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Matrimoni di lusso e overtourism: due fenomeni correlati (e anche dannosi!)

Dalle nozze di Jeff Bezos al caso della Sardegna: la crisi ambientale, sociale e culturale dei territori e i fattori che la aggravano

Come ha messo in luce l’articolo di Alessandra Saiu recentemente pubblicato su S’Indipendente, il matrimonio di Jeff Bezos e Lauren Sanchez è da mettere in correlazione con il contesto in cui si è svolto.
Venezia non è un posto come un altro: è considerata l’emblema dell’iperturismo, tanto che da anni le amministrazioni cercano di far fronte al fenomeno con alcune misure. Tra esse, l’introduzione di un ticket di ingresso, esattamente come si fa nei parchi a tema.
Venezia rimane una destinazione del turismo di massa, nonostante — ad esempio — dal 2021 sia stato vietato l’attracco di navi da crociera a causa dell’impatto ambientale da esse prodotto e di alcuni incidenti, quindi per ragioni di sicurezza.
Nel 2023 è stato installato un contatore in una libreria del centro che serviva a monitorare il numero dei posti letto turistici a fronte di quelli dei residenti e attestarne lo squilibrio crescente.

Lo sbilanciamento verso un tipo di turismo che non tiene conto delle esigenze e dei diritti della popolazione residente privatizza i servizi (e gli spazi) e collettivizza gli effetti negativi, a fronte della concentrazione dei benefici nelle mani di pochi soggetti a scapito di una manodopera sottopagata e senza tutele. Lo sfruttamento del territorio, sottratto alla cittadinanza, è funzionale a fare di esso un luogo di estrazione per il capitale. Tale meccanismo riflette le disuguaglianze che fanno sì che esista una concentrazione di ricchezza tale da superare il picco raggiunto durante l’Ottocento.
Una ricchezza di queste proporzioni nelle mani di così poche persone dà a loro un potere e un controllo sulle risorse quasi illimitato. Questo per dire che non solo l’overtourism fa da cornice e contesto al matrimonio di uno degli uomini con più potere al mondo, ma è uno dei fattori che hanno reso possibile che una coppia abbia potuto tenere in ostaggio una città, per togliersi uno sfizio, ovvero trattare Venezia come una location, a proprio uso e consumo.

Turismo di massa e turismo di lusso (in cui si può far rientrare anche la parte dell’industria dei matrimoni) sono interconnessi in quanto parti di un intero sistema economico entro un sistema produttivo globale e capitalista.
Quello del turismo di lusso fatto passare per turismo di qualità, più virtuoso e sostenibile, è un falso mito. Non è, infatti, solo questione di “numeri”, ma, ad esempio, di ingiustizia climatica. L’inquinamento prodotto dall’1% più ricco al mondo è, in generale, molto superiore a quello del resto della popolazione. Tuttavia, l’impatto sull’ambiente dei super ricchi è drasticamente sottostimato dall’opinione pubblica rispetto a quello delle persone con un reddito basso.
Secondo un’analisi pubblicata ne Il Sole 24 Ore, Elon Musk e Jeff Bezos emettono in 90 minuti le stesse emissioni di carbonio che una persona media produce in tutta la sua vita.
I soli due jet privati di Elon Musk generano circa 5.497 tonnellate di CO₂ all’anno, una media di 15 tonnellate al giorno, pari alle emissioni vitali di undici persone.

Si può davvero ignorare, quindi, l’affluenza di yacht, jet e aerei privati a Venezia per il matrimonio di Bezos e Sanchez? E l’impatto che lo stile di vita delle persone ultra-ricche, in generale?

Fare un confronto tra il turismo di massa (ad esempio quello delle navi da crociera) e il turismo di lusso non è così semplice come sembra: in entrambi i casi le conseguenze sull’ambiente non sono al centro di studi indipendenti ed è messo in secondo piano nel dibattito pubblico, a fronte dei potenziali vantaggi. Tuttavia anche in questo caso non esistono osservatori e studi super partes che attestino la reale ricaduta sulle economie locali, in modo da compararla con gli effetti negativi.

Nemmeno sui dati in merito agli introiti del matrimonio di Bezos e Sanchez a Venezia c’è trasparenza: in altre parole non è possibile verificare in modo indipendente i numeri sbandierati da personaggi pubblici, politici e dai media.Soprattutto, le stime tengono conto di un ritorno immateriale di immagine, ma non degli effetti negativi.
Le donazioni a pioggia non sono altro che washing e, soprattutto, Venezia non necessitava di ulteriore pubblicità, essendo una delle destinazioni più desiderate al mondo.

La progressiva esclusione dei residenti per effetto della sovraturistizzazione ha un ruolo importante nella trasformazione dei paesi e delle città in non-luoghi, gusci vuoti, parchi giochi, arene di consumo. Ciò favorisce il loro sfruttamento senza limiti.

La Sardegna

Nel maggio del 2023, varie testate giornalistiche hanno rilanciato la notizia della comparsa di un gazebo di grandi dimensioni sull’isola di Tavolara, sul litorale di Cala Finanza (Loiri Porto San Paolo).
Un’area costiera tutelata con vincolo paesaggistico e di conservazione integrale. Si venne a sapere che la struttura era (fonte ANSA) “stata montata a corredo dell’esclusiva tenuta di Villa Joy – residenza per miliardari immersa nella macchia mediterranea con una villa padronale, due dependance, campo da tennis, area eliporto, molo e due spiaggette private – presa in affitto per festeggiare con un party che si terrà il 10 giugno, le nozze del principe Al Hussein bin Abdullah II, erede al trono di Giordania, con la discendente della famiglia reale saudita Rajwa Khaled bin Musaed bin Saif bib Abduklaziz Al Saif.”

Secondo IlPost “al sindaco era stato anche prospettato il fatto che la festa avrebbe rappresentato un’opportunità sia dal punto di vista del turismo, con molti arrivi di persone con ampie disponibilità economiche, sia perché avrebbe dato opportunità di lavoro, seppur temporaneo.”
Un vero e proprio abuso, al di là dei cavilli legati al carattere amovibile della struttura, che dimostra come il dislivello economico e di potere che ne deriva autorizzi chi lo detiene a sentirsi legittimato a fare ciò che crede dei luoghi, in virtù del denaro che possiede.
Di esempi come questo se ne potrebbero fare tantissimi.

L’industria dei matrimoni di lusso in Sardegna esiste già
Nel 2024 l’Isola è stata la destinazione del “SoulStir Trip per scoprire i paradisi del sì.
Si trattava di un sopralluogo effettuato da agenzie internazionali specializzate nel turismo dei matrimoni di lusso. Nello stesso articolo di ANSA si legge che la Sardegna è al centro di un progetto per trasformarla in destinazione per le nozze da 20 anni.
Nel marzo del 2025, Fausto Piga (FdI), promotore di una legge per valorizzare i wedding planner, ha dichiarato: “un sì detto in spiaggia o, meglio, davanti a un nuraghe, può valere molto per l’immagine della Sardegna nel mondo”. Una logica che sembrerebbe non tenere in debito conto la complessità della questione di un uso dei siti culturali e archeologici diverso da quello pubblico, finalizzato a garantire la fruizione e l’accessibilità alla popolazione, in un settore in perenne crisi da mancanza di finanziamenti e di lungimiranza nella gestione.
Per Piga, inoltre, la filiera del wedding tourism è capace di produrre “evidenti” ricadute sull’economia locale. Sarebbe interessante leggere delle relazioni di monitoraggio in merito, se fossero facilmente reperibili.

Mi limito quindi a fare un esempio: dal 2018 il paese di Lollove, in provincia di Nuoro, è stato trasformato in un brand della filiera dell’industria dei matrimoni, sfruttando il nome stesso.
“In effetti il nome ci viene incontro e lo vogliamo sfruttare – ha dichiarato Valeria Romagna, assessora alle politiche sociali di Nuoro, intervistata da La Repubblica “Lol-Love è già una ‘love destination’, dove le parole amore e divertimento compongono lo stesso nome”.
“La promozione di Lollove rientra nel piano strategico regionale del turismo qui in Barbagia. Il settore wedding può essere una buona alternativa alla stagione balneare, perché ci permette di far conoscere le bellezze del nostro interno. Lollove è un gioiellino, che ben rappresenta la ricchezza del territorio di cui Nuoro è capoluogo”.
Nell’articolo si legge che oggi non bastano più paesaggi, storia e tradizioni, ma serve attirare l’attenzione sfruttando anche la passione degli stranieri per “le destinazioni autentiche” e il borgo di Lollove (che non è un borgo, ma un piccolo paese), sarebbe perfetto per questo scopo.
Un intero asset economico fondato su stereotipi e luoghi comuni.
Nonostante queste strategie oggi il paese di Lollove conta ancora solo una decina di abitanti. Forse per misurare le “evidenti ricadute” della filiera del “wedding di lusso” sull’economia locale, bisognerà aspettare ancora. Chissà se, nel frattempo, sarà rimasto qualcuno sul posto a beneficiarne, o se finiranno nelle tasche di qualcun altro.

In ogni caso, è un problema sistemico: è il tema della cultura della relazione tra luoghi e persone che li abitano o li visitano a dover essere affrontato, a partire dalla presa di coscienza del fatto che il turismo sostenibile non esiste. Il suo impatto è inevitabile. Ciò cambierebbe i presupposti del discorso, ponendo al centro del dibattito domande come cosa fare per mitigarne gli effetti? Che tipo di turismo vogliamo integrare in un’economia il più possibile diversificata per evitare di dipendere da esso? O ancora, come tutelare il benessere e i diritti delle comunità che devono convivere col turismo?
Gli operatori dei settori in questione dovrebbero essere coinvolti in una revisione dei metodi e delle pratiche di messa a valore. Si può trovare il modo di svolgere attività produttive senza svendere luoghi, paesaggi, culture. Le soluzioni dovrebbero necessariamente essere collettive.

Un territorio non popolato dalle comunità residenti finisce per non essere presidiato, protetto e tutelato. Rischia di diventare terra di nessuno, appannaggio di speculatori a cui non interessa altro che guadagnare, a scapito dei più deboli. Le regioni più fragili, marginalizzate, sono infatti maggiormente esposte, se si include nel discorso la crescita esponenziale del capitale privato a sfavore dei beni pubblici.
La Sardegna è un esempio emblematico: subisce un’occupazione di tipo militare, è oggetto di speculazione industriale ed energetica e di un turismo che mercifica, in modo sempre più superficiale e privo di significato, il patrimonio naturalistico e culturale.
Se a espropriare e privatizzare le terre e le coste (per impiantarvi resort di lusso o distese di pale eoliche) fossero soggetti privati locali, i loro intenti non sarebbero meno spregevoli.

E dopo le nozze Bezos-Sanchez? Cosa rimane?

Le proteste hanno avuto degli effetti concreti: hanno tolto spazio mediatico alla coppia e ai VIP invitati, i media se ne sono dovuti occupare; hanno impedito passerelle e red carpet, e la grande accoglienza che, forse, l’amministrazione si aspettava per “fare bella figura”, non c’è stata. Non solo: la paura di essere contestati ha portato gli sposi a cambiare location, dal centro (come riporta puntualmente Mi Riconosci “dall’edificio storico nel cuore di Cannaregio – in concessione a una società che fa capo al sindaco – a una tesa dell’Arsenale, in posizione decisamente più periferica e ben protetta dai disturbatori”.)
Questo evento ha creato un precedente importante, ma soprattutto ha dimostrato che Venezia non è ancora stata abbandonata alla mercè del migliore offerente, ma ha chi la difende.
Qualcosa di simile avviene anche in Sardegna, in ambiti diversi: quelli della lotta contro la speculazione energetica e contro l’occupazione militare. C’è da sperare che lo stesso spirito di attaccamento alla terra assuma una visione sempre più ampia, capace di vedere le intersezioni tra le varie forme di dominio e di colonialismo.

Manifestare il proprio dissenso serve: eccome se serve.

Immagine: corriere.it

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