazione è essenziale per tutti.

La Sardegna paga già la sua sanità (40% del bilancio regionale!). Le pensioni sarebbero garantite comunque per via dei contributi versati, come succede anche con gli stati esteri.

Il problema va visto su un livello più alto, osservando il modello di “sviluppo” attuale
Da un lato lo stato italiano affossa il sistema produttivo privato con una tassazione sostenibile al nord Italia, ma non sostenibile nell’isola, perché abbiamo un mercato interno di 1.600.000 abitanti. Dall’altro, viene drogato il sistema con contributi assistenziali, distribuiti in maniera coloniale (storicamente a vantaggio di aziende del nord, come nel piano di Rinascita) e clientelare.

Questo meccanismo si conclude con l’autoconvincimento del fatto che “non siamo un popolo di imprenditori”, per qualche motivazione genetica o socialmente immodificabile. Est sa fàula de is fàulas. Questo meccanismo non fa altro che aumentare la dipendenza psicologica verso l’Italia, generando sfiducia in noi stessi, che ci porta nella direzione opposta rispetto ad un percorso di autodeterminazione.

Il modello di “sviluppo” coloniale italiano si conclude con la dipendenza economica, che favorisce tra i sardi la percezione di inferiorità, invece di promuovere un’economia autoctona sana. Smantellare questo meccanismo è fondamentale per liberare l’economia locale dalla dipendenza e per promuovere una maggiore autodeterminazione.
A prescindere dall’indipendenza politica vera e propria, che per ora rimane una bussola, punto di riferimento per le scelte politiche quotidiane.


Immagine: focus.it

[1] fu conquistata solo una parte del sud Sardegna per un anno circa

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