Trattativa riservata tra Giunta Todde e Governo Meloni per riscrivere lo statuto sardo?

Sardegna chiama Sardegna, attraverso i suoi portavoce Cristiana Cacciapaglia e Danilo Lampis, rivela una trattativa tra i vertici della Regione Autonoma Sardegna e il Governo italiano relativa alla modifica dello statuto di autonomia. Una trattativa sostanzialmente riservata, inserita in un quadro di relazioni e di procedure rinnovato. Non più, come pare fosse stato deciso in precedenza, un accordo su una bozza comune condivisa dalle cinque regioni a statuto speciale, bensì un percorso specifico per ognuna di esse. La prima a muoversi è stata la Regione Trentino-Sud Tirol, con i rappresentanti delle sue due province autonome. La Sardegna risulta impegnata in una trattativa mentre avvia un percorso di elaborazione suo, a livello di Consiglio regionale, con l’avvio dichiarato di un’apposita Commissione. Proprio nel corso di un’audizione della presidente Todde in quella sede, avvenuta il 2 ottobre, è emersa l’esistenza di una bozza già redatta, di cui non è dato sapere nulla.
Nessuna delle due situazioni – il lavoro della Commissione e la trattativa Giunta-Governo – prende in considerazione il coinvolgimento della cittadinanza sarda nell’importante passaggio giuridico-politico.
ScS denuncia il vulnus democratico che una trattativa riservata tra Giunta sarda e Governo italiano rappresenta, soprattutto se tenuta segreta. Esiste un’analoga operazione fatta a suo tempo dall’ex presidente Solinas, con tanto di proposte puntuali. Da considerarsi superate, si suppone. Su tutto aleggia un velo di opacità.
Nei suoi documenti congressuali, recentemente approvati, ScS propone un’assemblea costituente eletta a suffragio universale, con ripartizione proporzionale dei seggi e un’adeguata rappresentanza territoriale. Il senso della proposta, ribadita in questa circostanza, come si legge nel comunicato fatto avere a tutte le redazioni, è che non sia lecito né democraticamente accettabile avviare una contrattazione di questa portata con quella che ScS definisce “la controparte” (ossia, lo Stato centrale), senza una reale investitura politica né alcun mandato popolare. ScS precisa:
“Sarà questo [l’assemblea costituente, NdR] il luogo in cui riscrivere la nostra Carta fondamentale, riconoscendo finalmente il Popolo e la lingua sarda, affrontando in modo strutturale la questione dell’insularità e costruendo nuove competenze nei settori strategici: energia, istruzione, trasporti, sanità, cultura e tanti altri.
Se Governo e Parlamento dovessero negare questo diritto, si aprirebbe inevitabilmente la strada a una rinegoziazione più radicale dei rapporti tra Sardegna e Italia, come conseguenza logica del rifiuto di una domanda di autogoverno legittima e democratica.”
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Seguiremo la vicenda e vedremo se e quanto il tema del rinnovamento statutario e la questione democratica che esso implica susciteranno l’attenzione delle forze politiche sarde e dell’opinione pubblica, in attesa che la presidente Todde chiarisca la situazione e dia pubbliche delucidazioni su quanto sta avvenendo e su quanto eventualmente già deciso.
Immagine: manifestosardo.org















