Giù le mani da Punta Giglio. Siamo a una svolta?

Continuiamo a seguire la vicenda di Punta Giglio con il secondo intervento di Giovanni Oliva, architetto e ambientalista, tra i fondatori del comitato spontaneo “Alghero per Punta Giglio”, che ha ormai raggiunto oltre 6000 persone sulla pagina Facebook e circa 3500 sottoscrizioni su change.org. La mobilitazione popolare, trasversale, dal basso, è riuscita tramite i social e in periodo di restrizioni alle manifestazioni, a bloccare, almeno temporaneamente, il progetto. L’articolo prova a ricostruire ciò che sta emergendo.


De Giovanni Oliva


I lavori per la realizzazione di un alberghetto sulla falesia di Punta Giglio sono stati sospesi per venti giorni 
dagli uffici regionali preposti alla valutazione di incidenza ambientale (Servizio Valutazione Impatti e Incidenze Ambientali)! Venti giorni sono purtroppo un tempo assai breve ma che forse potrebbe essere sufficiente agli uffici regionali e ad altri livelli istituzionali e alla magistratura inquirente per far chiarezza negli ingarbugli della pratica edilizia in questione e procedere all’annullamento di tutte le autorizzazioni rilasciate.

A rappresentare la vera variabile indipendente in questa vicenda, che sembrava ben pianificata, congegnata, confezionata, impacchettata e irrimediabilmente conclusa, è stata l’eccezionale mobilitazione spontanea di una moltitudine di persone (in poche settimane sono già oltre 6000 gli iscritti nella pagina Facebook “Alghero per Punta Giglio”, quasi 3500 le sottoscrizioni tramite il sito change.org della petizione e 2000 e più le adesioni tramite email al Comitato Per Punta Giglio che hanno affiancato il gruppo dei circa 30 promotori iniziali).

È stata la mobilitazione dei cittadini “portatori di interessi comuni”, preoccupati per quanto sembrava ormai inesorabilmente deciso sulle sorti di Punta Giglio (un bene collettivo di eccezionale valore e di eccezionale significato per la collettività algherese, sarda e di quanti da visitatori avevano potuto fino ad ora godere della sua integrità, un contesto naturalistico raro in uno scenario paesaggistico mozza fiato), che ha fatto vacillare, messo in crisi e forse definitivamente scardinato un patto incosciente e scellerato, prodotto di un’iniziativa calata dall’alto, concepita da una burocrazia statale lontana e sottoscritto da un’ amministrazione e da una rappresentanza politica locale evidentemente inadeguata, complessata e asservita a interessi diversi da quelli della collettività.

Un progetto imprenditoriale selezionato attraverso uno strano bando dell’Agenzia del Demanio, un suo iter di approvazione coperto, con passaggi oscuri e tortuosi, si andava configurando come una grave riduzione dei diritti comuni già goduti, ovvero con la concessione gratuita a privati (per 9+9 anni) di un bene della collettività di inestimabile valore (un “Paradiso” a detta degli stessi destinatari) costituito dagli 8 ettari posti sull’estrema propaggine della falesia di Punta Giglio compresi i fabbricati residuati dalle postazioni militari di una batteria antinave risalenti al periodo della II Guerra Mondiale.

L’eccezionale successo del Comitato per Punta Giglio in effetti ha sorpreso tutti. Il Comitato, nato dall’associazione spontanea di persone provenienti da diverse parti della Sardegna, che rappresentavano sensibilità e competenze, si è formato per rispondere ad una sorta di urgenza in emergenza. Bloccate le associazioni ambientaliste, normalmente attive in ambito regionale (GRIG, Legambiente, Lipu, WWF), alcune in imbarazzo per il coinvolgimento alle finalità del bando in questione (con l’adesione delle loro stesse sigle a livello nazionale), altre messe a tacere dall’azione intimidatoria diretta, esercitata dagli imprenditori privati attraverso lettere di diffida a firma di avvocati al primo sorgere di contestazioni, altre scoraggiate da una previsione pessimistica delle possibilità di una efficace azione legale, in punta di diritto, per la scadenza dei termini per i ricorsi amministrativi, è stato necessario risvegliare tutta l’energia della cittadinanza attiva per far esprimere una potenzialità che sembrava purtroppo da tempo assopita.

È quindi emersa ed è scesa in campo una protagonista nuova: la comunità delle persone seriamente preoccupate per i rischi che il patrimonio di valori presenti in quell’area (valori geo-morfologici, botanici e faunistici, paesaggistici, paleontologici, archeologici, storico-culturali e affettivi) correva concretamente. La necessità di mettere in campo tutto il rigore necessario (peraltro previsto dalle norme in vigore) a tutelare la sua integrità è stata la prima spinta che ha mosso questa reazione collettiva. E questo fatto ha prodotto subito dei risultati: risposte scomposte da parte degli attori sulla scena, disturbati dall’irrompere di sguardi indiscreti! Dichiarazioni stizzite e contraddittorie. “Caos istituzionale!” ha titolato un organo di informazione online. Ora forse siamo finalmente ad una svolta.

Cerchiamo brevemente di ricostruire ciò che sta emergendo.
Nel 2017 (nell’atmosfera perversa dall’ideologia dello “sblocca Italia”) l’Agenzia del Demanio indice un Bando in cui 103 immobili pubblici dismessi vengono offerti gratuitamente all’iniziativa privata nell’ambito di un programma di offerte per un “turismo lento” (Cammini e Percorsi). Un’incredibile anomalia lega ad uno stesso destino beni e contesti assolutamente differenti per consistenza immobiliare e valore paesaggistico: per valutare i diversissimi progetti, si adotta una tabella di parametri unica, per cui la voce “compatibilità ambientale” viene considerata un aspetto del tutto secondario (il 15% dei voti). E’ evidente che incommensurabilmente differente era la questione della “compatibilità ambientale” di un intervento in un contesto di periferia urbana degradata, magari in una grande città continentale, rispetto ad un intervento in un contesto naturalistico integro come Punta Giglio (sulla costa della Sardegna, in un Parco Naturale, un Sito di Interesse Comunitario e una Zona di Protezione Speciale per la fauna selvatica). Alcuni operatori sardi, possibili soggetti interessati a formulare delle proposte, conoscendo il contesto e la stratificazione dei vincoli esistenti, preferirono rinunciare a partecipare a un Bando che per Punta Giglio si prospettava del tutto strampalato.

Fra una decina di progetti partecipanti al Bando per l’assegnazione degli immobili di Punta Giglio, la commissione (all’oscuro delle implicazioni ambientali?) sceglie proprio un progetto assurdo, presentato da una società cooperativa milanese appositamente costituita, progetto spudoratamente irrealizzabile che rivelava una scarsissima conoscenza del luogo: un albergo per 70 posti letto, in camere fornite ciascuna di bagno, con ampliamento delle volumetrie presenti, ristorante per oltre cento clienti, piscina e spa panoramica ed altro!

Nel 2018 il progetto viene sommariamente presentato a livello locale alle associazioni ambientaliste ma vengono ignorate le severe critiche espresse dalle associazioni che rigettano radicalmente l’idea della privatizzazione e mercificazione del contesto di Punta Giglio.
Gli amministratori locali intanto firmano accordi assumendo impegni con il L’Agenzia del Demanio a nome degli ignari cittadini ma non danno cenni di voler avviare le procedure per le ardue varianti agli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica necessarie qualora volessero approvare il progetto in questione.

Si avvia l’iter di approvazione del progetto e dopo un primo doveroso stop, per la sua improponibile versione iniziale, si avviano “interlocuzioni” fra i privati e le istituzioni preposte al rilascio delle autorizzazioni (Uffici tecnici comunali, Soprintendenza, management del Parco, ecc.) . Si “manipolano” gli elaborati di progetto a “quattro o più mani”. Cambia la firma del progettista, cambia radicalmente il progetto e la consistenza dell’albergo viene concordemente ridimensionata: pur rimanendo una struttura ricettiva, i posti letto per gli ospiti sono 20 (anziché 70). Bel risultato si dirà… solo che neanche così il progetto è approvabile, perché gli strumenti di pianificazione paesaggistico-territoriale e urbanistica vigenti non consentono il cambio di destinazione necessario ad autorizzare l’attività ricettiva.

Si partoriscono in tutta fretta degli strumenti di piano che se elaborati coscientemente sarebbero dovuti servire a valutare la sostenibilità dell’intervento e delle attività conseguenti (aggiornamento dei piani di gestione SIC/ZPS: Decreto n. 10076/16 del 03/11/2020 e Decreto n. 10077/17 del 03/11/2020). Nella fretta (purtroppo o volutamente?) gli strumenti di piano si partoriscono ciechi, ossia senza fare in modo che contengano l’analisi della previsione dell’alberghetto sulla falesia, intervento che quindi non viene neanche preso in esame, alla luce delle opportune considerazioni del caso, come possibile fonte di impatti negativi sulla Biodiversità ossia sulle specie tutelate. Nella fretta (?) ci si dimentica anche di rispettare le regole democratiche e quindi la strumentazione di piano dei SIC/ZPS in cui ricade l’area di Punta Giglio. Fra il 2019 e il 2020 viene elaborata (alla cieca) e approvata (d’ufficio), senza il coinvolgimento dell’Assemblea del Parco né in fase di adozione né in fase di approvazione definitiva. È un gravissimo vulnus alla democrazia e al metodo di partecipazione dei cittadini alle scelte, richiesto nelle direttive europee per la Rete Natura 2000!

Infine, si superano gli ultimi ostacoli che si frappongono alla possibilità di rilasciare le autorizzazioni per l’intervento (impedimenti che sembrerebbero insormontabili), con invenzioni semantiche-lessicali: l’alberghetto è definito un “rifugio di mare”, la piscina una “vasca ludica”… e i lavori edilizi di trasformazione della vecchia casermetta in struttura ricettiva e di ristorazione sarebbero solo opere di “restauro e rifunzionalizzazione”! Una caserma, realizzata per un presidio militare, della II Guerra Mondiale è insomma parificata ad una struttura per l’ospitalità turistica!

Si ignorano completamente le prescrizioni di tutela e si sorvola sugli importanti principi di precauzione 
(dal 15 marzo al 30 settembre sarebbe da evitare qualsiasi lavoro e attività di disturbo) prescrizioni che pur si dimostra di conoscere (come risulta da documenti trasmessi dalla stessa Direzione del Parco e poi da questa smentiti) quindi i lavori posso essere avviati anche in piena stagione riproduttiva dell’avifauna tutelata come di tante altre specie presenti nell’area (si vedano i Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e Zone di Protezione Speciale (ZPS).

I primi di marzo i lavori iniziano in tutta fretta (prima che vengano a scadere i termini di validità degli accordi siglati fra Agenzia del Demanio, Amministrazione Comunale e Privati). Si procede all’accantieramento e alla prima sbrigativa deflorazione (come abbiamo definito il primo intervento sulla vegetazione), una ferita intollerabile all’integrità dei luoghi dove il taglio di alberi, siepi e cespugli della macchia mediterranea viene definito, dai privati che hanno commissionato le opere, una semplice “sfalciatura”. Si tratta invece di una vera e propria devastazione di un contesto naturalistico di pregio e di valenza internazionale, in una modalità che rivela una gravissima ignoranza dei valori presenti, oltre che la spudorata forzatura degli stessi termini delle autorizzazioni.

I danni sono evidenti e documentabili, dalle foto che attestano la situazione ante e post, e ancora più gravi e duraturi sarebbero i danni se i lavori continuassero (si pensi a cosa vorrebbe dire realizzare uno scavo di 4km per i collegamenti idrico-fognari!). Interviene con il suo parere l’organismo governativo ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale con nota del Servizio Coordinamento Fauna Selvatica prot.n.14824 del 25.03.2021) che risponde ad una dettagliata richiesta da parte del Comitato per Punta Giglio (inviata tramite una sua esponente e promotrice che nel frattempo è diventata consigliera comunale in surroga e anche membra dell’Assemblea del Parco).
Si riunisce l’Assemblea del Parco e dalle stesse parole del suo direttore emerge l’irritualità delle procedure di elaborazione, adozione e approvazione dei Piani di Gestione SIC/ZPS. Un gruppo di persone facenti parte del Comitato per Punta Giglio firma un esposto alla Procura della Repubblica. Gli uffici regionali sospendono i lavori (Regione Autonoma della Sardegna Servizio Valutazione Impatti e Incidenze Ambientali prot. Del 13.04.2021)!

Siamo ad una svolta? La trama si va squarciando! La mobilitazione continua!


Foto: autore

19 apr 2021

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