Abbiamo intervistato Luana Farina, portavoce uscente di Caminera Noa. Luana fa anche parte del movimento “Donne libere in lotta per il diritto alla salute”, ma si occupa con competenza del tema sanità a 360°.
Dalle sue risposte è emersa l’esigenza di tornare a parlare con la gente per favorire l’elaborazione di proposte e soluzioni agli innumerevoli problemi che attraversano l’Isola.
De Riccardo Pisu Maxia
Ciao Luana e bentornata negli spazi de S’Indipendente. Siamo qui per parlare di Caminera Noa: che cos’è e quali sono i suoi obiettivi politici?
“Femminista intersezionale, popolare e sardo” è il frame con cui descrivete il progetto. Che proposta portate alla società sarda?

“Bisogna tornare a parlarsi e tornare a parlare con la nostra gente, nelle piazze, costruendo un’affollata agorà di competenze politiche, con il compito di aprire e stimolare il dibattito pubblico”
Viviamo un periodo di grave crisi del sistema sanitario sardo, che interessa tutti i territori. Come si pone Caminera Noa davanti a questo tema?
«Caminera Noa esordì proprio con un’azione politica in difesa della sanità pubblica sarda contro la privatizzazione e l’elargizione di denaro pubblico sottratto per essere dato ai privati. La nostra posizione è sempre la stessa: i soldi pubblici devono essere destinati solo al pubblico, per migliorarlo e potenziarlo. Siamo per la riapertura e il rilancio dei presidi chiusi o depotenziati. Se questi fossero stati ancora attivi durante il COVID, avrebbero aiutato tantissimo a far fronte all’emergenza, impedendo anche che i grandi centri sanitari, ormai sviliti da anni di mala gestione, fossero presi d’assalto.
Il disastro della sanità pubblica sarda non solo è sotto gli occhi di tuttə, ma ahinoi è vissuto drammaticamente sulla pelle della stragrande maggioranza della popolazione. L‘inettitudine dei politici nella gestione della sanità pubblica precede di molto il COVID, che ha soltanto messo ancor più in evidenza il danno perpetrato e reiterato sulla sanità, iniziato dalla Giunta regionale di centro sinistra di Pigliaru, con la riforma Arru, e che prosegue ora con la Giunta destro/leghista di Solinas, grazie a “l’acabadore” Nieddu.»
Il campo dell’autodeterminazione appare affollato da una insieme di sigle che spesso confonde l’elettorato. È possibile o pensabile una semplificazione?
«Semplificare il quadro politico del mondo autodeterminazionista è possibile. Le ultime tornate elettorali insegnano, però, che non bisogna cercare né scorciatoie né “improvvisazioni”, che occorre costruire una coscienza popolare sarda dal basso, partendo dai problemi dei vari territori, amministrando politicamente i comuni e proponendo soluzioni alternative allo sfacelo economico e sociale prodotto dal duopolio coloniale della destra e della sinistra italiane.
È impensabile continuare a credere in un rilancio della battaglia per l’autogoverno, l’emancipazione o l’indipendenza di questa terra, sulla base della spinta del “personaggio di grido del momento” che si eclissa dopo la sconfitta! Così come non porta da nessuna parte, se non su una comoda poltrona, entrare in coalizione con il centro destra o il centro sinistra italiani. Non avendo alcuna possibilità di incidere sul presente, o determinare alcuna politica di cambiamento reale, è perfettamente inutile e controproducente riproporre e riproporsi con le medesime modalità elettorali.
Bisogna invece tornare a parlarsi e tornare a parlare con la nostra gente, nelle piazze, costruendo un’affollata agorà di competenze politiche, con il compito di aprire e stimolare il dibattito pubblico attorno a tematiche di ogni tipo, favorendo l’elaborazione di proposte e soluzioni agli innumerevoli problemi che attraversano l’Isola, contro le discriminazioni e la subalternità della nostra terra nelle decisioni che contano e che ci interessano da vicino; costruendo dunque un luogo di confronto politico che faciliti la costruzione dei progetti elettorali e la scelta delle figure più adatte a rappresentare le istanze del mondo autodeterminazionista.»
Il 23 gennaio avete convocato la vostra assemblea plenaria. Novità in vista?
«Diversamente da quanto siamo abituati ad assistere, abbiamo aperto il dibattito attorno a una proposta di riorganizzazione del movimento “dal soggetto-progetto, al movimento organizzato”, realizzata con il contributo di nuovə e vecchiə attivistə, desiderosi di fissare degli obiettivi politici di media-lunga durata e rilanciare il dibattito sul fronte politico, culturale e sindacale. L’intenzione è di mettere in rete tutte le realtà politiche – comitati, circoli, associazioni, collettivi ecc. – che si riconoscono nel principio dell’antirazzismo, dell’antifascismo, dell’anti-sessismo nel senso più ampio del termine, dell’autodeterminazione nazionale e del diritto a decidere, della sostenibilità ambientale e del superamento del sistema liberista e del capitalismo.
Vogliamo andare oltre le sole proposte di lotta e di mobilitazione, modalità certamente sempre valide, ma soprattutto coltiviamo l’idea della costruzione di un’organizzazione politica di massa, articolata e radicata sui territori, che faccia un lavoro propedeutico di vicinanza, dialogo e scambio di informazioni con chi vive – a volte anche nelle problematiche socio-economiche – nei diversi territori della Sardegna, per dare a tutte le lotte e rivendicazioni un respiro e un consenso popolare.»
«Grazie Luana.»
«Grazie a voi.»
In alcune parti di questo testo Luana Farina usa la ə. Si tratta di una proposta di apertura della lingua italiana a più generi. Abbiamo scelto di utilizzare tale grafia nelle risposte
La schwa (ə) non è una proposta di apertura a più generi, anzi, evita proprio di assegnare un genere per evitare un linguaggio sovraestensivo solo maschile.
Quello che dici è impreciso. L’uso dello schwa (ə) si usa a sostituzione del maschile sovraesteso MA non preclude l’utilizzo parallelo del genere femminile e maschile per chi lo desidera (ad esempio, se una donna trans desidera che si usi il femminile parlando di lei può continuare a farlo nonostante esista lo schwa). È quindi vero che è una proposta di “apertura” della lingua a più generi perché oltre a quello può essere usato anche per le persone non binarie, per le persone intersex, qualsiasi altro genere nello spettro, e chiunque decida che quella forma è più rappresentativa per ləi. La proposta nasce da Vera Gheno, linguista, e il sito italianoinclusivo.it è stato creato da lei, e proprio nelle prime righe dice “L’italiano inclusivo è una proposta di estensione della lingua italiana”. Estensione, quindi, apertura.