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Capire le elezioni sarde in 6 punti

1 – rappresentare la società, o ridurla in pezzi:

Viviamo in un sistema politico fondato sulla rappresentanza di aree sociali; le aree sociali sono varie e la rappresentanza deve auspicabilmente essere plurale; deve però ancor più auspicabilmente essere adeguata al suo compito, pena la totale confusione di storie, di prospettive, di interessi e di timori; quando lo stato confusionale nella società supera i limiti di guardia la rappresentanza politica si riplasma su umori individuali, su disposizioni amicali ecc., la società si trova esposta a due pessime alternative: la prima, sottrarsi al vaglio elettorale o peggio alla dimensione politica; la seconda, abbandonarsi all’abbaglio immaginifico di un faro sovrastante, ciò che usualmente chiamiamo leader;

2 – organizzare maggioranze, organizzare minoranze:

La riprova della adeguatezza dei soggetti politici, in quanto rappresentativi di aree sociali, consiste nella loro capacità di organizzare il consenso (di aree sociali ampie) come anche di organizzare il dissenso (di aree sociali minoritarie); tutte le scorciatoie sono tossiche: costruzione di leader, esasperazioni umorali, fusioni a freddo, colpi di mano opportunistici sono facce diverse della riduzione della rappresentanza a giri di giostra;

3 – il caso Todde in Sardegna:

Il risultato delle elezioni regionali sarde è oggettivamente rilevante, non solo per la Sardegna ma per il possibile impatto, psicologico e politico, che può avere sull’ondivaga e confusa scena politica italiana; la domanda obbligata è ora questa: a quale tipologia di rappresentanza risponde la risoluzione risultata vincente in Sardegna, cioè l’alleanza pd-cinquestelle? si tratta di una fusione a freddo? si tratta di un ennesimo fenomeno di affidamento a una figura leader? oppure si tratta di una sorta di necessità sociologica, cioè ricostruire una minima corrispondenza tra un’area sociale genericamente popolare, molto ampia, lasciata da qualche decennio in balia di un totale disorientamento e quindi ormai quasi priva di coscienza collettiva? Se il caso Todde sarà in grado di rispondere a questa necessità sociologica, l’esito politico delle elezioni sarde è da salutare come assolutamente positivo: da un punto di vista di sinistra si tratterebbe cioè del soddisfacimento di una condizione comunque necessaria, per quanto insufficiente; parziale, ma presumibilmente in grado di proporre un embrione di classe dirigente non impantanata in rendite di posizione claniche o notabilari;

4 – il caso Soru:

La composizione proposta da Renato Soru denominata “rivoluzione gentile” è sopravvenuta (salvo per la formazione indipendentista “Liberu” che l’aveva regolarmente deliberata da molti mesi) in un breve volgere di giorni e quasi alla vigilia della presentazione di simboli e liste; non solo, tutti i soggetti minoritari che uno a uno vi si sono risolti, erano già da tempo ufficialmente impegnati su un progetto assolutamente diverso, cioè un progetto, appunto, di organizzazione del dissenso: cioè la formazione di una coalizione antagonista; quindi la formazione cosiddetta “rivoluzione gentile” è apparsa da subito, agli occhi di un elettorato oggettivamente strafatto e di già molto rassegnato all’astensione, una plateale fusione a freddo, viziata di sorpresa, opportunismo, illusione di successo, e visibilmente lanciata essenzialmente contro l’alleanza pd-cinquestelle; all’interno di questa opzione, per inciso, è affiorata una antitesi politica oggettiva che da anni affligge la generica sinistra e il pd in particolare: cioè l’antitesi tra renzismo e cinquestelle; il fatto che Soru sia stato a suo tempo un alfiere del governatorismo a retorica renziana, come oggi lo sono personaggi come Calenda o Bonaccini, pone un serio problema di comprensione: come è possibile che una sinistra antagonista sposi gentilezze simili?

5 – dieci piccoli indiani, eppure rimase qualcuno (la resistenza solitaria di Lucia Chessa):

Questo non vuole essere né un buono né un cattivo augurio per alcuno; intende però non trascurare la situazione sul campo per quanto riguarda ciò che mi sta a cuore: mi sta a cuore la necessità vitale di un soggetto politico antagonista, che abbia forza sufficiente nella rappresentanza di un’area sociale apparentemente minoritaria ma diffusa, e intelligenza sufficiente nell’ organizzazione delle sue istanze; un’area costituita da giovani precari, da studenti, da periferie, da paesi spopolati, da immigrati ecc.; ora, con quale affidabilità può essere recuperato a questo fine il naufragio della composizione allineata dietro il nome di Renato Soru? al di là dell’enfasi sui numeretti o della retorica cosiddetta progettuale, cosa ne resta? eppure, eppure la partita elettorale lascia sul campo un segno da cui provare a ritessere: come noto, si tratta della resistenza, coraggiosa, aperta e soprattutto davvero gentile, realizzata dal gruppo denominato “Sardegna R-Esiste”, che portava la candidatura di Lucia Chessa; anche questa resistenza va considerata come una condizione assolutamente insufficiente, e comunque assolutamente necessaria;

6 – cento piccoli enigmi: i paesi dell’interno marciano a destra (elementi del caso Truzzu)

Metà degli elettori non ha votato; metà dei votanti ha votato a destra; un quinto dei votanti ha effettuato il cosiddetto voto disgiunto, in particolare nelle città, determinando un curioso effetto incrociato: da circa cinquantamila voti dei partiti di destra si è disgiunto il voto per il candidato presidente, col risultato di una decisiva inversione nel confronto aritmetico tra Truzzu e Todde, a favore di quest’ultima; la spiegazione di questo paradosso è a questo punto futile: non è per niente futile, però, la considerazione del consenso alla destra, in particolare al più importante partito di governo, da parte di paesi interni storicamente di sinistra o storicamente autonomisti: per esempio, perché centri come Bitti, Sorgono, o Tonara, hanno dato alla destra cifre di consenso che si attestano fra il cinquanta e il sessanta per cento? perché? perché negli umori sociali, e quindi nella loro traduzione politica, il vuoto non esiste: ciò che trascura di fare la sinistra (organizzare consenso, organizzare dissenso) inevitabilmente lo fa la destra, e lo fa con straordinaria facilità; per questo, come che sia, l’alleanza pd-cinquestelle va considerata positivamente, e il fatto che essa abbia trovato come interprete Alessandra Todde può legittimamente essere inteso come un punto di possibile riapertura del dialogo politico; purtroppo, ora come ora non si può contare su niente di meglio.


Immagine: unita.it

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