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Costa Smeralda: la scoperta del niente

La scomparsa di Shah Karīm al-Husaynī, meglio conosciuto come Karim Aga Khan, fondatore tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Consorzio Costa Smeralda, ha suscitato in Sardegna diverse reazioni e riflessioni. Da una parte gli urli da tifoseria che lo hanno osannato come portatore di progresso e modernità, a cui i sardi dovrebbero mostrare un’eterna gratitudine per averli salvati dalla desolazione e dalla povertà a cui la nostra isola sarebbe, secondo gli osannatori, inesorabilmente destinata perché ciò sarebbe insito nella sua natura disgraziata e immutabile, dall’altra parte le riflessioni di chi critica la cementificazione della costa e chi vede nella realizzazione del progetto Costa Smeralda una mera operazione speculativa, se non coloniale. Divisiva è stata inoltre l’istituzione di una giornata di lutto regionale per la morte del principe, annunciata proprio dalla presidente Todde in accordo con la Giunta regionale.

Benché nessuno abbia alcun interesse o intenzione di mettere in discussione le capacità imprenditoriali di Karim Aga Khan, sarebbe meglio chiedersi, in questo caso come in altri simili, se i grandi progetti, come fu quello della Costa Smeralda, non dovrebbero tenere conto di elementi che troppe volte vengono trascurati in favore del guadagno e del profitto economico di pochi: l’ambiente, e dunque i luoghi, e le persone, quindi le comunità che in questi luoghi vivono. 

Quando Karim Aga Khan arrivò a Monti di Mola (questo il nome originale del territorio che si estende da nord a sud da Poltu Cuatu a Razza di Junco) si innamorò della costa nei pressi di Poltu di li Cogghji durante una delle sue navigazioni sul suo yacht, e dopo aver proceduto all’acquisto delle terre egli diede il via a quello che sarebbe diventato un grandioso progetto che andò oltre la semplice costruzione di strutture di lusso. Un racconto non esente da romanticizzazioni che esalta inoltre “la scoperta” di quel luogo da parte di un ricco avventuriero, e qui vorrei far notare le potenziali accezioni coloniali che la parola “scoperta” implica (pensiamo alle “scoperte” geografiche del XV e XVI secolo e in che cosa culminarono). Per dirla tutta: a Monti di Mola non c’era nulla da scoprire

Tuttavia, è proprio a partire da questa fase di scoperta e di appropriazione delle terre che diedero origine alla Costa Smeralda, che la narrazione ufficiale fa iniziare la storia di quell’angolo di Sardegna, come se prima di allora la zona fosse disabitata, come se per poter esistere essa abbia dovuto necessariamente aver bisogno di essere legittimata dall’arrivo di ricchi investitori che videro in quella terra un potenziale da sfruttare. A questo proposito è bene ricordare la frase pronunciata dalla presidente Alessandra Todde, proprio in occasione della proclamazione del lutto regionale, che nel suo omaggio a Karim Aga Khan ha affermato che egli è stato un valorizzatore della Sardegna in quanto ha creato un modello di sviluppo virtuosoin un contesto territoriale splendido ma difficile da valorizzare”. Un’affermazione del genere è doppiamente allarmante, oltre che pericolosa, in quanto non solo legittima una presunta inferiorità interiorizzata dei sardi, per cui sarebbe normale e sottinteso che un territorio come quello di cui si parla abbia bisogno a priori di aiuti esterni per crescere e per poter essere valorizzato (o per vivere), in più il messaggio è stato pronunciato dalla più alta carica istituzionale sarda, che così affermando legittima questo luogo comune e gli conferisce una certa credibilità.

Quante volte ci siamo sentiti dire che da soli, in quanto sardi, non possediamo le capacità per potercela fare? Ci siamo mai veramente soffermati a riflettere sul perché questa credenza ha penetrato così tanto le coscienze e vi ha aderito in maniera così forte da sembrare impossibile da sradicare? In fin dei conti, quanto la Costa Smeralda ha dato ai sardi, e quanto ha loro tolto?

L’arrivo degli investitori, appartenenti a quella che possiamo definire l’alta società post-industriale, in una zona in cui la sussistenza degli abitanti era basata sull’economia dello stazzo, fu per queste comunità un enorme sconvolgimento, non solo per quanto riguarda i modelli economici di riferimento, ma soprattutto i loro rapporto con quei luoghi. Tale fu la disuguaglianza dei codici di comunicazione utilizzati dalle due parti di interlocutori e tale l’ingiustizia che caratterizzò l’interazione che ne conseguì, che il risultato non poté che essere profondamente traumatico. Oltre alla svendita delle terre, acquistate per delle cifre che erano molto al di sotto del loro reale valore (come ha affermato il prof. Bachisio Bandinu “non c’era coscienza del denaro perché a Monti di Mola il denaro non c’era”), alla costruzione di grandi strutture di lusso al posto dei tradizionali stazzi, un cambiamento importante che forse ebbe un effetto meno immediato, ma non per questo meno traumatico, fu la modifica dei toponimi galluresi in favore di nomi inventati ex-novo o nel migliore dei casi italianizzati, fenomeno che iniziò proprio in questo periodo e che tutt’oggi persiste a causa dell’ingente flusso turistico che interessa da decenni la zona . É il caso di Poltu di li Cogghji, che in onore di Karim Aga Khan fu ribattezzata Spiaggia del Principe” e sotto questo nome è ancora conosciuta ai più, della spiaggia di Lu Stangjali, diventata “Cala Romantica” per l’omonimo residence costruito nelle sue vicinanze, Li Rumasini che è diventato Romazzino, Nibàni, Spiaggia del Cervo.

C’è poi il discorso sul modello turistico incarnato dal progetto Costa Smeralda; sempre nell’omaggio all’Aga Khan, Alessandra Todde ha affermato che la Costa Smeraldaè stata pensata come una destinazione turistica quando questo concetto era ancora di là da divenire. Questa affermazione racconta una verità parziale in quanto ignora completamente il contesto sardo del periodo in cui la Costa Smeralda nacque. Già dagli anni Cinquanta infatti, ben prima che gli investitori stranieri arrivassero a Monti di Mola, Antoni Simon Mossa lavorava ad un modello di turismo alternativo, di tipo insediativo, dove il progetto architettonico diventava “un’ampia conoscenza della propria terra”, dimostrando una grande sensibilità verso il contesto. Mossa fu chiamato a collaborare con gli architetti che lavoravano per l’Aga Khan alla fine degli anni Cinquanta. Uno dei suoi primi progetti per la Costa Smeralda fu quello per il villaggio Sos Frades, che conosciamo oggi come Porto Cervo; Mossa ideò un villaggio di pescatori abitato in parte da abitanti stanziali e per l’altra parte da abitanti temporanei, ovvero da turisti, proponendo così un modello di turismo utile per la Sardegna, estremamente alternativo per l’epoca, basato sulla conoscenza vera tra persone facenti parte di una stessa comunità, sullo scambio, e dunque sulla condivisione. Com’è facile immaginare questo progetto non ebbe successo e fu sostituito da quello che portò alla realizzazione di Porto Cervo come la conosciamo oggi, sulla base di un’idea di turismo invasivo, esclusivo ed escludente, che si sviluppò parallelamente in tutti gli altri progetti della Costa Smeralda.

Antoni Simon Mossa interruppe la sua collaborazione al progetto Costa Smeralda molto prima di ammalarsi, probabilmente per differenze di visioni con chi sosteneva appunto un turismo esclusivo di lusso, anche se non si conoscono i veri motivi e non si possono per questo avanzare troppe ipotesi.
Considerando queste vicende, affermare che Karim Aga Khan è stato l’inventore e il creatore del concetto di destinazione turistica è un errore storico che non tiene conto del contesto culturale di quegli anni (basti pensare inoltre che la Costa Smeralda molto attinge dal “modello Costa Azzurra”, inventato anni prima) e del contributo di Antoni Simon Mossa, che ben prima della nascita del Consorzio Costa Smeralda aveva già ideato e concepito un modello di turismo “sardo”, che poi non fu sviluppato a causa della scomparsa prematura dell’architetto.  

Al di là degli schieramenti pro o contro Costa Smeralda, credo sia importante riflettere sul perché personaggi come Karim Aga Khan abbiano una tale presa sulle coscienze di molti sardi, sul perché riescano a suscitare fascinazione, gratitudine mista a senso di inferiorità, rassegnazione che si trasforma nella speranza che il ricco di turno scopra in noi la meraviglia unica ed irripetibile mentre prende il sole sul suo yacht, mentre noi stiamo fermi, incapaci di attivare il nostro senso critico, a ripetere per tutta la vita che “da soli non ce la facciamo”.

Immagine: wikipedia

Costa Smeralda: s’iscoberta de su nudda

Sa dispidida de Shah Karīm al-Husaynī nodidu comente Karim Aga Khan, fundadore tra is annos Chimbanta e Sessanta de su Cunsortziu Costa Smeralda nd’at pesadu in Sardigna unos cantu repitos e meledos.

A una banda is boghes de is chi dd’ant alabantzadu mancu esseret batidore de progressu e modernidade, unu a chini is sardos diant dèpere mustrare ingraenzu pro s’eternidade pro ddos àere postos a sarvu dae su disacatu e dae sa poberesa, a s’àtera banda is meledos de chini critìcat sa costera furriada a tzimentu e chi bident in su fraigu de su progetu Costa Smeralda una faina de lùcuru ebbia, si nono fintzas coloniale.

Partzidore est istadu, in prus, su de istituire una die de corrutu regionale pro sa morte de su printzipe, nova annuntziada pròpiu dae sa guvernadora Todde, in acordu cun sa Giunta Regionale.

Si puru nemos apat perunu interessu o chèrgiat dibàtere is abilesas de imprendidore de Karim Aga Khan, diat a èssere mègius a si preguntare, in custu atopu e in àteros simigiantes, si is progetos mannos, comente fiat istadu su de sa Costa Smeralda, no diant dèpere tènnere in contu elementos chi a fitianu sunt lassados sena incuru pro favoressere balàngiu e profitu econòmicu de pagos: s’ambiente e duncas su logu, is
persones e duncas is comunidades chi in custos ambientes istant
.

Candu Karim Aga Khan fiat lòmpidu a is Monti di Mola (ca custu est su nòmene originale de su logu chi s’isterret de susu a giosso dae Poltu Cuatu a Razza di Juncu) si nde aiat amoradu de sa costera a presu de Poltu di li Cogghji in s’ora chi fiat colende in cue cun su yacht suo, e in ue a pustis de àere comporadu is terras aiat incumentzadu a nde pesare su progetu mannu chi diat àere propassadu su fraigu de istruturas de lussu ebbia. Unu contu chi non fartat de bisuras romànticas e chi glòriat sa “iscoberta” de unu logu pro parte de unu bagamundu ricu, e inoghe dia chèrrere pònnere annotu in su sentidu “coloniale” chi in sa paràula “iscoberta” cabit (pensemus a is “iscobertas” geograficas de is séculos XV e XVI e comente dd’ant acabbada). Pro dda nàrrere totu: in is Monti di Mola non ddoe aiat nudda de iscoberrere.

Bellegai, est pròpiu partende dae custa “iscoberta” e impoderamentu de su logu chi at àpidu origine Sa costa Smeralda, chi is contos ufitziales faghent incumentzare s’istòria de cussu arrencone de Sardigna, comente chi antis in cussu logu no ddoe bivesset nemos, comente si pro s’agatare cussu logu àeret ammarolla àpidu bisongiu de èssere legitimadu dae sa lòmpida de comporadores ricos chi nd’essèrent bistu e reconnotu su podere econòmicu chi rapresentaiat. In contu de custu diat èssere bonu a nos ammentare sa frase pronuntziada dae sa guvernadora Alessandra Todde, pròpiu in ocasione de s’annùntziu de una die de corrutu regionale, in s’ora de ammentare a Karim Aga Khan at afirmadu ca est istadu unu avaloradore de sa Sardigna pro àere fraigadu unu modellu de isviluppu virtuosu “in unu logu bellu un’ispantu pero trabballosu a avalorare”.

Una frase simigiante ponet pensamentu in prus de èssere perigulosa ca no solu legitimada una presumida inferioridade pròpia a is sardos, pro sa chi diat èssere normale e lògicu chi unu logu comente a su chi semus allegande, apat bisòngiu a priori de agiuda dae foras pro s’afortiare e dd’avalorare (o pro ddoe bivere), in prus su messàgiu dd’at pronuntziadu sa prus arta personalidade istitutzionale sarda, chi gasi narende legitimada custu logu comunu e ddi donat prestìgiu.

Cantu bortas nos ant naradu ca a solos, fatos a sardos, non che la faghimus?

Nos semus postos a beru a meledare subra custa creèntzia chi nch’est istrada in is cussèntzias nostras e si nd’at postu mere, tanti chi paret impossibbile a nche dda bogare? A contos fatos, cantu at donadu sa Costa Smeralda a is Sardos e cantu ndi dd’at leadu?

A su lòmpere is investidores, chi pertenessiant a sa chi podemus defìnire s’arta sotziedade post-industriale, a una cussòrgia in ue sa vida de is chi ddoe istaiant fiat basada subra s’economia de su stazzu at causadu trèulu mannu in cussas comunidades e no solu pro is modellos econòmicos chi imperaiant pro bivere si nono pro sa relatzione issoro cun su logu. Is diferèntzias in is còdighes de comunicatzione fiant gasi a illargu is unos dae is àteros chi is investidores nd’ant leadu profetu e lùcuru dae custa disparidade culturale
e at lassadu comente efetu dolu e tristura.

In prus de comporare is terras cun dinareddu, paghende prus pagu meda de su valore reale issoro (comente at contadu su prof. Bachis Bandinu poita ca “no teniant cussèntzia de su dinare ca a Monti di Mola dinare no ndi ddoe aiat”), de fraigare istruturas mannas de lussu in logu de is statzos de su connotu, mudòngiu de importu chi at àpidu unu resurtu prus pagu deretu però non prus pagu tristu, est istadu su de mudare is topònimos gadduresos pro pònnere nòmenes de imbentu o peus puru italianizandu is originàrios, fenomenu chi at incumentzadu pròpiu assora e chi oe in die sighet pro more de su turismu meda chi pertocat cussu logu dae annos e annos. Poltu di Li Cogghji pro nàrrere, chi in onore de Karim Aga Khan ant numenadu “Spiaggia del Principe” e cun custu nòmene dda connòschent su prus de is sardos puru, de sa plàgia de Lu Stanjali, furriadu in “Cala Romantica” pro more de sa Residèntzia de lussu fraigada a presu, de Li Rumasini chi oe est connota comente Romazzino, o Nibàni Spiaggia del Cervo.

Ddoe at a pustis su contu de su modellu turìsticu de su chi diat èssere esempru su progetu chi, semper Alessandra Todde in su discursu suo in onore de s’ Aga Khan, at naradu ca sa Costa Smeralda “dd’ant pensada comente a destinu turìsticu candu cussu cuntzetu galu cuntzetu no fiat.” Custa frase contat una metade de beridade proite ca non tenet in contu su cuntestu sardu assora chi est nàschida sa Costa Smeralda. Giai dae is annos Chimbanta difatis, galu antis chi is ricos investidores èsserent lompidos a is Monti di Mola, Antoni Simon Mossa fiat trabballende a unu modellu de turismu alternativu, de tipu cussòrgiale, in ue su progetu architetònicu si furriaiat in “connòschimentu mannu de su logu nostru”, mustrende sensibbilidade manna respetu a su cuntestu. A Mossa dd’aiant cramadu a collabborare cun is archimastros de s’ Aga Khan acabbende is annos Chimbanta. Unu de is primos progetos pro sa Costa Smeralda fiat istadu su de sa biddighedda Sos Frades chi oi connoschimus comente Porto Cervo; Mossa
aiat immaginadu una biddighedda de piscadores cun persones chi ddoe biviant a tot’ora pro una parte e turistas chi ddoe biviant una temporada pro s’àtera, proponende gasi un’esempru de turismu utilosu pro sa Sardigna chi a s’època fiat alternativu in manera ispantosa
, unu modellu fundadu subra de su cambiapare e sa cumpartzida. Comente est fatzile a immaginare custu progetu no aiat àpidu bona cumprida e diant remplasadu cun su chi diat àere leadu a sa Porto Cervo chi connòschimus oe, fundadu in s’idea de unu turismu invasivu, scundiu e istagiadore e chi at créschidu paris a is àteros progetos de sa Costa Smeralda.

Antoni Simon Mossa aiat lassadu de collabborare cun su progetu Costa Smeralda antis meda de ruere malàidu, in capas pro ideas chi non faiant paris cun is chi teniant cuddos chi punnaiant a unu turismu de lussu e de càstigu, si puru no nos connoscamus is causas reales e non potzamus pro custu fàghere ipotèsis meda.

Tenende in contu custas acontèssidas, a nàrrere chi Karim Aga Khan apat imbentadu su cuntzetu de destinu turìsticu est una faddina istòrica chi no pigat in cunsideru su cuntestu culturale de cuddos annos (pensamus chi sa Costa Smeralda umprit meda dae su “modellu Costa Azzurra” imbentadu unos cantu annos antis) e de su contribbutu de Antoni Simon Mossa chi sena isetare a nàschere sa Costa Smeralda aiat giai pensadu a unu modellu de turismu “sardu”, chi in segus no s’aiat cumpridu pro more de sa dispedida primidia de s’archimastru.

Addua is posturas pro e contras sa Costa Smeralda, creo chi siat de importu a meledare subra su proite personàgios comente a Karim Aga Khan potzant berrinare sa cussèntzia de sardos meda, subra su proite nde pesent custa maja, reconnoschèntzia e birgòngia impare, acunnortadura chi si fùrriat in avocu chi su ricu de mota iscoberrat s’ispantu e sa meravìgia chi costòimus in s’ora chi est soliende in su yacht suo intames chi nois abbarramus parados e sena sentidu a nàrrere e torrare a nàrrere ca “a solos non nche la faghimus”.

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12 commenti

  1. È giusto osservare la storia da punti di vista differenti. L’imprenditore Karim ha sfruttato una debolezza “storica” di noi Sardi, la scarsa attitudine imprenditoriale, accompagnata da un’atavica staticità cronica. Tutto sommato ci è andata bene se paragoniamo la costa Smeralda a Macchiareddu – Grogastu in quel di Assemini. Laddove c’era una fiorente azienda agricola (Vinalcool) vennero costruite fabbriche di veleni chimici, spacciate per “manne dal cielo” targate Cassa per il Mezzogiorno”. Gli industrialotti nordici si arricchirono, qualche politico locale, pure, ci rimise la Laguna di Santa Gilla, le vigne e i pascoli di Macchiareddu, l’ambiente avvelenato irrimediabilmente in cambio di qualche decina di cassintegrati cronici. Ecco, tra il Principe Karim (e i suoi interessi finanziari) e lo scempio della petrolchimica, preferisco il primo, anche se da Sardopatico avrei preferito la Sardegna. Ma questa è un’altra storia.

  2. In linea con il pensiero dell’amico Gigi, aggiungerei che oltre il progetto Costa Smeralda ne ha guadagnato anche quello che oggi rappresenta il primo Porto della Sardegna per traffico merci w passeggeri: Olbia. Non solo, con il progetto Costa Smeralda nasce quella che oggi sembra affermarsi insieme ad Elmas l’unica realtà aeroportuale meritevole di un certo interesse da parte di più flotte nazionali e internazionali e se non fosse per quel drammatico tratto tipico dei sardi che li connota come irrimediabilmente distinti nel loro microcosmo urbano incapaci di fare dell’unione un grande alleato per la crescita e la prosperità di tutta l’Isola avremmo potuto puntare già da tempo sui voli intercontinentali. A dirla tutta, se è vero che nei monti di Mola non vi era nulla da scoprire è altrettanto giusto riconoscere che dalla sua scoperta ne ha guadagnato un pò tutto il Nord Sardegna e superando i vari ostracismi di Sassari prima e Cagliari dopo, Olbia ce la sta mettendo tutta per poter riuscire a rappresentare con impegno e sacrificio la seconda realtà della Sardegna per attrattività, servizi, infrastrutture e lavoro. Quindi ben vengano in futuro altri Karin Aga Kgan IV sempre che la loro presenza sia direttamente proporzionale al fare e non al disfare dei Sardi.

  3. Ognuno dice la sua,ma Karim era un’uomo che ha dato molto oltre ad avere altrettanto .C’è ne fossero uomini come lui a Cagliari in Regione e a Roma in parlamento e senato,purtroppo non c’è ne sono.

  4. Concordo pienamente con l analisi
    di Gigi A fronte di tante brutture industriali quella creata da Aga Kan
    È semplicemente meravigliosa
    Quindi lo ringrazio con tutto il cuore

  5. Mi spiace dissentire ma il modello Costa Smeralda è unico ed è funzionante in quanto altrimenti, vedi ad esempio Villasimius, Pula, San Teodoro ecc, al posto di una fiorente località ad alto valore aggiunto ci sarebbero stati mini appartamenti o villette a schiera progettate coi pieti e costruire peggio. Basta vedere il rispetto dell’ambiente, l’urbanizzazione studiata nei minimi dettagli e il valore delle case per affermare che l’iniziativa imprenditoriale non è solo fine a se stessa ma genera un ritorno verso la popolazione molto superiore al normale. I dettratori del Principe non me ne vogliano mai chiedo loro: cosa avreste fatto voi se non danno? E mi rifaccio di conseguenza ad una questione attuale: le pale eoliche. Volete venire da fuori a fare soldi con la nostra terra svilendo il territorio e facendo deprezzare l’unica industria che abbiamo? No! Onore al Principe.

  6. Peccato che ai sardi “non i quattro gatti come vengono definiti” che sono tanti non hanno mai visitato la struttura per ricchi della Costa Smeralda, dove tutto costa troppo , per non parlare dei costi per muoversi o per traghetti “come carro bestiame” dove tanti non sono mai usciti dal loro paese e tantomeno verso il tanto famoso detto continente, di cosa parliamo dei ricchi e pseudo politici che hanno contribuito a sfruttare e deturpare il territorio per i loro tornaconto

  7. Penso che molti Sardi abbiano avuto l’opportunità di girare per le coste della nostra isola, e senza citare nessun luogo in particolare, possiamo vedere come sono state gestite da politici locali le urbanizzazioni delle suddette!!!

  8. M’anfatti, torniamo a su connottu.. Giulia, lo dico per te che forse non te ne sei accorta, l’Aga Khan ha lasciato la sardegna nel 1998, 27 anni fa, lo sviluppo della costa smeralda risale a 63 anni fa, tu stai ancora rimuginando questioni vetero indipendentiste, rigurgiti anticolonialisti stantii, muffiti da decenni, oltretutto tirando in ballo Simon Mossa di cui non sai una cippalippa, e tutto ciò da Parigi… buona giornata

    • Caro Simone, la mia è una riflessione personale su un dibattito molto ampio e su un argomento molto complesso, non ho nessuna pretesa di essere esaustiva ma credo di avere ancora diritto alla libertà di parola, il mio obiettivo non è imporre nessuna visione ma alimentare il dibattito e dare voce alla pluralità di punti di vista. Mi dispiace che per esprimere la tua opinione ti senta costretto a ricorrere all’attacco personale pur non conoscendomi e non conoscendo di cosa mi occupo, ci tenevo inoltre a ricordarti che si può continuare ad essere sardi e ad essere impegnati ed attenti nei confronti di cosa succede in Sardegna anche se si vive all’estero. Grazie e buona giornata

  9. Il senso dell’articolo viene esplicitato nel finale, in cui emerge la visione di Giulia, che condivido in toto.
    L’articolo, se grattiamo la superficie, non parla solo dell’Aga Khan, quello è solo uno spunto.
    L’articolo parla di noi sardi, e ci pone di fronte alla scarsa fiducia in noi stessi, in attesa che siano forze esterne a salvarci.

    “mentre noi stiamo fermi, incapaci di attivare il nostro senso critico, a ripetere per tutta la vita che “da soli non ce la facciamo”.”

  10. Salve a tutti, ma siamo proprio sicuri che la turistificazione dei territori e delle città sia un beneficio? O al contrario porti con sé aspetti negativi?

  11. Se c’è qualcuno venuto da fuori che abbia valorizzato la nostra isola e le sue bellezze naturali,trasformandole certox guagagnarci,ma ci hanno guadagnato pure i sardi di tutta l isola..
    Quanti imprenditori edili e nn solo sonno arrivati in cista gallurese alla ricerca di nuovi introiti,e dando lavoro a tantissimi isolani,in tutte le categorie?
    Che sarebbe accaduto senza quel sospiro di sollievo che ha dato karim alla Sardegna?
    Forse hanno fatto meglio le petrolchimiche,o l Amico di Ottana
    Karim nn solo ha valorizzato la Sardegna,ma ha fatto tutto nel pieno rispetto dei suoi territori,basta confrontare Porto Cervo con Portorotondo,quest’ultimo edificato dai Dona delle rose ,imprendidore e speculatori italiano,e a seguire altri faccendieri von i loro villaggi a schiera .
    All Agakhan poi hanno rifiutato il Master Plan,un altro progetto che avrebbe dato tanti lavori sempre a noi sardi,rivalorizzando appunto gli stazzi galluresi e nn solo.
    Ma chi oltre a lui sarebbe riuscito a fare altrettanto bene alla nostra isola.
    Inutile che ci nascondiamo,la triste realtà è che noi sardi siamo capaci solo di scornarci tra noi,siamo divisi invidiosi e e dispettosi,siamo ancora afflitti da un ancestrale chiusura mentale che ci impedisce dall affrontare iniziative utili x migliorarci,e la Regione nn ci aiuta certo

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