
1 vale 210.729: chi ha paura della Pratobello 24? – S’Imprenta
S’Imprenta – Rassegna stampa dalla colonia
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Giovedì 24 il voto in commissione ha bocciato la procedura d’urgenza in aula, chi cerca di soffocare la legge popolare Pratobello 24 (e le 210.279 firme) ha un nome e cognome: Sandro Porcu (Orizzonte Comune) Sebastiano Cocco (Uniti per Todde) Michele Ciusa (Movimento Cinque Stelle), Luca Pizzuto (Sinistra Futura), Maria Laura Orrù (Alleanza Verdi Sinistra).
Dopo il voto dei cinque, Comandini furbescamente stoppa la commissione, per evitare che il PD possa esprimersi e mettere così la faccia su un provvedimento scandaloso.
Il post provocatorio del Comitato di Gallura non è piaciuto al Campo Largo, per cui il giorno successivo un comunicato stampa di tutti i capigruppo viene pubblicato proprio da Deriu (PD): un post allucinante già dal titolo: ““NON CI LASCIAMO INTIMIDIRE DA NESSUNO”.
Il comunicato è firmato dai cinque precedenti a cui si aggiunge lo stesso Roberto Deriu (PD) e Francesco Agus (Progressisti) e ha l’aria di chi ha intenzione di arroccarsi dietro al vittimismo per sviare la questione. Il post del comitato di Gallura è politico, non ha nulla di minaccioso, ha scritto nomi e cognomi, ricordiamocene quando si voterà tra qualche anno.
Nel testo i capigruppo scrivono che “è stato stabilito (ndr, perché l’impersonale?) che la proposta di legge “Pratobello” non potrà essere discussa direttamente in aula, senza seguire il percorso regolare“.
Qui non si tratta di “seguire il percorso regolare“, dato che hanno scelto di dare precedenza all’approvazione della legge Todde, dopo un inutile riconteggio delle firme, per cui la legge Pratobello e le 210.729 firme andranno alle ortiche.
È un percorso irregolare dal punto di vista democratico, l’oligarchia si difende dietro la burocrazia.
Qui si tratta di una scelta politica in piena regola, per cui questa settimana è morta la democrazia sarda.
L’opposizione di destra protesta, ma governa in Italia con Pichetto Fratin che ha pronto un nuovo Testo unico per le rinnovabili, per sveltire le procedure di approvazione.
Se venisse approvata la legge Todde, automaticamente la Pratobello sarà inutile, tanto vale i capigruppo scrivano nel comunicato: “ce ne freghiamo delle 210.729 firme“.
Il documento è firmato anche dai Cinque Stelle, metafora orwelliana del movimento nato dal basso con un Vaffanculo al potere, che basava la sua politica su “1 vale 1” e sul voto su ogni minima questione. Comandini li aveva redarguiti qualche giorno prima sul fatto che “Il PD ha un modo diverso di fare politica“.
A me non pare proprio, a meno che non si riferisse alle astuzie in commissione.
Todde e Comandini hanno fatto male i conti, per Pratobello si intendono due cose:
La legge popolare, e l’omonimo movimento, quest’ultimo sorretto da tre pilastri: comitati e gruppi radicati territorialmente, istituzioni locali (sindaci), la potenza mediatica dell’Unione Sarda.
Ogni pala che sbarcherà da Oristano, e ogni mattone messo da Terna a Selargius, sarà per Todde un Vietnam.
Perché la legge Pratobello 24 (e l’omonimo movimento) fa paura?
Infastidisce parecchi pezzi del potere: il governo Todde prima di tutto, inclusi diversi giornalisti e intellettuali d’area, molti soriani, la Nuova Sardegna, lo stato italiano con la destra al governo, portatori di interesse nelle rinnovabili, videomaker confusi a caccia di audience.
È stata creata parecchia disinformazione sulla Pratobello, è sotto attacco costante, ed alcuni articoli dell’Unione Sarda non stanno facendo un buon servizio alla legge stessa.
Se ne esce solamente ancorandoci al freddo testo della legge popolare, ed alla cronaca di come è stata scritta, per cui è necessaria una breve ricostruzione dei fatti il più possibile neutra, che ne spieghi la genesi.
Dal 2023, i comitati hanno protestato con intensità crescente contro Solinas, a cui hanno consegnato la prima moratoria (ignorata) ad agosto dello stesso anno. Hanno fatto pressione contro parecchi sindaci, obbligandoli a schierarsi contro la speculazione, informando la popolazione, creando consapevolezza e movimento.
Nel 2024 hanno presentato la seconda moratoria a Todde (ignorata) e, dopo il decreto Pichetto Fratin e la moratoria della regione, è iniziato il dibattito sulle aree idonee.
Il dibattito ha coinvolto la società sul modo migliore per fermare la speculazione, dato lo strumento statutario.
Il ragionamento si è sviluppato attorno a due aree:
- la proposta PPR (piano paesaggistico regionale) esteso alle aree idonee, portata avanti da Maria Antonietta Mongiu del Comitato scientifico Insularità in costituzione
- la proposta urbanistica (basata sull’art.3 dello statuto sardo) portata avanti da Pili
- Soru prevedeva un mix delle due proposte, è rimasto su un binario morto
Qui parliamo solo delle resistenze legali, ci sono state altre forme di resistenza più movimentista, tutte validissime.
La legge sul PPR inizialmente sembrava più quotata, anche dai mezzi dell’Unione Sarda.
Ci fu un forum il 20 aprile, in cui anche l’editore Zuncheddu partecipò con Maria Antonietta Mongiu.

Il 4 maggio, nasce l’idea di una proposta di legge” da parte del Comitato scientifico Insularità in costituzione di Mongiu: «PPR esteso a tutta la Sardegna contro l’invasione eolica». Il testo è destinato al Consiglio Regionale.
Il 5 maggio Mauro Pili scrive un articolo in cui punta, invece, sulla leva urbanistica per fermare la speculazione, e contemporaneamente Zuncheddu prende posizione favorevole.
Il 9 maggio il testo della legge sul PPR arriva nelle commissioni regionali, ne dà notizia la stessa Unione Sarda.

Il 31 maggio si schierano per la proposta urbanistica lo studioso Franco Sardi, e il costituzionalista Omar Chessa in un convegno, di cui ci fa sapere Maurizio Onnis su un post.
Il gruppo Unione ancora sostiene entrambe le leggi, il 29 giugno Maria Antonietta Mongiu nuovamente passava su Videolina («Abbiamo indicato una via, basta solo percorrerla»).
L’Unione Sarda ha dato ampio spazio alle due opzioni per lungo tempo.
Fino ad un certo punto sembrava che la proposta di Maria Antonietta Mongiu sul PPR avesse le carte in regola per prevalere, tanto che il 25 luglio, il Comitato Scientifico Insularità dichiarava sull’Unione Sarda: «Sull’eolico un’impasse che distruggerà la Sardegna» e lanciava, sempre sull’Unione, addirittura la raccolta delle firme.
Ad un certo punto la proposta urbanistica supera la proposta PPR.
Non è bastato «indicare una via», occorrevano comitati strutturati e banchetti. Mezzo mediatico e radicamento territoriale hanno rappresentato un connubio vincente per la Pratobello.
Ma facciamo un passo indietro.
La collaborazione tra Comitati, Pili, e Unione Sarda, viene ufficializzata con l’evento di Saccargia del 15 giugno. La collaborazione porterà alla scrittura della legge popolare, ma inizia anche il fuoco incrociato contro i comitati da parte di alcuni giornalisti e blogger. L’accusa principale era sull’uso del mezzo giornalistico (come se i silenzi della Nuova non fossero più eloquenti) e sul metano.
La legge viene presentata il 9 luglio dall’Unione Sarda (non è il testo definitivo).
Sì, ma chi ha scritto materialmente la legge?
Una cosa è ragionare astrattamente sulla leva migliore, altro è scrivere una legge.
Nonostante la narrazione dica Pili-Zuncheddu, la scrittura è avvenuta principalmente dalla collaborazione tra alcuni attivisti dei comitati, sindaci, giuristi e Unione Sarda. Certamente poi, ognuno degli attori metterà il focus sul proprio pezzo e giurerà di essere stato determinante.
Dopo la stesura, la bozza passa a tutti i comitati (in quel momento ancora uniti in un unico fronte) ed iniziano gli emendamenti.
A questo punto una parte dei comitati inizia a mostrare mal di pancia, mentre qualche emendamento passa al vaglio, come ad esempio quello sul Tyrrhenian Link. La legge si chiude ed inizia la raccolta firme, siamo a fine luglio.
A quel punto, i comitati si dividono tra chi raccoglie le firme, chi sceglie di non raccoglierle e chi lo fa a giorni alterni.
Il resto è cronaca nota a tutti. C’è stata la spaccatura, la manifestazione del 30 agosto in cui alla fine tutti i comitati hanno deciso di convergere. Poi il tentativo di Bachisio Bandinu di riunire comitati, ANCI e Giunta, il raggiungimento delle 210.000 firme e la consegna il 2 ottobre.
Questa è la cronaca, il percorso è importante per capire la genesi e il ruolo dell’Unione Sarda, che ad un certo punto ha deciso di convergere sulla legge scritta da Pili e da una parte dei comitati, lasciando cadere la proposta della Mongiu.
L’Unione ha meritoriamente fatto da cassa di risonanza alla battaglia, ma ha proposto alcuni titoli di giornali roboanti, che non hanno aiutato la causa.
Ad esempio, l’editoriale di Zuncheddu del 26 giugno, in cui rimpiange il metano.

Immediatamente, per qualche meccanismo, anche la legge urbanistica è stata accusata di essere la porta per il metano per produrre energia elettrica. Ci sono state parecchie discussioni, ma a leggere la Pratobello, all’articolo 3, comma 3, questa ipotesi viene esclusa.
Tanto rumore per nulla: il metano, nella Pratobello, viene escluso proprio, come tutto il fossile.
Leggiamo dall’art.3, comma 3 della legge Pratobello 24.

Dunque, perché il dibattito in quel momento va alla ricerca degli interessi di Zuncheddu sul metano, se la Pratobello esclude il metano?
Anche Pili in passato era favorevole al metano.
Perché i “favorevoli al metano”, scrivono una legge che esclude, appunto, il metano?
La risposta è semplice: i disinformatori seriali sono andati a caccia di dietrologie, dimenticando che nella scrittura della Pratobello 24 un ruolo importante l’hanno giocato gli attivisti dei comitati. Chi vedeva nei fumosi retrobottega della Pratobello la porta del metano avrebbe dovuto successivamente scusarsi.
Ci sarebbe da “analizzare” come è stato possibile che ad un certo punto il dibattito dava per certo che la legge popolare fosse lo strumento ideato da Zuncheddu per il metano, per capire se questo meccanismo paranoico si ripete in altri contesti.
Per settimane si intensificarono gli attacchi ai comitati che hanno sostenuto la Pratobello, perlopiù da ambienti vicini al mondo “ambientalista”, inclusi quelli che sono mediamente più informati e che addirittura scrivono articoli nei media di settore, i soliti giornalisti, i partiti vicini alla maggioranza, qualche influencer che alterna complotti dell’industria del fossile a dietrologie paranoiche. Questo meccanismo non è indolore, dato che nascono i mal di pancia in una parte dei comitati e i primi segni di divisione.
Qualcosa di simile si è ripetuto con l’idrogeno.
I titolisti dell’Unione, con l’enfasi roboante, ricominciano a creare confusione.
Mauro Pili ha scritto un articolo ponendo moltissima enfasi sul futuro dell’idrogeno, per cui i comitati Pratobello 24 vengono immediatamente attaccati con uguale disonestà intellettuale rispetto alla questione metano.

È veramente così?
Qualche mese fa, all’interno del comitato di Selargius, un gruppo aveva iniziato a studiare l’idrogeno per proporlo come alternativa al Tyrrhenian Link, esclusivamente per la stabilizzazione. L’idrogeno non produce energia, ma conserva quella prodotta, dunque è alternativo alle batterie al litio.
Cioè, quando l’energia delle rinnovabili non è sufficiente, possiamo attingere dall’energia stoccata.
L’idrogeno verde è realmente pulito, non genera scorie ed emissioni, ma la soluzione come alternativa aveva però diversi problemi.
Il primo è che comunque è una tecnologia che richiede grossi capitali, dunque c’era il rischio che si rientrasse dentro ad un meccanismo speculativo di grosse aziende.
Il secondo è che è una tecnologia non matura ed è ancora troppo poco efficiente, gli apripista normalmente pagano costi più alti per tecnologie meno efficienti, che in questo caso richiedono molta energia.
È un classico caso in cui conviene NON essere early adopter, ma attendere qualche anno.
Il problema nasce ancora una volta da critiche basate sugli articoli dell’Unione Sarda.
Per cui, occorre andare direttamente alla fonte originaria della legge, e capire cosa c’è scritto.
Come al solito carta canta e le chiacchiere stanno a zero.
Riporto qui integralmente, per comodità, l’articolo 4, sottolineando alcuni punti fondamentali. Ognuno faccia le proprie considerazioni:

Dunque, si sta nell’ambito della ricerca scientifica e industriale. Inoltre viene specificato chiaramente che l’attore principale è il settore pubblico o a maggioranza pubblica, sgombrando dunque il campo dagli obiettivi speculativi.
La deroga al comma 1 dell’articolo 3 riguarda solo il fotovoltaico, l’eolico è escluso per la produzione di idrogeno, come ovviamente tutto il fossile, dunque è inequivocabilmente idrogeno verde.
Nel caso si dovesse uscire dalla mera ricerca, si dovrebbe procedere con un’altra legge, dunque si deve andare oltre l’attuale legge popolare.
Ma oggi parliamo esclusivamente della legge Pratobello 24, eventuali leggi successive andrebbero respinte con forza se rientrassero nel campo della speculazione.
Il resto è processo alle intenzioni non scritte nella Pratobello 24, o analfabetismo funzionale.
Il meccanismo disinformativo è semplice:
- i critici omettono di dire che si tratta di intervento pubblico, limitato alla RICERCA, e su queste omissioni costruiscono la narrazione
- ingigantiscono il ruolo dell’idrogeno all’interno della legge, fino a farlo diventare come unico obiettivo di tutto l’impianto
- spostano l’attenzione interamente solo su quella parte, il resto non esiste
- dopo aver attaccato la legge su una prospettiva completamente distorta, attaccano i promotori, che definiscono “i comitati dell’Unione”
Ognuno interpreti come vuole questo modo di fare “informazione”, questo metodo lo ha utilizzato anche il videomaker Nuragic che nel suo ultimo video scrive ““i comitati” dell’Unione Sarda“. Non se la prenda sul personale, ma è un giochino mediatico abbastanza sporco.
L’idrogeno è un vecchio pallino di Pili, che per vanità rivendica di averlo proposto dal 2001 con Carlo Rubbia a capo del CRS4, che per fortuna non è decollato. Sarebbe stato uno di quei casi in cui partire troppo presto avrebbe comportato il fallimento, secondo la “legge scientifica” del “no est a si ndi scidai chitzi, ma a intzertai s’ora”.
In ogni caso, una cosa è quello che scrive Pili sull’Unione Sarda, altro è il testo scritto nella Pratobello.
Il risultato della legge, idrogeno come ricerca scientifica e industriale, è un compromesso tra chi voleva l’idrogeno dal 2001 e chi nei comitati non ci crede ancora, perché, a distanza di 23 anni, non è una tecnologia ancora matura.
Esiste la paranoia da “e affini”?
Sì, e ne soffre anche chi scrive questo articolo.
Trovandoci ancora in una fase propositiva, alcuni punti deboli, parole che potrebbero avere un duplice intento o comunque non univoco, andrebbero spulciate, segnalate ed emendate in modo da restringere il campo al significato letterale, escludendo l’interpretazione a significati non voluti o non previsti.
Nessuna legge è perfetta, tutto è migliorabile.
Dunque, i critici vari (almeno quelli in buona fede) se anziché stare a sparare contro i comitati, proponessero un lavoro collettivo di questo tipo, la critica sarebbe più costruttiva e il dibattito ne guadagnerebbe, soprattutto perché portato avanti dal basso, dalla popolazione che sarebbe ancora una volta partecipe del processo, come dovrebbe essere in un percorso di autodeterminazione.
La sfida è aperta, la posta in gioco è niente meno che la nostra isola.
Il problema è l’Unione Sarda in sé?
Ricapitolando:
C’è l’attacco studiato a tavolino dallo stato coloniale italiano, che ha costruito il quadro legislativo e la repressione poliziesca che ha denunciato diversi attivisti.
C’è la montagna di soldi europei del PNRR.
C’è l’attacco scomposto delle multinazionali che “come cani si contendono l’osso“.
C’è l’attacco pressante di gran parte della stampa italiana.
C’è un giornale sardo che ha un azionista che ha rapporti con Terna e che favorisce la speculazione, silenziando l’attacco.
Infine, c’è un altro giornale sardo che per qualche motivo, una volta tanto, si trova schierato contro la speculazione coloniale.
Dunque che si fa?
Si attacca l’unico giornale che sta dalla parte anticoloniale?
Terna ringrazia.
Qualcuno disse che “la rivoluzione non è un pranzo di gala”.
Posto che non è in corso una rivoluzione, questa rivolta sarda è lunga e logorante ed è comprensibile che i più “delicati” si spaventino o siano in confusione. Data la sproporzione delle forze in campo, non si vince con il fioretto.
P.s. in altri articoli ho espresso scetticismo sulla reale efficacia di qualsiasi legge basata sullo statuto, perché sottostante a “interessi nazionali” (cioè statali), perché le rinnovabili hanno interesse pubblico prevalente su altre materie, ma soprattutto perché ci sono troppi soldi di mezzo. Lo statuto è un guinzaglio sulla Sardegna che l’Italia restringe quando vuole.
Tuttavia, la differenza tra tutte le soluzioni possibili è data dalle 210.000 firme a sostegno, che potrebbero mettere in un angolo il più ligio dei giudici.
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Immagine di copertina creata da Dall-E