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Tortura e censura. Il caso Hasèl accende i riflettori su Madrid

de Marco Santopadre

Negli ultimi giorni sono state numerose, sia in Catalogna sia nel resto del Regno di Spagna, le mobilitazioni di solidarietà nei confronti del rapper catalano Pablo Rivadulla Duró, in arte Pablo Hasél, che nei prossimi giorni dovrebbe essere arrestato.

La Corte Suprema di Madrid ha infatti confermato la condanna inflitta nel 2018 dall’Audiencia Nacional al 32enne per “apologia del terrorismo” e “ingiurie alla Corona e alle istituzioni statali”. Sotto accusa sono finiti i testi delle sue canzoni e una sessantina di messaggi postati sui social, e diretti contro la famiglia reale, la destra, l’esercito, la polizia ecc.

L’entità iniziale della pena, due anni e un giorno e una multa di 24 mila euro, è stata ridotta a nove mesi. Ma, anche se la legge spagnola non prevedeva l’obbligatorietà dell’ingresso in prigione dell’imputato, la Corte lo ha considerato “recidivo” – era già stato arrestato nel 2011 con le stesse accuse e condannato nel 2015 a due anni con la pena sospesa – e “pericoloso” perché in grado di invitare attraverso i suoi versi alla mobilitazione sociale.

La giustizia spagnola non perdona al rapper, comunista e favorevole all’indipendenza della Catalogna, le sue aspre accuse nei confronti delle istituzioni spagnole, che Hasèl considera una eredità del regime franchista. Il cantante, del resto, non risparmia critiche alla due forze attualmente al governo, i socialisti e Podemos, accusandole di ingannare gli elettori e di tradire ogni promessa di serio cambiamento.

Lo scorso 27 gennaio l’Audiencia Nacional ha invitato Hasèl a consegnarsi a un penitenziario entro dieci giorni per scontare la pena, ma il rapper ha chiarito che non lo farà, e quindi aspetterà che alla scadenza dell’ultimatum la polizia lo arresti. Una volta incarcerato, Hasèl potrebbe scontare non solo i 9 mesi dell’ultima condanna, ma anche altre pene che gli sono state inflitte negli scorsi anni per degli alterchi con esponenti dell’estrema destra e che sommate potrebbero costargli fino a 15 anni di reclusione.

Per evitare la carcerazione, nel maggio del 2018 un altro rapper catalano (di Maiorca), Valtonyc, condannato a tre anni e mezzo di reclusione per “apologia del terrorismo”, “ingiurie alla Corona”, “incitamento alla violenza” e altri reati d’opinione, è fuggito in Belgio dove tuttora risiede. Anche in questo caso è stata una canzone contro il sovrano spagnolo a costare cara all’artista antifascista e repubblicano.

In diversi interventi e conferenze stampa, Pablo Hasèl ha chiarito che non intende né fuggire all’estero né chiedere un indulto perché – ha spiegato – vuole utilizzare il suo arresto per suscitare un’ondata di indignazione e di mobilitazione contro la repressione e la sistematica violazione della libertà d’espressione da parte della magistratura spagnola, all’interno della quale operano indisturbati, fin dalla fine del franchismo, giudici espressione dell’estrema destra nostalgica, monarchica e ultranazionalista.

L’arresto di Pablo Hasèl potrebbe rivelarsi però un boomerang per il governo spagnolo, impegnato nella campagna elettorale per il rinnovo del parlamento catalano, rivelando anche a livello internazionale la sistematica violazione della libertà d’espressione. Già nel 2017 l’organizzazione internazionale Freemuse, con sede in Danimarca, aveva denunciato che la Spagna era in testa alla classifica degli artisti incarcerati, con 13 casi, davanti a Cina, Iran, Egitto e Turchia.

Come se non bastasse alcune settimane fa la Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo ha condannato la Spagna, per l’undicesima volta, per non aver indagato accuratamente e correttamente alcuni agenti di polizia responsabili di torture ai danni di un prigioniero politico basco, Iñigo Gonzalez, arrestato a Pamplona nel 2011 insieme ad altri 5 militanti della sinistra indipendentista. L’aggravante è che il giudice istruttore che avrebbe dovuto ordinare indagini accurate, difendere i diritti del detenuto ed eventualmente sanzionare i torturatori era Fernando Grande-Marlaska, attualmente Ministro degli Interni del governo di Pedro Sànchez.

Appare paradossale che Valtonyc sia in esilio e che Pablo Hasèl rischi di scontare una lunga pena detentiva per aver, tra le altre cose, denunciato le ruberie dei componenti della famiglia reale quando l’ex re Juan Carlos è da alcuni mesi rifugiato ad Abu Dhabi perché indagato per delle mazzette ricevute dalla famiglia reale saudita, o per aver insistito sul fatto che la polizia spagnola tortura.

Foto de presentada: rtve.es

5 feb 2021

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