La battaglia per la scuola sarda riparte da Ulassai

Ulassai, 1-5 luglio, il sindacato sardo della scuola si è dato appuntamento con un’agenda di lavoro fittissima. 


De Cristiano Sabino

Docenti delle scuole sarde di ogni ordine e grado e personale ATA si sono confrontati sulla difficile situazione della scuola isolana, a partire dagli impietosi dati su dispersione scolastica e record negativo di ammissione agli esami di stato. Sul piatto della discussione l’affermarsi di un modello di didattica sempre più astratta, funzionale al mercato e sradicata dal reale contesto in cui si opera.  

La scuola – ha fatto notare Giancarlo Della Corte – è guidata da una task force ministeriale a forte trazione liberista, accademica ed elitaria che punta alla liquidazione della scuola pubblica rivolta a tutti per una piena e compiuta formazione umanistica per sostituirla con un modello funzionale a tutt’altro. Le politiche di distanziamento e di introduzione coatta della DAD sono state utilizzate come un pretesto per dare un’accelerazione allo svuotamento della democrazia collegiale, di una didattica seria e di sostanza e di un’idea di scuola fondata sul confronto, sulla partecipazione e sulla crescita personale.

Che al Ministero non vi sia infatti interesse per affrontare seriamente le problematiche relative alla pandemia è dimostrato dal fatto che gli organici per l’anno scolastico 2021/2022 sono immutati rispetto agli scorsi anni, vale a dire stesse classi sovraffollate, stessa mancanza endemica di docenti e personale ATA, stessa abolizione forsennata di autonomie scolastiche. Il vero antidoto alla pandemia e ad una didattica sempre più impoverita – ha sostenuto Nicola Giua – è abolire le classi pollaio e su questo aspetto la ministra Azzolina prima e il ministro Bianchi poi non hanno fatto alcun che. Invece si è affermata l’idea che la soluzione a tutti i problemi sia la cosiddetta didattica a distanza.

Altra questione emersa nel corso dei lavori è la tendenza della scuola a diventare un progettificio, a tutto danno della qualità della didattica e della democrazia collegiale. Nel corso del tempo si è sviluppato un meccanismo morboso secondo il quale spesso i progetti – soprattutto quelli PON e POR  – vengono calati dall’alto e gestiti da piccole oligarchie clientelari. D’altra parte che senso hanno, per esempio, i progetti contro la dispersione scolastica come Iscola – ha fatto notare Della Corte – se poi i dati sulla dispersione sono in continua crescita? Anche qui vige una grande ipocrisia, da una parte si elargiscono enormi fondi per realizzare i progetti anti dispersione e dall’altra si chiudono le scuole e si accorpano le autonomie, deprivando territori e comunità del presidio scolastico.

In discussione anche un progetto di legge regionale perché la Regione Autonoma della Sardegna disponga di una sua specifica progettualità in materia scolastica. La scuola sarda – ha precisato Rosaria Piroddi – non può sottostare ai parametri ministeriali economicisti, concepiti per essere applicati a realtà metropolitane con esigenze e condizioni assai diverse da quelle dell’isola.  

Il sistema scuola – ha fatto presente Della Corte – è fondamentale per salvare la Sardegna dalla desertificazione e dallo spopolamento e non si possono applicare meccanicamente tabelle decise a Roma dove ignorano completamente le esigenze fondamentali dei nostri territori e delle nostre comunità. Due esempi fra tutti sono sicuramente quelli della necessaria introduzione della lingua e della storia sarda nel curricolo scolastico e una richiesta di deroga rispetto al dimensionamento scolastico che le giunte Regionali di destra e “sinistra” hanno sempre realizzato a ribasso, aderendo pedissequamente agli standard ministeriali i quali non considerano le specifiche esigenze territoriali.

È inaccettabile – ha dichiarato Andrea Faedda riassumendo i cardini della proposta di legge formulata nel corso dei lavori – che nella scuola sarda la lingua e la storia sarda non abbiano alcuno spazio e vengano relegate a progetti extracurricolari pomeridiani. In Sardegna viviamo una condizione di grave spopolamento e non è possibile chiudere o accorpare scuole, perché ciò vuol dire privare i territori e le comunità locali di un presidio indispensabile per il territorio. Sempre in Sardegna registriamo dati catastrofici relativi alla dispersione scolastica e naturalmente la chiusura e l’accorpamento degli istituti sono di fatto il brodo di cultura dell’abbandono e della rinuncia agli studi da parte degli studenti.  

Il progetto di legge verrà presentato a settembre alla società civile e ai movimenti politici, culturali e sindacali sensibili a questa causa. I Cobas Scuola Sardegna proporranno delle linee di politica culturale di inserimento nei Piani di offerta formativa di percorsi didattici di lingua e storia sarda. Fra l’altro l’autonomia scolastica (legge sull’autonomia scolastica n. 275 / 99) prevede una quota del 20% che permette di introdurre anche nuove materie. L’obiettivo è quello di uscire dal folklore e dalle iniziative individuali e arrivare alla seria programmazione su larga scala per riscattare e veicolare il nostro bagaglio linguistico e storico con pari dignità e riconoscimento.  

Sempre a settembre partirà un’azione di contrasto da parte del sindacato sardo alla DAD e alla DID imposte attraverso l’utilizzo illegittimo di circolari e linee guida senza alcun valore normativo. Di fatto – ha dichiarato sempre Della Corte – la DID e la DAD non hanno base normativa e non potrebbero essere imposte ai docenti che devono rimanere liberi nel loro esercizio costituzionale alla libertà di insegnamento. Noi – argomenta Andrea Scano – siamo per la didattica in presenza e in sicurezza, perché la didattica in presenza – soprattutto per ciò che riguarda gli aspetti emotivi e relazionali – non è sostituibile. Le soluzioni ci sono: classi di massimo 15 studenti, ampliamento dei trasporti pubblici, scaglionamento all’entrata, assunzioni massicce di personale docente e ATA. Le scuole, come gli ospedali e i servizi pubblici fondamentali, non possono essere chiuse e interdette e non possono essere sostituite da surrogati digitali di nessun tipo.

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