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informazione sarda

Che succede all’informazione sarda?

De Ivan Monni

Scriveva Pasolini“Per mezzo della televisione, il Centro ha assimilato a sé l’intero paese che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. Ha imposto cioè – come dicevo – i suoi modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di un “uomo che consuma”, ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo.”

Se c’è un settore particolarmente delicato in una democrazia è l’informazione, “quarto potere” fondamentale per la formazione del consenso e del voto, oltre che per imporre modelli culturali.
Il contesto è quello della stampa (di tutto il mondo) che perde migliaia di copie ogni anno, in seguito all’avvento del digitale. Con gli introiti dei quotidiani online, i giornali, non riescono a coprire i costi delle redazioni, che subiscono grossi ridimensionamenti.
La tv è in crisi da contenuti, e subisce il calo di ascolti a favore delle pay per view, anche per proprie responsabilità, data la qualità dei palinsesti.

La formazione del consenso oggi avviene anche sui pochi social network (la cui maggioranza è riconducibile a Zuckerberg) che gestiscono e sostituiscono, nella gestione delle informazioni, migliaia di mass media di tutto il mondo.
Seppur “user generated content”, cioè i contenuti vengono realizzati dagli utenti, non dalle redazioni, i social gestiscono le regole “democratiche” interne, e le applicano in assenza di leggi ad hoc, come dimostra la chiusura dell’account di Trump (giusto o sbagliato che sia, domani potrebbe toccare ad altri, ad esempio agli indipendentisti).

In questo contesto in cui la concentrazione del potere informativo si accentra in poche mani a livello globale, in Sardegna il passaggio al nuovo digitale sta dando la mazzata finale a 8 TV private sarde. Lo riporta l’agenzia giornalistica Agi: “Per questo otto sono state costrette a gettare la spugna: Teleradiomaristella, Canale Gallura, Videolina 4, Gallura Tv, Telegolfo Sardegna, Gallura Channel, Sardegna 2 e Isola Tv.”

L’imposizione del nuovo digitale obbliga le TV ad un aggiornamento tecnologico costoso
, tale da far gettare la spugna alle reti sarde. EjaTv, la coraggiosa tv che parla in sardo, non più attiva sul canale 172, è ospitata sul canale 79.
Mettiamoci pure il fatto che recentemente l’editore Zuncheddu, già proprietario dell’Unione Sarda, di Videolina e di Radiolina ha acquistato la seconda TV sarda: Sardegna1. La Nuova Sardegna è stata acquisita dalla Sae guidata dall’imprenditore Alberto Leonardis, a conferma del fatto che il settore media è in subbuglio. Sopravvivono per fortuna alcune realtà solo digitali, come CagliariPad, Sardinia Post (ceduto da Onorato lo scorso maggio) e pochi altri giornali.
Piccole redazioni, con spalle non capaci a supportare un giornalismo di inchiesta, rischioso per definizione.

I media oggi sono in mano ai big mondiali (Facebook, Google, Amazon, Netflix, Apple…) controllano le informazioni, agiscono da monopolisti ognuno nel proprio campo, dettano modelli economici, scavalcando confini legislativi e fiscali distorcendo la concorrenza.
Pochi player mondiali si sostituiscono a migliaia di player locali della TV e della stampa.
Le tv locali contribuiscono in qualche modo alla resistenza dal basso a questa omologazione culturale-mediatica mondiale, ma il passaggio tecnologico imposto dal governo italiano ha dato il KO definitivo a tante reti sarde.

Di tutto questo la Regione Autonoma della Sardegna pare non occuparsi, lato maggioranza e lato opposizione, impegnata a nominare il futuro parlamentino sardo e ad occupare più poltrone possibili.

Foto de presentada: cagliaripad.it

11 dic 2021

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