Intervista a Ninni Tedesco Calvi, referente uscente de S’Indipendente

de Ivan Monni

Ciao Ninni, bentrovata.  Due anni da responsabile de S’Indipendente: com’è stata questa esperienza?   

Per una giornalista lavorare in una redazione, seppur virtuale, è sempre una splendida occasione. Ho avuto la fortuna, come socia di ANS, di partecipare a questo progetto fin dall’inizio, quando ancora non conoscevo quasi nessuno degli altri componenti del gruppo, per cui abbiamo potuto realizzare insieme, passo dopo passo, la nostra visione della pratica giornalistica. Sono stati momenti di formazione collettiva molto importanti e significativi che si sono poi trasformati in un vero e proprio lavoro, ovviamente del tutto volontario, per due anni. 

 
Come è nata l’idea de S’Indipendente?  

L’idea è nata all’interno di ANS per la necessità di uno spazio dove poter pubblicare e diffondere tutte quelle informazioni, notizie e momenti di dibattito che non hanno spazio sui media tradizionali e nel mainstream, soprattutto nell’ambito delle questioni strettamente legate alla Sardegna e in particolare a una Sardegna storicamente trattata come terra di sfruttamento.
Abbiamo sentito quasi il dovere di fare la nostra parte per dare voce ai tanti problemi silenziati o ridotti a brevi trafiletti dalla cosiddetta stampa “ufficiale” che relega ciò che di importante accade nella nostra isola a ruoli di subalternità e marginalità. In questa ottica abbiamo a lungo discusso sino a elaborare un vero e proprio codice etico di riferimento, che ha come punto di forza i tredici valori fondanti di ANS, nel rispetto dei quali scrivere e pubblicare sia gli articoli interni sia le collaborazioni esterne. 
  
198 articoli, circa 50 riunioni e oltre 150 ore di discussioni collettive in 2 anni. Come valuti alcuni dei risultati numerici de S’Indipendente? 

I risultati in termini numerici sono ondivaghi, come sempre accade per l’informazione digitale: ci sono “pezzi” che ottengono ottimi risultati e altri che girano poco. Ma dai nostri dati Analytics risulta mediamente un buon apprezzamento delle nostre pubblicazioni.
Certo, l’obiettivo è di raggiungere quante più persone possibili e creare dibattito e coscienza sui temi dell’autodeterminazione ma, trattandosi di temi spesso spinosi e di denuncia, siamo consapevoli di non attrarre il like facile.
Tra l’altro ricordo che S’Indipendente è un blog aperiodico, non ha uscite regolari. Alcune settimane capita di pubblicare anche tre o quattro articoli, e altre nessuno. Questa alternanza non facilità la fedeltà da parte dei lettori, né è premiata dagli algoritmi dei social. 

Dopo i dati numerici, quelli qualitativi: qual è l’obiettivo informativo-comunicativo de S’Indipendente all’interno del panorama dell’informazione sarda? 

Mettere al centro argomenti che l’informazione sarda in genere non affronta o, peggio, volutamente ignora. Non abbiamo la pretesa di intestarci il titolo di detentori della verità e ben sappiamo di non essere gli unici a diffondere informazione, ma riteniamo che sia necessario parlare di neocolonialismo, delle condizioni di subalternità in cui vivono i sardi per molti, troppi aspetti. Alcuni di questi aspetti sono ormai diventati cronici e incistati nel nostro tessuto sociale e persino nella nostra cultura, largamente contaminata da sottoculture e dal pensiero globalizzante.  
Ci interessa che il sardo e le altre lingue di Sardegna abbiano più spazio, per cui non perdiamo occasione per stimolare l’invio di contributi nelle nostre lingue.

Scriviamo di storia sarda, delle drammatiche condizioni in cui versa la nostra scuola, di trasporti insufficienti o inesistenti, di servitù militari, di assalto alle rinnovabili per creare hub energetici destinati alla sola esportazione, di vari settori dell’economia, dello stato ormai intollerabile in cui è stata ridotta la nostra sanità. Vorremmo incidere sulla consapevolezza collettiva di essere una terra di sfruttamento, visibile e importante per tre/quattro mesi di turismo e poi abbandonata, o peggio, “consumata” nelle sue risorse con poche briciole in cambio.  

S’Indipendente si è occupata parecchio della questione energetica. Come vedi la reazione della società civile, e dell’associazionismo di fronte alla nuova ondata di servitù energetiche?  

Questa è al momento una delle emergenze più importanti. La cosiddetta società civile forse non ha piena contezza di quanto sta per accadere. Stiamo parlando di circa 2330 richieste di installazione di impianti, tra eolico, fotovoltaico e offshore, alle quali adesso si aggiunge la dorsale per il metano, in una terra che produce il 40% in più dell’energia necessaria ai suoi consumi. Ancora una volta la colonizzazione della Sardegna passa per lo sfruttamento energetico. Parliamo tra l’altro per buona parte di energia non esportabile.
La risposta a questo vero e proprio assalto ha visto una spaccatura tra le associazioni ambientaliste (ne abbiamo scritto recentemente): da una parte associazioni come il GRIG, Italia Nostra, l’assemblea spontanea di ADES, hanno preso posizione in modo chiaro ed esplicito contro questo tipo di sfruttamento, ovviamente motivandone le ragioni anche dal punto di vista tecnico e scientifico, dunque non ideologico; altre associazioni invece, come Legambiente, WWF e FAI, ne stanno sostenendo integralmente lo sviluppo. 
  
Come commenti le frasi del ministro Crosetto sulla strategicità delle basi militari in Sardegna? 

Purtroppo abbiamo sentito molto spesso queste affermazioni, da ogni tipo di governo e senza ostacoli da parte delle varie amministrazioni RAS. I danni umani, ecologici e ambientali sono evidenti e molte inchieste lo hanno stabilito. Sono tutt’ora in corso, al riguardo, processi sulle responsabilità dei vertici militari. È chiaro che la Sardegna costituisce da circa cinquant’anni una piattaforma strategica per gli interessi filoatlantici ma noi intendiamo continuare a dare voce a chi denuncia situazioni e condizioni che alla nostra isola portano molti danni e nessun sostanziale beneficio. Pensiamo ad esempio che nessuna bonifica è mai stata fatta nelle aree dei poligoni e delle esercitazioni dove sono state utilizzate armi di ogni genere. 
  
Scuola sarda, lingua, servitù, trasporti, sanità. Il Psd’Az, un partito nominalmente indipendentista, ha governato per quasi quattro anni. Pensi che sia stata un’occasione sprecata?  

Peggio che sprecata. Il Psd’Az ha apertamente manifestato il suo carattere opportunista ben lontano dalle sue radici storiche di stampo autonomista. Ha scelto di allearsi con l’area politica al momento più conveniente per raggiungere l’obiettivo di occupare il palazzo della RAS.
In questi anni abbiamo assistito a un impoverimento della Sardegna in molti campi. Pensiamo alle promesse disattese fatte ai pastori, al fallimento della continuità territoriale e al sistema dei trasporti in genere, al tracollo della sanità pubblica ormai del tutto inefficiente – come testimoniato dalle proteste diffuse -, alla mancanza, ancora, di una legge sull’istruzione, all’indifferenza verso la tutela della lingua sarda, alla ratifica delle servitù militari e infine, alla recente debolezza mostrata nei confronti degli assalti alle fonti rinnovabili. Insomma, un fallimento su tutti i fronti. Mi auguro che i Sardi facciano tesoro di questa esperienza per le prossime elezioni e che si presentino liste realmente capaci di guidarci verso un processo di autodeterminazione. 

Da giornalista, come vedi l’informazione sarda, anche nei confronti del potere italiano? 

Giudico il panorama abbastanza triste. Tranne alcune significative realtà indipendenti (blog, siti individuali o di controinformazione), i media “storici” sono schierati e appiattiti su una visione molto centralista e “italiana” dell’informazione, spesso sostenitori di lobbies e partiti che lasciano poco o nessuno spazio a inchieste e approfondimenti su questioni dirimenti legate ai territori. A volte qualcosa passa ma è davvero poco per fare notizia. 

In chiusura: da attivista sei impegnata su più fronti. Ci puoi raccontare qualcosa sui tuoi impegni e le tue battaglie future?   

Sicuramente continuerò a lavorare nelle realtà in cui sono attiva da tempo, tra queste S’indipendente appunto, Sa Domo de Totus, associazione culturale e politica nata a Sassari tre anni fa, o la rivista Camineras che dirigo da ormai vent’anni. Sono realtà che hanno in comune l’obiettivo di agire e lottare per costruire una Sardegna autodeterminata, risanata, dove i giovani non abbiano bisogno di emigrare per realizzarsi e dove i migranti possano essere accolti per potersi costruire una vita dignitosa; una terra dove si parli la propria lingua e si studi la propria storia, dove si smetta di sparare e bombardare e si restituiscano le aree coinvolte alla loro naturale vocazione. 

Vuoi dire qualcosa ai lettori de S’Indipendente?   

Certo. Se credete nel nostro progetto seguiteci e soprattutto collaborate. Rimbocchiamoci le maniche insieme perché questa nostra Terra sta davvero collassando e i numeri negativi sono troppi. Abbiamo bisogno di trovare punti di contatto e non di conflitto per una rinascita forte e un futuro sostenibile. 
  
Grazie Ninni.  


Fotografia: Ninni Tedesco Calvi

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