L’artigianato artistico sardo “non ci sta”
de Federico Coni
È fresca di qualche giorno l’iniziativa portata avanti sotto il Consiglio Regionale della Sardegna dagli artigiani dell’Artistico di Artimanos – Sardegna Maestri Artigiani e del coordinamento dei Centri Commerciali Naturali della Sardegna.
La mobilitazione è servita a portare all’attenzione dell’opinione pubblica la raccolta firme che ha coinvolto 160 imprese dell’artigianato artistico sardo. Ai rappresentanti politici della Regione Autonoma della Sardegna si richiede a gran voce di inserire nella prossima manovra finanziaria la questione dei ristori per le imprese dell’artigianato artistico, escluse dal contributo economico in quanto “dimenticate” dal governo centrale che non ha previsto i codici AtEco delle suddette imprese.
Tale problematica era stata fatta notare anche in passato, dato che – fatto grottesco – in Sardegna non si sa con precisione quante siano le imprese dell’Artistico realmente esistenti. Gli artigiani sardi contano un numero che può andare dalle 250 alle 400 imprese, tra cui le molte individuali, qualcuna familiare e diverse con dipendenti.
Si tratta, però, di numeri difficili da estrapolare dagli elenchi delle Camere di Commercio, confusi e mischiati nell’Albo delle imprese artigiane con edili, carpentieri, idraulici, autotrasportatori, odontotecnici, meccanici, falegnami, serramentisti, riparatori, manutentori, ecc. La differenziazione dalle altre categorie sussiste perché quelle dell’Artistico sono spesso imprese dove la trasformazione prevalentemente manuale della materia non può e non deve essere sostituita dalle macchine, dove il fatturato è talmente esiguo che rappresenta la microscopica parte di quello che, invece, possono generare le altre imprese chiamate artigiane.
Insomma, l’Artistico si trova in una sottilissima via di mezzo tra impresa artigiana e impresa “culturale”, depositaria di antichi saperi che purtroppo non si trasmettono più nelle scuole.
È assurdo che si spenda in nome dell’artigianato dimenticandosi degli artigiani. Ed è triste che si usi l’artigianato per abbellire gli spazi dove le istituzioni fanno bella figura, quando poi importanti risorse da destinare alla promozione del comparto si trasformano in sponsor sulla maglia del Cagliari Calcio per mezzo del logo I.S.O.LA. (Istituto Sardo Organizzazione Lavoro Artigiano).
I.S.O.LA. che – è bene ricordarlo – è l’Ente per la promozione dell’artigianato artistico, soppresso da Soru e assorbito nell’Assessorato al Turismo senza che ciò abbia comportato alcuna efficacia. Sono state create, infatti, figure di “esperti dell’artigianato” per creare archivi dei saperi artigiani come a volerli musealizzare, quando invece le botteghe sono un patrimonio vivo di saperi e da chiuse non trasmettono più nulla.
E il ritorno di immagine dal finanziamento alla Squadra di calcio? No, non porta nulla nelle tasche degli artigiani.
L’obiettivo della raccolta firme e dell’iniziativa portata avanti da noi artigiani non ha visto la collaborazione fattiva delle associazioni di categoria, che hanno preferito muoversi per conto loro. Eppure, il messaggio è passato: siamo stati ricevuti in Consiglio Regionale, siamo stati sentiti da un numero importante di rappresentanti, sia della maggioranza sia dalla minoranza, abbiamo consegnato le firme a corredo delle nostre richieste. Ora aspettiamo di vedere i risultati.
A gran voce, da anni, tanti anni, stiamo chiedendo alla Regione di fare pressione sulle Camere di commercio per istituire un Albo delle Imprese dell’Artistico, tipico e tradizionale, per fare chiarezza, per creare i giusti distinguo tra la categoria degli artigiani artistici, che operano manualmente, che fanno il “bello” creativo, e gli artigiani altri, che sono la stragrande maggioranza e che godono di tutt’altre condizioni di lavoro (senza nessun intento di volerli sminuire, beninteso).
Inoltre, è doveroso denunciare il fatto che, con la trasformazione degli Istituti d’Arte in Licei, si è data una pugnalata alla formazione di base per i futuri artigiani artisti: a chi verrà in mente di percorrere questo tipo di strada professionale se la scuola non fa più la formazione di base e se le botteghe chiudono? Nell’omologazione generale le radici si perdono e senza radici nessun popolo può prosperare liberamente.
A causa delle restrizioni Covid, la mobilitazione è stata altamente simbolica. Una delegazione di artigiani ha attaccato simbolicamente al suolo i nomi delle 160 imprese a mo’ di pietra d’inciampo e ha simbolicamente consegnato le chiavi dei laboratori al Consiglio Regionale. Ci siamo stufati di essere esaltati per le bellezze che produciamo se poi a noi che le facciamo non solo non ne viene niente, ma veniamo massacrati di tasse, burocrazia, regole assurde.
La pandemia e la sua mala gestione da parte della politica statale e isolana sono state il colpo di grazia per molti di noi che erano già in ginocchio e già vedevano dura la possibilità di rialzarsi. Le disposizioni anti-pandemia, infatti, hanno tragicamente peggiorato la situazione. Le occasioni di vendita si sono drasticamente ridotte non solo per la “crisi del turismo” ma anche a causa della sospensione di tutte quelle occasioni normali della vita sociale e civile, come feste religiose e ricreative, matrimoni, cresime, comunioni, manifestazioni sportive, culturali, musicali, rassegne gastronomiche, sagre. La conseguenza è stata un calo del 70% del fatturato, che era di per sé comunque magro. Non si ha più liquidità: chi è stato un po’ più fortunato ha dato fondo ai risparmi per tirare un po’ più avanti, ma adesso la cinghia non stringe più.
Il bando R-Esisto, pensato per dare liquidità a imprese strutturate non è studiato per le imprese individuali di cui – si è detto – l’Artistico è in larga parte costituito. Tale bando, di fatto, escluderebbe a priori le imprese forfettarie, che hanno una fiscalità semplificata proprio per i bassi numeri di fatturato che producono.
Alle istituzioni isolane abbiamo chiesto ossigeno per le imprese dell’Artistico.
L’alternativa è drastica: o questo ossigeno arriva immediato, o un altro anno così porterà al definitivo decesso di un comparto in agonia che non può competere nel mercato globale, alle regole del mercato. O si capisce che l’artigianato è cultura e salvaguardia delle radici o abbiamo finito di esistere, e con noi una parte importante del popolo sardo.
La sopravvivenza di una bottega è una lotta. Chi abbandona la propria lo fa a malincuore, perché costretto. E il danno peggiore è che con la chiusura si perde senza possibilità di recupero un altro, ennesimo, pezzetto di saperi.
Abbiamo il dovere morale di invertire la rotta!
Foto de presentada: Philipp Lublasser on Unsplash
31 gen 2021