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Selargius, porta della colonia sarda: nuova servitù con 100 container di batterie al litio, 25 container con sistemi di conversione e 50 trasformatori

de Ivan Monni

La notizia è di quelle che lasciano increduli.
La popolazione ignara, apprende dall’articolo della Nuova Sardegna del 21 giugno 2023, pagina 14, che a Selargius verrà autorizzato un nuovo campo di batterie per lo stock di energia.

Significativo il fatto che questa volta la Regione sarda non aveva dato consenso, ma il MISE ha comunque ignorato decenni di autonomia, ha ignorato anche alcune recenti sentenze del Consiglio di Stato ed ha tirato dritto, dimostrando cosa è oggi la Sardegna: nient’altro che una colonia italiana.

Una nuova legge toglie il potere di veto alle Regioni su questi temi”, scrive la Nuova, cioè lo stato italiano modifica i rapporti di potere, che pure stanno in costituzione (lo Statuto fa parte della costituzione e le modifiche dello statuto devono passare per una modifica costituzionale).

“La nuova legge sulle autorizzazioni ambientali ed energetiche non prevede più l’intesa regionale”. La Regione aveva chiesto un rinvio, ma arriva un colpo di scena: “la nuova legge sulle autorizzazioni ambientali ed energetiche non prevede più l’intesa regionale“.

La legge è questa: 21 aprile 2023, Legge n.41, ma ci sono delle semplificazioni (= licenza di invadere) successive. Ad esempio viene “esteso l’elenco delle aree idonee ope legis, ridotte le aree di rispetto da beni culturali e paesaggistici

– sono aree idonee, oltre a quelle già individuate da precedente Decreto, quei siti ove sono già installati impianti della stessa fonte e in cui vengono realizzati interventi di modifica, anche sostanziale, per rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione, eventualmente abbinati a sistemi di accumulo, che non comportino una variazione dell’area occupata superiore al 20 per cento. Tale limite percentuale non si applica per gli impianti fotovoltaici, in relazione ai quali l’unica variazione dell’area occupata ammessa è quella che consente di utilizzare per l’ampliamento le aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonché le cave e le miniere (per effetto del rinvio all’articolo 20, comma 8, lett. c-ter n. 1);

Cosa dice lo Statuto Sardo?

L’articolo 3 del titolo II dello Statuto sardo prevede dei poteri nelle funzioni della regione, in materia di “agricoltura e foreste; piccole bonifiche e opere di miglioramento agrario e fondiario.”

Il preambolo è talmente aleatorio che qualsiasi cosa potrebbe rientrare tra le “norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica”.

https://www.regione.sardegna.it/documenti/1_5_20150114110812.pdf

La questione ha diverse chiavi di lettura. Non va vista assolutamente come una questione tra destra e sinistra italiana. Tanto più che il centro-destra governa comune, regione e stato, pur essendo la regione Sardegna in conflitto con lo stato italiano. È politica, ma non partitica, riguarda tutti i sardi. Non è neppure solamente una questione di sicurezza ambientale.

La questione è prima di tutto democratica, ha a che vedere con il “chi decide” sul territorio sardo, su cosa significa oggi lo Statuto Autonomo (evidentemente uno strumento obsoleto, che bisogna rivedere urgentemente, nell’ottica di un allargamento dei poteri sardi) sul come l’autodeterminazione dei sardi viene costantemente bloccata, e che anni di scelte dettate dall’alto ci hanno reso una delle ultime regioni europee per PIL.

Già Emilio Lussu aveva contestato lo statuto perché troppo blando, paragonato ad un gatto rispetto ad un leone, evidenziando il fatto che mancava il concetto di sovranità dei sardi.

Attualmente la sovranità dei sardi appartiene allo stato italiano, che la esercita come gli pare e piace. In pieno stile coloniale.

Secondo Gramsci, la Sardegna era trattata peggio di una colonia.
Mentre per le colonie investiva, la Sardegna veniva semplicemente depredata delle sue risorse. Sorgente di energia per l’italia fascista e repubblicana: legname, poi carbone, poi l’industria petrolchimica, ora l’ondata barbarica speculativa dell’eolico.

La colonia sarda sarà un enorme puntaspilli con pali alti 60 metri. Dimentichiamo lo skyline dei monti e dei mari.

La porta della colonia, il punto dove convergeranno le energie servilmente prodotte, sarà Selargius, diventato improvvisamente centro nevralgico di tutta la speculazione, senza il cui sbocco al mare, sarebbe un’inutile produzione buttata al vento.
Porta del colonialismo, la battaglia di Selargius è strategica per tutte le servitù sarde. È diventata la Termopili in cui fermare il gigante tiranno Terna.

Il sindaco di Selargius da un lato stigmatizza la scelta dell’amministrazione comunale che negli anni ’80 aveva accettato la prima stazione Terna, dall’altro, accettando questa ulteriore servitù, si pone da solo tra i cattivi governanti della storia selargina (e sarda).
Forse non ha molti strumenti per fermare la servitù (anche se non ha usato nemmeno i pochi che aveva), ma la volontà politica è quella di accettare. È su questo che verrà giudicato dalla storia. Può ancora scegliere da quale parte stare e cercare di salvare almeno la faccia: con i selargini o con Terna.

Il 30 giugno alle 19, in via San Martino a Selargius, è stata indetta un’assemblea pubblica per tentare di sensibilizzare i cittadini e trovare nuove forze per fare fronte alla battaglia che va oltre la singola questione paesana.

È fondamentale che all’assemblea partecipino tutti i sardi, associazioni e comitati, di destra e di sinistra, ambientalisti e non, per dire no alla nuova ondata delle servitù coloniali italiane, che buttano all’aria i principi fondamentali democratici di tutti i sardi.


Immagine rappresentativa di impianti Terna

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