La maledizione del Draghi. Tre considerazioni sulla Sardegna

de Cristiano Sabino

Immaginate di dover partire per le vacanze e dover affidare casa vostra a qualcuno perché dia l’acqua alle piante e dia da mangiare al vostro animale da compagnia. Selezionereste il curriculum, valutereste i suoi titoli accademici, decidereste sulla base dell’eleganza o della capacità di parlare le lingue straniere o scegliereste in base alla fiducia? Inoltre, affidereste la vostra dimora a un pluri-pregiudicato per furto in appartamento o truffatore professionista?

Di Mario Draghi è noto che, da ex Direttore Generale del Tesoro, partecipò alla Conferenza sulle privatizzazioni tenutasi sullo yacht Britannia, il 2 giugno 1992. In quell’assise parlò della vendita delle azioni pubbliche per aderire ai parametri di Maastricht e ridurre il debito pubblico. Praticamente un liquidatore fallimentare, anzi, il liquidatore fallimentare per eccellenza!

Vediamo le sue ragioni di allora«un’ampia privatizzazione è una grande – direi straordinaria – decisione politica, che scuote le fondamenta dell’ordine socioeconomico, riscrive confini tra pubblico e privato che non sono stati messi in discussione per quasi cinquant’anni, induce un ampio processo di deregolamentazione, indebolisce un sistema economico in cui i sussidi alle famiglie e alle imprese hanno ancora un ruolo importante. In altre parole, la decisione sulla privatizzazione è un’importante decisione politica che va oltre le decisioni sui singoli enti da privatizzare. Pertanto, può essere presa solo da un esecutivo che ha ricevuto un mandato preciso e stabile».

La guida del governo di “alto profilo” che sta al “di sopra delle parti politiche” – come da testuali parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella – viene messa nelle mani di uno dei massimi teorici delle privatizzazioni di sempre.
Ma c’è un altro passaggio tratto da quel discorso ormai lontano nel tempo che però risulta attualissimo, soprattutto se guardiamo con il senno di poi l’operato di Draghi da presidente della BCE e da falco della gestione della crisi greca (e non solo di quella greca). Un passaggio che letto oggi fa accapponare la pelle, se pensiamo che nelle mani di quest’uomo praticamente tutto l’arco parlamentare e vastissima parte dei media hanno messo “pieni poteri”. Eccolo: «consideriamo questo processo – privatizzazione accompagnata da deregolamentazione – inevitabile perché innescato dall’aumento dell’integrazione europea. L’Italia può promuoverlo da sé, oppure essere obbligata dalla legislazione europea. Noi preferiamo la prima strada».
Capite? O privatizzi, o privatizzi. Puoi farlo tu con le tue mani oppure ti costringiamo a farlo noi.
A questo scenario si aggiunge la gestione dei fondi del Recovery Fund che è praticamente un tesoretto per Confindustria, Assolombarda, per i Benetton e per tutti i grandi gruppi finanziari, costruttori, palazzinari che hanno fatto grossi affari privatizzando gli utili e socializzando i debiti, come tanto piace al capitalismo italiano.
Scrive il politologo Marco Ravelli in una intervista per TPI che Draghi «è la sintesi dei poteri forti, degli eurocrati. E’ un potere forte lui stesso! Uno che è stato direttore generale del Ministero del Tesoro e in quel ruolo ha portato a segno una raffica di privatizzazioni che non stanno nel curriculum di nessun altro. Poi è stato nel board di Goldman Sachs che è una delle banche d’affari che governano il mondo. Poi è stato governatore prima della banca d’Italia e poi della Bce. Insomma, non è mosso dai poteri forti. Ne incorpora tutte le caratteristiche”.
Se la vostra casa sono sanità e scuola pubblica, piccolo risparmio, ciò che resta del trasposto pubblico e dei servizi di base – e mettiamoci dentro anche le misure contro la povertà a partire dal reddito di cittadinanza – dareste le vostre chiavi di casa a Mario Draghi? Se la vostra casa è la Sardegna affidereste le chiavi al signor Draghi che per spendere i soldi del Recovery piazza 9 ministri lombardi su 25 e zero alla Sardegna? Io no, manco morto!

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Poi c’è la questione del governo tecnico che – come molti osservatori hanno fatto notare – è un’invenzione tutta italiana. Fa giustamente notare Ida Dominijanni su Internazionale che il fine di tutta questa operazione è stato chiaramente quello di «mettere la ricostruzione post-pandemica italiana nelle solide mani della governance europea, chiudendo in anticipo la discussione pubblica, (…) sulla distribuzione delle risorse, sulla contraddizione fra logica del profitto e logica della cura».
Non che Conte 1 e Conte 2 fossero l’espressione della «logica della cura» – per carità -, ma si può sempre migliorare nella gestione diretta della politica da parte dei gruppi privati, della classe economica al potere, delle oligarchie europee, dei famelici predoni italici troppo generosamente chiamati grandi imprenditori.
vediamo di trarre alcuni insegnamenti che possono essere utili a ravvivare un po’ di dibattito politico in ambito sardo e “sardista” (dove con sardista non si intende assolutamente salvinista o simili).

Prima considerazione
la Costituzione repubblicana che viene osannata dai pochi e accaniti residui metafisici della sinistra italiana in Sardegna, permette a un medesimo Parlamento di esprimere nel giro di poco più di 3 anni:
– una maggioranza: antieuropeista e anti establishment (o almeno sedicente tale);
– una maggioranza non più antieuropeista in cui si sostiene di incubare i prodromi di un nuovo “centro sinistra” che sperimenta la politica dei bonus, dei ristori e delle mance alla plebe;
– una maggioranza guidata da un uomo della Goldman Sachs, eurocrate di ferro, saldamente ancorato al mondo dell’alta finanza e della speculazione e tetro protagonista del pugno di ferro contro i popoli europei.
Insomma, la Costituzione che doveva essere il baluardo della democrazia progressiva per costruire gradualmente la società socialista (secondo i dirigenti del Pci del secondo dopoguerra) si è invece rivelata lo strumento più idoneo per costruire i governi del presidente (o governi tecnici) diretta espressione di banche, oligarchi, industriali ed alta finanza.
Brutto colpo per l’ultimo baluardo della sinistra italica che ancora ne rivendica orgogliosamente il potere taumaturgico e salvifico.

Seconda considerazione
: in Sardegna il voto ai 5Stelle alle ultime politiche fu un plebiscito. Dentro ci stavano certamente tante cose, ma sicuramente uno degli aspetti fondamentali era il sentimento anticasta e la voglia di una politica più vicina ai cittadini e al territorio, fra l’altro giusto e condivisibile. Un sentimento popolare, a tratti populista e viscerale, poco orientato, largamente motivato però dal sentimento di abbandono di una terra e di comunità prive di prospettive. La domanda che ci dobbiamo porre è perché questo sentimento sociale e popolare non è stato veicolato dall’indipendentismo politico che anzi, ha fatto di tutto per assumere una fisionomia algida, dirigista e sempre più identificabile con gli interessi delle oligarchie. Se guardiamo agli ultimi candidati indipendentisti e alle scelte tattiche delle diverse sigle, la risposta è chiarissima: candidati estranei alle lotte, esangui, privi di carisma, improvvisati e imbottiti da spin doctor a tre mesi dalle elezioni.
La gente aveva il sangue agli occhi e gli indipendentisti rispondevano con la “rivoluzione tranquilla”, le persone volevano sentir parlare di salario minimo, reddito, forti misure sociali e gli indipendentisti rispondevano con “fondi europei” e con “abbassare il costo del lavoro”. Le persone volevano discontinuità e radicalità e gli indipendentisti si presentavano con tre liste debolissime e rappresentate da personaggi tutti più o meno identificabili con la casta e con l’élite. Insomma, quel che si dice una linea politica azzeccata!

Terza considerazione
: tutta la partita sul passaggio tra Conte e Draghi è stata giocata sui fondi del Recovery Fund di cui alla Sardegna non sarebbe arrivato nulla o quasi e continuerà a non arrivare nulla. In più il governo “di alto profilo” – architettato dall’«eroe» Mattarella (definito così da famose testate liberal del giornalismo italiano che passano per essere la voce della sinistra) – piazza 18 ministri del nord su 25 di cui 9 sono lombardi.
In palio c’è la spesa dei 209 miliardi del Recovery e ciò non può certo essere considerato frutto del caso. Non che la classe politica meridionale e sarda rappresenti una garanzia di  aderenza ai territori dimenticati o sfruttati dallo Stato, ma era dai primi governi della destra storica che non si vedeva una chiara e sfacciata gestione politica del Nord come con il governo entrante. Lo diciamo da mesi ed era già chiarissimo con le politiche messe in campo da Conte sulla gestione della pandemia, ma oggi siamo davanti ad una escalation: il “partito trasversale del Nord” – cito un comunicato a caldo della rete il Sud Conta – «scende direttamente in campo per drenare le risorse verso le grandi società del Nord e “evitare che il Recovery Plan sia un meccanismo di perequazione territoriale”». Piazzare Giorgetti allo Sviluppo Economico, Mara Carfagna a Sud e coesione territoriale e Mariastella Gelmini ad Affari generali e autonomie appare un vero e proprio insulto alle gravi problematiche che vivono territori sempre più ignorati e dimenticati dello Stato.

Furat chie benit dae su mare” dice un antico detto sardo. E le cose stanno esattamente così. Il prezzo che pagheranno i lavoratori, le classi subalterne e i territori marginalizzati come la Sardegna sarà lacrime e sangue. Ma c’è anche una possibilità. Decine di migliaia di sardi hanno sperato nel M5S come agente di cambiamento e altrettanti hanno sempre votato partiti impresentabili e trasformisti pur di «battere le destre». Adesso il Re è nudo, gli anticasta e gli antifascisti di un tempo governano gomito a gomito con la Lega al servizio di un banchiere senza scrupoli.

In politica il vuoto non esiste e se esistesse un’offerta politica popolare, sarda, sociale, non settaria ci potrebbero essere grandi sorprese. Ma c’è qualcuno che veda l’aprirsi di questo enorme spazio? La questione sta tutta qui. E a mio parere è l’unica cosa di cui oggi si dovrebbe discutere. Con assoluta urgenza.

Foto de presentada: biografieonline.it

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