Ambiente

129 Articoli

Architettura

3 Articoli

Cinema

8 Articoli

Cultura

148 Articoli

Economia

8 Articoli

Giustizia

8 Articoli

Interviste

49 Articoli

Lingua

45 Articoli

Mondo

26 Articoli

Musica

4 Articoli

Notizie

60 Articoli

Persone

15 Articoli

Politica

212 Articoli

S'Imprenta

133 Articoli

Sanità

13 Articoli

Senza Categoria

1 Articoli

Società

15 Articoli

Sport

5 Articoli

Storia

90 Articoli

Trasporti

3 Articoli

Non perdere le ultime da S'Indipendente!

I fatti di Palabanda

Machiavellica congiura, sfortunata rivolta, fatti…Già sulla denominazione legata all’interpretazione degli eventi che gli storici hanno congetturato sugli avvenimenti che ebbero luogo il 30 e 31 ottobre 1812 a Palabanda, oggi quartiere urbano di Stampace, a Cagliari, aleggia l’ombra del dubbio.

Una delle ipotesi della cosiddetta congiura di Palabanda, la volontà di sostituire il re Vittorio Emanuele I con Carlo Felice, risulta però storicamente poco credibile, considerata l’indole poco incline alle aperture costituzionali di Carlo Felice. 

Quale intellettuale democratico sardo avrebbe desiderato detronizzare un monarca  più moderato a favore di un reggente « feroce »?  Nessun angioyano aveva dimenticato il sangue versato dai patrioti letteralmente martirizzati nel 1802. Basti pensare al notaio cagliaritano Francesco Cillocco e al sacerdote Francesco Sanna Corda.

L’ipotesi maggiormente accreditata è invece quella di una rivolta a coronamento di una serie di moti dal carattere antifeudale, nazionale e popolare.

Il 1812 fu infatti un anno funesto per Cagliari, poiché un’intensa siccità già presente nel 1811, un rigido inverno, la calamità del vaiolo e altre pestilenze, la lunga guerra marittima, le invasioni dei ‘’Barbareschi’’, la condotta tracotante dei funzionari piemontesi, il malcontento dei sardi che si vedevano esclusi o retrocessi nei ruoli della corte e negli impieghi, avevano reso quell’anno famigerato. E, se la borghesia era in difficoltà perché spesso senza stipendio, il popolo era addirittura in miseria. I villaggi, schiacciati da un’esosa fiscalità, erano costretti a pagare più del clero e dei feudatari. I soldati spesso non vedevano arrivare il soldo.

La corte del re e quella del viceré – ogni giorno più voraci – utilizzavano il denaro pubblico a scopi personali. Il re lo investiva in banche londinesi mentre il popolo sardo languiva dissanguato.

Così, sempre vivo e palpitante l’esempio di Giovanni Maria Angioy, spentosi quattro anni prima a Parigi, la rivolta di Palabanda nacque cavalcando l’onda lunga della Sarda rivoluzione i cui semi germogliarono il 30 e 31 ottobre di ‘’s’annu doxi’’ (dell ‘anno 1812).

I capi della rivolta furono, ancora una volta, uomini di legge ma anche sacerdoti, docenti universitari, artigiani che rappresentavano il movimento popolare, a cui si aggiunsero studenti, piccoli imprenditori, bottegai e persino militari. Categorie eterogenee che, unendosi, sperarono di scuotere il potere centrale magari ottenendo una Carta costituzionale sul modello della Costituzione di Cadice (19 marzo 1812) e della Costituzione del Regno di Sicilia ottenuta il 12 luglio 1812.

Riunendosi nell’orto di Palabanda, fra aranci e mandorli, questo manipolo di patrioti aveva sognato una Sardegna democratica e, a difetto di una repubblica sarda, una monarchia costituzionale.

Ricordiamo l’avvocato e ‘’contadore’’ della città di Cagliari Salvatore Cadeddu, anima della rivolta di Palabanda nel cui orto si riunivano i patrioti. Il sarto e capopopolo Giovanni Putzolo, il conciatore e capopopolo Raimondo Sorgia. Il ‘’fornaciaio’’Giacomo Floris, il pescatore Ignazio Floris. Gli avvocati Gerolamo Boi, Efisio Luigi Carrus, Stanislao Deplano, Francesco Garau, Antonio Massa Murroni, Giuseppe Ortu, il tesoriere dell’Università di Cagliari Giovanni Cadeddu, fratello di Salvatore, i tre figli di Salvatore Cadeddu di cui Gaetano seguì Napoleone all’Elba, a Waterloo e –secondo una fonte – persino a Sant’Elena. E ancora i due fratelli sacerdoti Gavino e Francesco Muroni, il docente di Giurisprudenza Giuseppe Zedda, padre Paolo Melis delle Scuole Pie, Antonio Cillocco – fratello del notaio Francesco, martire laico della repressione sabauda del 1802. Efisio Frau, i fratelli Giuseppe, Ignazio e Pasquale Fanni, orafo e capopopolo che avrebbe dovuto invadere Castello partendo da Marina.

‘’La repressione sabauda’’, se di repressione si può parlare per una rivolta mai nata, fu spietata nei loro confronti e le condanne furono la forca, l’ergastolo, il remo a vita, la condanna a morte in contumacia, il confino.


Immagine: comune.cagliari.it

Cumpartzi • Condividi

Lascia un commento / Cummenta

I commenti saranno sottoposti ad approvazione prima della pubblicazione.

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Captcha in caricamento...