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Non perdere le ultime da S'Indipendente!

Siamo al “che fare“ rivolto all’indipendentismo

Testu in LIC (Lingua Italiana Comuna, accettata da tutti i sardi). Incarca in artu pro su testu in LSC (Limba Sarda Comuna, no atzetada dae totu sos sardos).

La lettera di Ivan Monni al “caro indipendentismo” ha bisogno di risposte e il mondo indipendentista le deve dare. Sono argomenti già affrontati e argomentati anche con molte pagine di giornale, specialmente quando si era aperto il dibattito sulla proposta di “Assemblea Costituente” avanzata dal presidente Renato Soru. Anche allora si era messo il problema della riforma dello statuto di Autonomia Speciale e di una ricontrattazione dei rapporti con lo stato per avere maggiori sovranità.

Tutto il mondo politico e intellettuale aveva dato il suo contributo ed anche noi indipendentisti, si anche noi perché avevamo capito che i rapporti di forza tra Entità Regione ed Entità stato mai erano stati così favorevoli all’entità sarda.

Renato Soru era allora una anomalia sfuggita al sistema politico esogeno che aveva ingabbiato i partiti stato della sinistra, ammaliandone anche l’elettorato, e intrepretando le aspirazioni di sovranità del popolo sardo aveva aperto non solo un serio dibattito ma anche una vera vertenza con lo stato conseguendo anche risultati che danno alla Regione Sarda parvenze di stato. Si deve a quella vertenza la riforma dell’Art. 8, assegnando alle entrate sarde anche quelle prodotte in Sardegna da aziende che hanno sede sociale fuori dall’isola, il riconoscimento dei crediti fiscali trattenuti dallo stato, il chiarimento sulla percentuale di IVA da assegnare alla regione e principalmente la Competenza Esclusiva della Sardegna sulla SANITA’. Da una contrattazione con il governo Prodi la Sardegna ne usciva con una forma di competenza che di norma è posseduta solo dagli stati, quella sulla Sanità.

Si credo, con qualche dubbio sulla riuscita, che se una riforma dello statuto si deve chiedere quello era il momento opportuno, mai i rapporti di forza erano stati così favorevoli.

Si perché, non basta che la riforma del contratto con lo stato verso maggiori sovranità, sia fortemente sentita, necessaria e indispensabile, bisogna che si siano le condizioni per imporla, tutto dipende dai rapporti di forza.

Teniamo i piedi per terra e cerchiamo di farne una valutazione con riferimento in particolare al mondo indipendentista che per sua natura dovrebbe essere il motore del processo.

Non si ha nessun eletto nel consiglio regionale della Sardegna. Una legge elettorale coloniale blinda il Palazzo, decide quale voto è utile e quale inutile e tarpa le ali alla cultura politica endogena non solo nelle elezioni regionali ma per riflesso anche in quelle amministrative.

Molte delle battaglie che prima erano guidate dal mondo indipendentista, fino al 2014, oggi sono diluite in una miriade di comitati e associazioni informi, ideologizzati, complottisti e in qualche caso anche strumentalizzati. Comitati che nascono su un tema e poi si espandono su altri temi togliendoli dall’ambito proprio della lotta di liberazione nazionale e consegnandoli agli ambiti della protesta “normale” che pervade l’ambito italiano.

E’ vero quello che dice Ivan Monni, la mobilitazione Pratobello è stato un momento di elevazione della ribellione dei sardi ad ulteriori servitù e umiliazioni ma i tentativi di intestarsela, di utilizzarla per rilanciare il proprio partitino, di farla rientrare nel falso scontro interno alla cultura politica esogena, di trasformarla in partito omnibus la stanno indebolendo e snaturando. Quella mobilitazione, che ha assunto forti colorature indipendentiste, la stanno sfilacciando e inertizzando al punto che i partiti stato che governano la regione la considerano ormai irrilevante e autoimmune.

Quella mobilitazione con lo storico nome di Pratobello 24, può rafforzare il mondo indipendentista ma per il momento lo sta erodendo.

A questa erosione si aggiunge l’attenzione obbligata alle vicende di politica internazionale e ideologiche che stanno schierando i sardi in trincee dove spesso si lotta contro le ingiuste oppressioni di altri popoli ma si perde il proprio contesto di popolo oppresso.  

Le guerre nel Donbass e in Palestina sono guerre imperialiste di espansione, per la terra, terra che noi Sardi abbiamo già perso e che è già occupata dai coloni italiani e governata dai loro servitori politici.

In quelle trincee contro gli imperialismi genocidi ci siamo anche noi indipendentisti, in prima linea, ma guardandole dal nostro contesto, dal contesto di un popolo anch’esso soggetto a genocidio, che anche se silente e senza bombe sta cancellando il popolo sardo. 

Siamo in prima linea anche nelle trincee contro la speculazione energetica, contro la nuova servitù che vuole la Sardegna come batteria energetica finalizzata unicamente al sistema Italia.

Siamo in prima linea contro l’occupazione militare e in occasione delle ultime esercitazioni militari, di terra e di mare, un commando di nostri militanti, a bordo di due gommoni, si sono avvicinati alla portaerei italiana e ne hanno chiesto l’allontanamento immediato.

L’indipendentismo è presente in tutti gli ambiti di lotta ma è in sofferenza, è compresso e soggetto a marginalizzazione, stiamo diventando aggiuntivi e non determinanti come necessario per aprire una vertenza con lo stato.

I partiti indipendentisti organizzati ci sono, hanno radici storiche, hanno apparati dirigenti e sono anche ben strutturati e in tante occasioni hanno tentato di fare sistema ma la blindatura elettorale ha reso il loro voto inutile e da credibili non sono mai riusciti ad essere considerati delegabili al governo della Sardegna.

Mi sento di dire, pur condividendo il pensiero portante di Ivan, che oggi le condizioni di forza per strappare allo stato uno statuto con maggiori sovranità non ci sono e che una partita così importante mediata dalle guide indiane che governano la Sardegna per conto delle centrali politiche romane e sottoposta al massacro degli imbecilli e degli accuditi, che dei costituenti no ant mancu su pissu,  che riempiono le due camere dello stato partorirebbe una umiliazione e una sudditanza ancora più pesante per il popolo sardo.

Questo non significa che l’attuale statuto sia accettato dal mondo indipendentista.
Esso è una misura della nostra sudditanza coloniale e nessun contratto che superi la sudditanza o la riconosca in modo esplicito può essere da noi preso in considerazione.

Per un indipendentista solo tre strade sono possibili: 

1) Si chiede lo scioglimento della fusione perfetta contrattata nel 1847 tra gli stamenti sardi e il re d’Italia, perché non si sono verificate le condizioni che i sardi speravano si verificassero con la fusione della Sardegna con l’Italia.

2) Si rivendica la sovranità piena ed il diritto all’indipendenza, per cui sono inderogabili i seguenti assunti;
– La nazione sarda è un’altra nazione rispetto a quella italiana, in questo senso è già indipendente dalla nazione italiana. E’ l’indipendenza statuale che manca ai sardi.
– Lo status di Nazione è oggettivo, non può nascere dalla concessione dello stato che tiene la dominazione del popolo oppresso.

3) Uno statuto di resa e di sudditanza che riconosca lo stato coloniale della Sardegna che contenga;
– Che il rapporto tra la Sardegna e lo stato italiano è di sudditanza extra-nazionale
– Che la sudditanza è forzata e che l’imposizione della lingua, della scuola, della cultura, dell’apparato giudiziario, dell’ordinamento politico e sociale, dell’esercito, della polizia e di tutte le istituzioni statali italiani, è dovuta a tale stato di sudditanza.
– Che la nazione sarda accetta lo statuto coloniale perché in condizione di sudditanza imposta da un dominatore più forte ed impedita, al momento, di conquistare la propria indipendenza statuale, alla quale comunque aspira.

Accettare una riforma dello statuto conservando il capestro dell’art. 3 dello statuto “In armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, la Regione ha potestà legislativa nelle seguenti materie: […]”  nel contesto dell’art. 5 della Costituzione, che sancisce l’unicità nazionale, sarebbe, come dice Ivan Monni, come accettare una fusione perfetta molto peggiore di quella del 1847 e accettare l’italianità per sempre come se fosse la fine del nostro percorso storico e la scomparsa del popolo sardo dalla Sardegna. 

Alla fusione perfetta geografica sancita dalla insularità in costituzione non saremo certo noi indipendentisti ad aggiungere la fusione nazionale e la scomparsa della nazione sarda.

Per un indipendentista tutto ciò è immorale come immorale e da rigettare è stato giudicato ultimamente dagli indipendentisti corsi la proposta di statuto detta di Beauvau e dagli indipendentisti Kanaki quella detta di Bougival perché sanciva la francesizzazione eterna dei loro popoli in cambio di concessioni autonomistiche. 

Un indipendentista non solo non può firmare ma neanche proporre una modifica dello statuto dove si accetti la italianità nazionale dei sardi di, citando Angelo Caria, “essere inghiottiti e digeriti da società più ampie considerando un destino ineluttabile quello d’essere subalterni“.

Sarebbe una resa non solo umiliante ma anche inutile e velleitaria. Non c’è il presupposto fondamentale il rapporto di forza per imporre allo stato la ricontrattazione alla pari.

Come si arriva allora al tempo x e quando?

Non c’è un tempo x e neanche una scadenza, l’indipendenza di un popolo è un processo con obiettivi certi ma non ci sono equazioni con un’unica incognita, non ci sono diritti collettivi in scadenza come non c’è nessuno sconforto per i risultati ottenuti dall’indipendentismo il quali possiamo affermare con forza sono andati oltre le aspettative.

Basta una sola considerazione per valutarne l’importanza dei risultati raggiunti in 50 di attività dell’indipendentismo moderno, quello che riconosce Antonio Simon Mossa come ispiratore. 

In nessuna fase storica, neanche in quella dei Giudicati e della rivoluzione Angioiana, i sardi hanno avuto coscienza unanime di essere una nazione a se, con tutte le caratteristiche e i diritti nazionali delle nazioni, la certezza che stato e nazione sono due entità diverse.

Se l’indipendentismo ha raggiunto un risultato così importante può e deve seguire la strada verso la sovranità, senza fantasie armate perché perdenti, con la costanza e sapendo essere pesci nell’acqua in cui si nuota, così per noi non ci sarà nessuna scadenza che ci sarà invece per loro, per i dominatori contingenti che come gli altri passeranno dal presente al passato e diventeranno un ulteriore volume da esporre nella nostra libreria storica.

Cosa fare allora, abbiamo bisogno di determinarci, di fermare i danni che stanno facendo i partiti e i sindacati coloni?

Alcune azioni bisogna compierle, qualcuna anche individuale, quella sulla lingua per esempio e quella sulla bandiera nazionale, non sono questioni irrilevanti, sono alla base dell’identità e dell’agire come nazione contro uno stato che ha armi molto potenti.

Dobbiamo smetterla di essere tutti linguisti e di inventare ciascuno una propria lingua sarda individuale o di vicinato e difenderla fino all’ultimo sangue, beccandosi come i polli di Renzo, invece che accettare un codice linguistico unico, come accettiamo quello italiano o inglese e permettere al sardo di essere una lingua normale da trattare con i decodificatori, i trascrittori e i traduttori linguistici.

Una nazione una lingua senza togliere niente alle varianti locali. Anche in questo caso bisogna tornare a Soru a chi ha osato proporre la LSC, da emendare da sostituire ma l’importante è il concetto di lingua comune. Oggi cada culucane è linguista, non ci sono due poeti che scrivono poesie con lo stesso codice linguistico.

Possiamo iniziare noi indipendentisti ad accettare una lingua sarda ufficiale, è un dovere.

Altra azione individuale e di partito è quella della bandiera nazionale, non si può andare avanti con 4 bandiere nazionali, 4 mori sbendati che guardano a destra, 4 mori sbendati che guardano a sinistra, 4 mori bendati che guardano a sinistra e l’albero del giudicato di Arborea. 

Anche in questo possiamo fare noi indipendentisti, è un nostro dovere.

Passo collettivo importante del mondo indipendentista è quello scardinare la blindatura elettorale, un’azione comune forte è necessaria perché la Sardegna è governata da una Signoria di partiti e sindacati coloni asserragliati che considerano i sardi servi della gleba del feudo romano.

Per il resto, per ritagliare spazi di sovranità, oltre che alla mobilitazione e sensibilizzazione popolare che è la vera forza dei una lotta per l’autodeterminazione, credo che da proporre sia il metodo che chiamerò Metodo Soru, che è poi il metodo Pujol in Catalogna, chiedendo a chi legge che si liberi delle incrostazioni, quelle cha Angelo Caria chiamava cespugli della memoria, specialmente di quelle derivate da schieramenti ideologici che divide i fatti in categorie che in Italia sono destra e sinistra ma in Sardegna sono ambe come una destra imperialista e pal noi non v’à una middori. 

Se ci liberiamo delle incrostazioni depositate nel nostro pensare e ragionare dalla cultura politica del colonizzatore potremmo prendere in considerazione l’occasione offerta dalla proposta di Autonomia Differenziata avanzata da Calderoli, fregandocene di chi esso sia.  

Modificando le competenze di cui all’art. 117 magari la sanità potrebbe passare di competenza, oltre che la copertura finanziaria della spesa, della regione anche la gestione, conseguire migliori standard e non dover pagare ogni anno 700 milioni di euro alle regioni locomotiva per cure nelle quali siamo carenti, oltre che non dover versare la quota che versiamo per il sistema sanitario statale a carico del quale loro sono e noi no.

Con la autonomia differenziata potremmo acquisire potestà legislativa sul governo del territorio e sulla produzione dell’energia per impedire la rapina gratuita, in base ad autorizzazioni rilasciate dal governo, del nostro vento e del nostro sole, vere e proprie materie prime. 

Potremmo avendo competenza esclusiva sulla produzione energetica avere un sistema energetico a importazione zero, a emissioni zero e a combustibili fossili zero che produce energia unicamente da fonti rinnovabili, vento, sole e acqua e usa gli elettrolizzatori ad idrogeno come accumulo e sistema di stabilizzazione. Un sistema a smart-grid organizzato per comunità energetiche e prosumer, interconnesso con la super-grid europea. 

Potremmo impedire il furto delle accise, 4 miliardi di euro, sui prodotti petroliferi che con la beffa della loro configurazione fuori dall’isola ci vengono sottratti e incamerati dallo stato.

Potremmo risolvere la vertenza entrate e incamerare direttamente le imposte dirette e indirette e pagare poi allo stato le quote che gli spettano in base all’art. 8 dello Statuto Regionale. A Tale proposito ricordo la riforma dell’art.8 dello statuto ottenendo che non solo ha ottenuto la sovranità sulla sanità  ma anche l’attribuzione di alcune imposte anche se pagate fuori dal territorio sardo. Uno spazio di sovranità che tanti indipendentisti e sardisti avversano perché non ne hanno capito l’importanza e tanti centralisti tricolori vorrebbero cancellare perché dà alla Sardegna una sovranità che solo gli stati hanno e che considerano un primo passo verso quella che loro chiamano secessione e noi liberazione.

Potremmo riappropriarci della competenza sui nostri beni archeologici, istituire la Soprintendenza Beni Culturali Sarda e farci restituire tutto quanto hanno prodotto i sardi nella loro storia facendo della nostra isola un “museo a cielo aperto” con la più alta densità di reperti archeologici al mondo.  Quei reperti scrivono la nostra storia e abbiamo il diritto di leggerli noi e non chi la nasconde per scrivere la sua iniziata millenni dopo la nostra.

Potremmo avere competenze sulla scuola, sull’istruzione, avere una scuola sarda organica alla nostra cultura e ai nostri modelli sociali ed economici, una scuola aperta al mondo e non monoculturale e di integrazione forzata nella quale si entra shardana e si esce centurioni.

Potremmo essere riconosciuti come minoranza linguistica a livello costituzionale, per la lingua sarda e non per le lingue sarde, come per Valle D’Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, provincie di Trento e Bolzano ed istituire il bilinguismo ufficiale e istituzionale, nelle scuole di ogni ordine e grado, negli uffici e in qualunque ambito dove oggi è ufficiale unicamente l’italiano. 

Potremmo avere competenza esclusiva in materia di relazioni con l’estero e potremmo superare l’essere cancellati dall’Europa e l’essere impediti di avere relazioni dirette con tutta la mediterrania, area della quale siamo al centro, siamo l’ombelico, l’Omphalos come dice Sergio Frau e come ci ha ricordato nella sua breve visita del 14 febbraio 2023 l’ambasciatore francese Christian Masset.

Sono tanti i potremmo, le potenzialità, tutte possibili ma non le prendiamo in considerazione perché il narcotico della cultura politica coloniale nel merito della proposta di Autonomia Differenziata ha schierato i sardi, anche del mondo indipendentista, contro la presunta discriminazioni tra regioni ricche e povere e principalmente in difesa dell’unità d’Italia. Devo ricordare a questo proposito dell’aggressione che ho personalmente subito da parte di dirigenti dell’ANPI di Oristano mentre in via Roma parlavo dei suddetti potremmo. Nessuna organizzazione indipendentista mi ha manifestato solidarietà. 

Questa sono riflessioni indipendentiste, nel dibattito sullo STATUTO, che sembra si sia riaperto perché oltre alla lettera di Ivan Monni, si rilevano anche gli interventi di Piero Comandini, Michele Zuddas e per ultimo quello di Emiliano Deiana che richiama l’autonomismo spinto di Cossiga, la vasta cultura politica dei Costituenti che lo statuto lo hanno scritto e rileva l’imbecillità di coloro che dovrebbero approvarne la riforma. 

Semus a su “ite fàghere” giradu a s’indipendentismu

Testu in LSC (Limba Sarda Comuna, no atzetada dae totu sos sardos). Incarca in artu pro su testu in LIC (Lingua Italiana Comuna, accettata da tutti i sardi)

Sa lìtera de Ivan Monni a su “caru indipendentista” tenet bisòngiu de rispostas e su mundu indipendentista las devet dare. Sunt argumentos giai afrontados e argumentados fintzas cun medas pàginas de giornale, in particulare cando si fiat abertu sa dibata subra de sa proposta de “Assemblea Costituente” sobrada dae su presidente Renato Soru. Fintzas tando si fiat postu su problema de sa riforma de s’istatutu de Autonomia Ispetziale e de unu annoamentu de sos raportos cun s’istadu pro tènnere majores soberanias.

Totu su mundu polìticu e intelletuale aiat dadu su contributu suo e fintzas nois indipendentistas, eja fintzas nois ca aìamus cumpresu chi sos raportos de fortza intre Entidade Regione e Entidade istadu mai fiant istados gasi favorèvoles a s’entidade sarda.

Renato Soru fiat tando un’anomalia fughida a su sistema polìticu esogenu chi teniat agarrados sos partidos-istadu de sa manca, incantende-ne fintzas s’eletoradu, e cumprendende sas aspiratziones de soberania de su pòpulu sardu aiat abertu non petzi una sèria dibata ma fintzas unu beru chertu cun s’istadu cunsighende fintzas resurtados chi dant a sa Regione Sarda assimìgios de istadu. Si devet a cuddu chertu sa riforma de s’Art. 8, assignende a sas intradas sardas fintzas sas prodùidas in Sardigna de aziendas chi tenent sede sotziale a foras de s’ìsula, su reconnoschimentu de sos crèditos fiscales tratentos dae s’istadu, su crarimentu subra de sa pertzentuale de IVA de assignare a sa regione e mescamente sa Cumpetèntzia Esclusiva de sa Sardigna subra de sa SANIDADE. De una cuntratatzione cun su guvernu Prodi sa Sardigna nd’essiat cun una forma de cumpetèntzia chi de norma est possedida petzi dae sos istados, cudda subra de sa Sanidade.

Eja creo, cun carchi duda subra de sa resèssida, chi si una riforma de s’istatutu si devet pedire cuddu fiat su momentu pretzisu, mai sos raportos de fortza fiant istados gasi favorèvoles.

Eja ca, non bastat chi sa riforma de su cuntratu cun s’istadu cara a majores soberanias, siat a forte intesa, netzessària e indispensàbile, bisòngiat chi bi siant sas cunditziones pro l’impònnere, totu dipendet dae sos raportos a fortza.

Tenimus sos pees pro terra e chircamus de nde fàghere una valutatzione cun riferimentu in particulare a su mundu indipendentista chi pro natura sua diat dèvere èssere su motore de su protzessu.

Non si tenet perunu eletu in su cussìgiu regionale de sa Sardigna. Una lege eletorale coloniale blindat su Palatzu, detzidet cale votu est ùtile e cale inùtile e mutzat sas alas a sa cultura polìtica endogena non petzi in sas eletziones regionales ma pro riflessu fintzas in cuddas amministrativas.

Medas de sas batallas chi in antis fiant ghiadas dae su mundu indipendentista, finas a su 2014, oe sunt diluidas in una miriade de comitados e assòtzios informet, ideologizados, complotistas e in carchi casu fintzas istrumentalizados. Comitados chi naschent subra de unu tema e posca s’ammànniant subra de àteros temas doghende·los dae s’àmbitu pròpiu de su chertu de liberatzione natzionale e cunsignende·los a sos àmbitos de sa protesta “normale” chi si derramat in s’àmbitu italianu.

Est beru su chi narat Ivan Monni, sa mobilitatzione Pratobello est istadu unu momentu de elevatzione de sa rebellia de sos sardos a ulterioras tzerachias e umiliatziones ma sos tentativos de si la intestare, de l’impreare pro rilantzare su partideddu, de la fàghere ghirare a intro de su farsu iscontru internu a sa cultura polìtica esogena, de la trasformare in partidu omnibus la sunt indebilitende e isnaturende.

Cudda mobilitatzione, chi at assùmidu fortes coloriduras indipendentistas, l’istant isfilighitende e inertitzende a su puntu chi sos partidos-istadu chi guvernant sa regione la cunsìderant oramai de pagu contu e autoimmune.

Cudda mobilitatzione cun s’istòricu nùmene de Pratobello 24, podet afortiare su mundu indipendentista ma a su momentu l’est rosighende.

A custa erosione s’agiunghet s’atentzione obligada a sos fatos de polìtica internatzionale e ideològicas chi sunt ischierende sos sardos in trintzeas ue a s’ispissu si lutat contra sas ingiustas opressiones de àteros pòpulos ma si perdet su cuntestu de pòpulu pròpiu opressu.

Sas gherras in su Donbàs e in Palestina sunt gherras imperialistas de espansione, pro sa terra, terra chi nois Sardos apamus giai pèrdidu e chi est giai ocupada dae sos colonos italianos e guvernada dae sos serbidores polìticos issoro.

In cuddas trintzeas contra sos imperialismos genotzidas bi semus fintzas nois indipendentistas, in prima lìnia, ma castiende·las de su cuntestu nostru, de su cuntestu de unu pòpulu fintzas issu sugetu a genotzìdiu, chi mancari silente e sena bombas est burrende su pòpulu sardu.

Semus in prima lìnia fintzas in sas trintzeas contra s’ispeculatzione energètica, contra sa tzerachia noa chi bolet sa Sardigna comente a bateria energètica agabbada petzi a su sistema Itàlia.

Semus in prima lìnia contra s’ocupatzione militare e in ocasione de sas ùrtimas esercitatziones militares, de terra e de mare, unu commandu de militantes nostros, a oru de duos gommones, si sunt acurtziados a sa portaèreos italiana est nd’ant pedidu s’istesiamentu lestru.

S’indipendentismu est presente in totu sos àmbitos de chertu ma est in tribulia, est cumpressu e sugetu a alindada, semus divenende agiuntivos e non determinantes comente a netzessàriu pro abèrrere unu pretu cun s’istadu.

Sos partidos indipendentistas organizados b’at, tenent raighinas istòricas, tenent aparatos dirigentes e sunt fintzas bene istruturados e in ocasiones meda ant intentadu de fàghere sistema ma sa blindadura eletorale at rèndidu su votu issoro inùtile e de credìbiles non sunt mai resèssidos a èssere cunsiderados delegabiles a su guvernu de sa Sardigna.

Mi sento de nàrrere, puru cumpartzende su pensamentu portante de Ivan, chi oe las cunditzionet de fortza pro istratzare a s’istadu un’istatutu cun majores soberanias non b’est e chi una partida gasi importante mediada dae sas ghias indianas chi guvernant sa Sardigna pro contu de sas tzentrales polìticas romanas e sutaposta a su massacru de sos imbetzilles e de sos acudidos, chi de sos costituentes no ant mancu su pìsciu, chi prenant sas duas càmeras de s’istadu diat partorire un’umiliatzione e una suditantzia galu prus grae pro su pòpulu sardu.

Custu non signìficat chi s’atuale istatutu siat atzetadu dae su mundu indipendentista.

Issu est una medida de sa nostra suditantzia coloniale e perunu cuntratu chi superet sa suditantzia o la reconnoscat in modu craru podet èssere in nois pigadu in cunsideru.

Pro un’indipendentista solu tres caminos sunt possìbiles:

1) Si pedit s’isorvimentu de sa fusione perfeta cuntratada in su 1847 intre sos istamentos sardos e su re de Itàlia, ca non si sunt averguadas sas cunditziones chi sos sardos isperaiant s’averguarent cun sa fusione de sa Sardigna cun s’Itàlia.

2) Si revèndicat sa soberania prena e su deretu a s’indipendèntzia, pro cale sunt inderogàbiles sos sighentes assumidos;

– Sa natzione sarda est una àtera natzione respetu a cudda italiana, in custu sentidu est giai indipendente de sa natzione italiana. Est s’indipendèntzia statuale chi mancat a sos sardos.

Su status de Natzione est ogetivu, non podet nàschere de sa cuntzessione de s’istadu chi tenet sa dominatzione de su pòpulu opressu.

3) Un’istatutu de resa e de suditantzia chi reconnoscat s’istadu coloniale de sa Sardigna chi cuntèngiat;
– Chi su raportu intre sa Sardigna e s’istadu italianu est de suditantzia extra-natzionale.
– Chi sa suditantzia est fortzada e chi s’imponimentu de sa limba, de s’iscola, de sa cultura, de s’aparatu giuditziàriu, de s’ordinamentu polìticu e sotziale, de s’esèrtzitu, de sa politzia e de totu sas istitutziones istatales italianos, est dèvida a tale istadu de suditantzia.
– Chi sa natzione sarda agradèssida s’istatutu coloniale ca in cunditzione de suditantzia imposta de unu dominadore prus forte e impedida, pro como, de conchistare s’indipendèntzia pròpia statuale, a sa cale comente si siat aspirat.

Atzetare una riforma de s’istatutu cunservende su gangule de s’art. 3 de s’istatutu “In armonia cun sa Costitutzione e sos printzìpios de s’ordinamentu giurìdicu de sa Repùblica e cun su respetu de sos òbrigos internatzionales e de sos interessos natzionales, puru de sas normas fundamentales de sas riformas economicu-sotziales de sa Repùblica, sa Regione tenet potestade legislativa in sas sighentes matèrias: […]” in su cuntestu de s’art. 5 de sa Costitutzione, chi decretat s’unitzidade natzionale, diat èssere, comente a narat Ivan Monni, comente a atzetare una fusione perfeta peus meda de sa de su 1847 e atzetare s’italianidade pro semper comente chi fossas sa fine de su percursu istòricu nostru e s’iscumparta de su pòpulu sardu de sa Sardigna.

A sa fusione perfeta geogràfica decretada dae s’insularidade in costitutzione no amus a èssere tzertu nois indipendentistas a agiùnghere sa fusione natzionale e s’iscumparta de sa natzione sarda.

Pro un’indipendentista totu custu est immorale comente immorale e de dennegare est istadu giudicadu in manera ùrtima dae sos indipendentistas corsicanos sa proposta de istatutu narada de Beauvau e dae sos indipendentistas Kanaki cudda narada de Bougival ca decretaiat sa francesigiatzione eterna de sos pòpulos issoro in càmbiu de cuntzessiones autonomìsticas.

Un’indipendentista non petzi non podet firmare ma mancu propònnere una muda de s’istatutu ue s’atzetet s’italianidade natzionale de sos sardos de, tzitende Angelo Caria, , “essere in­ghiot­ti­ti e di­ge­ri­ti da so­cie­tà più am­pie con­si­de­ran­do un de­sti­no ine­lut­ta­bi­le quel­lo d’es­se­re su­bal­ter­ni”.

Diat èssere una resa non petzi umiliante ma fintzas inùtile e velleitaria. Non b’est su presupostu fundamental, su raportu de fortza pro impònnere a s’istadu sa ricontratadura a sa pari.

Comente s’arribbat tando a su tempus x e cando?

Non b’at unu tempus x e mancu un’iscadèntzia, s’indipendèntzia de unu pòpulu est unu protzessu cun obietivos tzertos ma non b’at ecuatziones cun un’ùnica incògnita, non b’at diritos colletivos in iscadèntzia comente a non b’at perunu iscunfortu pro sos resurtados otentos dae s’indipendentismu lu cales potzamus afirmare cun fortza sunt andados in prus de sas aspetativas.

Bastat unu solu cunsideru pro nde valutare s’importu de sos resurtados cròmpidos in 50 de faina de s’indipendentismu modernu, su chi reconnoschet Antoni Simon Mossa comente a ispiradore.

In peruna fase istòrica, mancu in cudda de sos Giudicados e de sa rivolutzione Angioiana, sos sardos ant tentu cussèntzia unànime de èssere una natzione a si, cun totu sas caraterìsticas e sos deretos natzionales de sas natziones, sa tzertesa chi istadu e natzione sunt duas entidades diferentes.

Si s’indipendentismu at cròmpidu unu resurtadu gasi importante podet e devet sighire su caminu cara a sa soberania, sena fantasias armadas ca perdidoras, cun sa costàntzia e ischende èssere pisches in s’abba in cale si nadat, gasi pro nois non b’at a àere peruna iscadèntzia chi b’at a àere imbetzes pro issas, pro sos dominadores contingentes chi comente a sos àteros ant a colare dae su presente a su passadu e ant a devènnere un’ulteriore volùmene de espònnere in sa libreria istòrica nostra.

Ite fàghere tando, tenimus bisòngiu de nche determinare, de firmare sos disacatos chi sunt faghende sos partidos e sos sindacados colonos?

Unas cantas atziones las bisòngiat acumprire, calicuna ancas individuale, cudda subra de sa limba pro esempru e cudda subra de sa bandera natzionale, non sunt chistiones de pagu contu, sunt in sa base de s’identidade e de s’agire comente a natzione contra un’istadu chi tenet armas poderosas meda.

La devimus sessare de èssere totus linguistas e de imbentare cadaunu una limba sarda individuale pròpia o de bighinadu e l’amparare finas a s’ùrtimu sàmbene, bichende·si comente a sos puddos de Renzo, imbetzes chi atzetare unu còdighe linguìsticu ùnicu, comente a atzetemus cuddu italianu o inglesu e permìtere a su sardu de èssere una limba normale de tratare cun sos decodificadores, sos trascritores e sos tradutores linguìsticos.

Una natzione una limba sena dogare nudda a sas variantes locales. Fintzas in custu casu bisòngiat torrare a Soru a chie at atrividu propònnere sa LSC, de emendare de sostituire ma s’importante est su cuntzetu de limba comuna. Oe cada culucane est linguista, non b’at duos poetas chi iscrient poesias cun su matessi còdighe linguìsticu.

Podimus cumintzare nois indipendentistas a atzetare una limba sarda ufitziale, est unu dovere.

Àtera atzione individuale e de partidu est sa de sa bandera natzionale, non faghet a andare a in antis cun 4 banderas natzionales, 4 moros chene benda chi càstiant a dereta, 4 moros chene benda chi càstiant a manca, 4 moros bendados chi càstiant a manca e s’àrbore de su giuigadu de Arbaree.

Fintzas in custu podimus indipendentismu nois indipendentistas, est unu dovere nostru.

Passu colletivu importante de su mundu indipendentista est cuddu iscontzare sa blindatura eletorale, un’atzione comuna forte est netzessària ca sa Sardigna est guvernada dae una Segnoria de partidos e sindacados colonos asserragliados chi cunsìderant sos sardos tzeracos de sa gleba de su feudu romanu.

De su restu, pro buscare ispàtzios de soberania, in prus de sa mobilitatzione e sensibilizatzione populare chi est sa bera fortza de sos unu chertu pro s’autodeterminatzione, creo chi de propònnere siat su mètodu chi apo a mutire Mètodu Soru, chi est puru su mètodu Pujol in Catalugna, pedende a chie leghet chi si lìberet de sas crostas, cuddas chi Angelo Caria mutiat tupas de sa memòria, ispetzialmente de cuddas derivadas dae ischieramentos ideològicos chi partzit sos fatos in categorias chi in Itàlia sunt dereta e manca ma in Sardigna sunt ambos comente a una dereta imperialista e “pal nois non v’à una middori.

Si nos liberemus de sas crostas depositadas in su pensare e resonare nostros dae sa cultura polìtica de su colonizadore diamus pòdere pigare in cunsideru s’ocasione oferta dae sa proposta de Autonomia Diferentziada sobrada dae Calderoli, frighende·nde·sinde de chie issu siat.

Modifichende sas cumpetèntzias previstas in s’art. 117 mancari sa sanidade diat pòdere colare de cumpetèntzia, in prus de sa cobertura finantziària de s’ispesa, de sa regione fintzas sa gestione, cunsighire mègius istandard e non dèvere pagare cada annu 700 milliones de èuro a sas regiones locomotivas pro curas in sas cales semus carentes, in prus de chi non dèvere versare sa cuota chi versamus pro su sistema sanitàriu istatale a càrrigu de su cale issos sunt e nois no.

Cun s’autonomia diferentziada diamus pòdere achirire potestade legislativa subra de su guvernu de su territòriu e subra de sa produtzione de s’energia pro impedire s’irrobatòriu de badas, in base a autorizatziones dadas dae su guvernu, de su bentu nostru e de su sole nostru, veras e matèrias primas pròpias.

Diamus pòdere tenende cumpetèntzia esclusiva subra de sa produtzione energètica tènnere unu sistema energèticu a importatzione zero, a emissiones zero e a combustìbiles fòssiles zero chi produet energia petzi de fontes rennoaditzas, bentu, sole e abba e impreat sos elettrolizadores a idrògenu comente a acùmulu e sistema de assentadura. Unu sistema a smart-grid organizadu pro comunidades energèticas e prosumer, interconnessu cun sa super-grid europea.

Diamus pòdere impedire sa fura de sas atzisas, 4 milliardos de èuro, subra de sos produtos petrolìferos chi cun sa befa de sa cunfiguratzione issoro a foras de s’ìsula nche sunt sutràidos e incamerados dae s’istadu.

Diamus pòdere risòlvere su pretu intradas e incamerare deretu sas impostas diretas e indiretas e pagare posca a s’istadu sas cuotas chi li tocant in base a s’art. 8 de s’Istatutu Regionale. A Tale propòsitu amentu sa riforma de s’art.8 de s’istatutu otenende chi non petzi at otentu sa soberania subra de sa sanidade ma fintzas s’atributzione de unas cantas impostas mancari pagades a foras de su territòriu sardu. Un’ispàtziu de soberania chi meda indipendentistas e sardistas refudant ca non nd’ant cumpresu s’importu e meda tzentralistas tricolores diant chèrrere burrare ca dat a sa Sardigna una soberania chi petzi sos istados tenent e chi cunsìderant unu primu passu cara a sa chi issos mutint secessione e nois liberatzione.

Nos diamus pòdere torrare a apoderare de sa cumpetèntzia subra de sos benes archeològicos nostros, istituire sa Sovrintendèntzia Beni Culturales Sarda e nche fàghere torrare totu cantu ant prodùidu sos sardos in s’istòria issoro faghende de s’ìsula nostra unu “museu a chelu abertu” cun sa prus arta densidade de repertos archeològicos a su mundu. Cuddos repertos iscrient s’istòria nostra e tenimus su deretu de los lèghere nois e non chie la cuat pro iscrìere sa sua cumintzada millènnios a pustis de sa nostra.

Diamus pòdere tènnere cumpetèntzias subra de s’iscola, subra de s’istrutzione, tènnere un’iscola sarda orgànica a sa cultura nostra e a sos modellos sotziales nostros e econòmicos, un’iscola aberta a su mundu e non monoculturale e de integratzione fortzada in sa cale s’intrat shardana e s’essit tzenturiones.

Diamus pòdere èssere reconnotos comente a minoria linguìstica a livellu costitutzionale, pro sa limba sarda e non pro sas limbas sardas, comente pro Badde De Aosta, Trentinu-Südtirol, Friuli-Venètzia Giùlia, provìntzias de Trentu e Boltzanu e istituire su bilinguismu ufitziale e istitutzionale, in sas iscolas de cada òrdine e gradu, in sos ufìtzios e in cale si siat àmbitu ue oe est ufitziale petzi s’italianu.

Diamus pòdere tènnere cumpetèntzia esclusiva in matèria de relatziones cun s’èsteru e diamus pòdere superare s’èssere burrados dae s’Europa e s’èssere impedidos de tènnere relatziones diretas cun totu sa mediterrania, àrea de sa cale semus in su tzentru, semus s’imbìligu, s’omphalos comente narat Sergio Frau e comente a nch’at ammentadu in sa cùrtzia bìsita sua de su 14 freàrgiu 2023 s’ambasciadore frantzesu Christian Masset.

Sunt meda sos diamus pòdere, sas potentzialidades, totus possìbiles ma non las pigamus in cunsideru ca su narcòticu de sa cultura polìtica coloniale in su mèritu de sa proposta de Autonomia Diferentziada at ischieradu sos sardos, fintzas de su mundu indipendentista, contra sa crètida discriminatziones intre regiones ricas e pòveras e mescamente in defensa de s’unidade de Itàlia. Devo ammentare a custu propòsitu de s’assaltu chi apo personalmente subidu dae dirigentes de s’ANPI de Aristanis mentras in bia Roma faeddaia de sos subra numenados argumentos. Peruna organizatzione indipendentista m’at manifestadu solidariedade.

Custa sunt riflessiones indipendentistas, in sa dibata subra de s’ISTATUTU, chi paret si siat torradu a abèrrere ca in prus de sa lìtera de Ivan Monni, si rilevant fintzas sos interventos de Piero Comandini, Michele Zuddas e pro ùrtimu su de Emiliano Deiana chi torrat a cramare in ammentu s’autonomismu ispintu de Cossiga, sa cultura polìtica manna de sos Costituentes chi s’istatutu l’ant iscritu e rilevat s’imbecillidade de cussos chi nde diant dèvere aprovare sa riforma


Immagine: sardegnaabbandonata.it

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Un commento

  1. Esprimendo generale condivisione di quanto scritto nell’articolo (direi concetti di buon senso di qualsiasi persona che si riconosce in una situazione di marginalità imposta in ambito storico-culturale-politico a prescindere dall’essere sardo, ma in virtù di ciò per il caso specifico.), aggiungo i seguenti accenti che non obbligatoriamente si pongono in contrasto/risposta col contenuto dell’apprezzato articolo:

    Lingua: sì, ma attenzione all’unificazione, i sardi (lingue) possono aggregarsi almeno in due macro-varianti (socio-culturalmente e politicamente), con le dovute eccezioni alloglotte di pari importanza. Ciò non dovrebbe essere mai messo in discussione ai fini di comune interesse.

    Soru: i sardi (inteso come popolo mass-mediatico) pare che non capiscano il peso del suo governo, tra i più positivi per gli interessi dei sardi (con istanze vicine a quelle degli indipendentisti), nonostante il tesseramento ad un partito italianissimo, e forse -tristemente- grazie a ciò.

    Indipendentismo: oltre l’apprezzato riferimento a Mossa, dopo la parentesi di fine anni ’80, il supposto indipendentismo ha virato per la nicchia non condivisibile da tutti autorelegandosi alla marginalità, all’eufemistico e all’agire pari a quello del nazionalismo italiano dell’italianizzazione del ‘900 in un luogo (la Sardegna, quindi luoghi) che fortunatamente non può indossare un’unica berritta. E, a prescindere da recenti sforzi riformatori (i giovani di Sardegna Chiama Sardegna, con un leggero sforzo tirando dentro anche ProgreS), non riesce a ”fare presa”.

    I sardi: non basta nascere in Sardegna o avere un cognome facilmente localizzabile per essere sardi e viceversa (è una banalità d’obbligo).
    Finché la popolazione sarda (nuovamente dal punto di vista mass-mediatico) farà riferimento alla TV italiana (o ai social, logicamente a maggioranza rappresentativa ”italiana”), il parametro di personale cognizione sarà sballato, con baricentro mediatico italiano e vulnus esteriorizzato col quale, involontariamente, si confrontano (sul punto suggerisco la lettura parzialmente impegnata di Filosofia de Logu) e ciò ha una costante ripercussione nel momento elettorale.

    Ciò che ho più apprezzato dell’articolo sono le prime parole: ”Testu in LIC (Lingua Italiana Comuna, accettata da tutti i sardi). Incarca in artu pro su testu in LSC (Limba Sarda Comuna, no atzetada dae totu sos sardos).” Questo suggerimento alla riflessione, magari non immediato per chi ancora non gode di un certo livello di consapevolezza e pensiero depurato, è una enorme lezione socioculturale che potrebbe aprire ad una serie di conferenze solo sui significati della frase stessa, per la quale va il mio maggior apprezzamento.

    Cordiali saluti e grazie per la lettura.

    Andrea

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