AAA. Vendesi Sardegna (a stracu baratu) – Viaggio dentro i Comitati sardi

de Ivan Monni

Un post del Comitato Su Entu Nostu mostra una cartina della nuova infornata di servitù energetiche in arrivo. Concettualmente è simile alla storica immagine di Nivola, la Sardegna (s)venduta. Ancora una volta l’isola sarà sacrificata per le esigenze statali italiane.

Sarà la goccia che ci farà dire basta? Ogni limite ha sempre avuto la sua pazienza, in Sardegna. Vedremo.

Il potere economico e politico vanno di pari passo, si sostengono a vicenda: il primo ha bisogno di appalti e di cornici legislative favorevoli.
Un esempio è la legge 41 del 21 aprile 2023, con cui lo stato italiano ha bypassato, con una semplice legge ordinaria, alcune prerogative previste dallo Statuto Sardo, “semplificando” alcune procedure che prima erano sotto il controllo della Regione Sardegna.

Il potere politico, invece, necessita di sostegno economico per vincere le campagne elettorali.
Da un lato c’è la speculazione appoggiata dalla politica: Terna da sfamare, l’eolico, gli ospedali da costruire, la scalata monopolistica degli aeroporti, gli appalti vari; da verificare è anche l’eventuale presenza di aziende che beneficiano di infiltrazioni mafiose.
Le nuove servitù energetiche che stanno acquistando a stracu baratu l’isola, si aggiungono a quelle esistenti militari e della petrolchimica.
La grande torta delle risorse sarde è depredata e spartita dalla speculazione, con la compiacenza del governo italiano. 

Dall’altro lato c’è la nascita di comitati di cittadini che si mobilitano, cercano di resistere e di riconquistare spazi di democrazia locale contro le multinazionali e contro le imposizioni dettate dall’alto dal governo italico.
È la forza propulsiva di questa fase politica: la mobilitazione dei cittadini in un’ottica aperta, senza cappelli partitici, che sta attraversando l’isola in questo momento storico, in tempo reale.

I comitati e le associazioni, variegate al loro interno, collaborano insieme per il raggiungimento dell’obiettivo minimo comune: fermare la speculazione.

In passato queste battaglie sono state elaborate e trainate dal mondo indipendentista, che per primo ha messo in evidenza il rapporto coloniale con cui sono state imposte le servitù.
Il motivo principale della precocità dell’analisi sta nelle lenti privilegiate con cui ha osservato la realtà sarda.
Guardare la realtà sarda con le lenti dell’indipendentismo, come metodo, prima ancora che come obiettivo da raggiungere, offre una visuale più aderente alla situazione attuale.

È la visione “verticale”, centro-periferia, colonizzante-colonizzato, dominatore-dominato, ancora troppo poco utilizzata nell’analisi della realtà sarda. La speculazione finanziaria viene protetta e incentivata dallo stato italiano, leviatano che impone le regole ai territori, senza curarsi dell’ascolto. 

La mancata lettura di questo rapporto coloniale ha come esito un grave ritardo nell’analisi e nell’azione politica da parte della maggioranza della società sarda. La causa sta nell’utilizzo di lenti per interpretare la realtà, filtrate da una errata visione “orizzontale”. Cioè la visuale “destra italiana vs sinistra italiana“, che ha una matrice mediatica, figlia dei talk show italiani e, per imitazione, replicata dalla maggior parte dei politici locali sardi, che scimmiottano l’atteggiamento dei politici statali, con risposte preconfezionate: “e allora la destra?”, ” e allora la sinistra?”, in cui nessuno risponde alle proprie responsabilità, portando il dibattito sul tifo da stadio, più che sui fatti concreti.

L’alternanza tra destra e sinistra italiana, in Sardegna, non ha intaccato il rapporto coloniale e le servitù, anzi, sono aumentate con il passare delle legislature. E questo è un fatto difficilmente contestabile, la prova provata che la lettura orizzontale non risolve, non spiega nulla! Non è dunque un problema di alternanza destra-sinistra.

Non è neppure una questione puramente ambientalista, dato che Legambiente si è schierata in favore della speculazione eolica.
L’ambientalismo si interroga entro un trade-off tra emissione di CO2 e questione estetico-paesaggistica e quindi anche turistica.

La questione, posta in questo modo, non è corretta: il problema non è l’eolico in sé. Il problema è la speculazione finanziaria affamata di terre e l’Italia che ha scelto di sacrificare alcuni territori, tra cui, appunto, la Sardegna.

Lo ha capito benissimo l’ADES (S’Indipendente: La Sardegna come hub energetico per soddisfare i bisogni del nord?):  “nata dall’esigenza di diversi singoli e gruppi, che già in precedenza si erano occupati della speculazione energetica in Sardegna”.

Nel suo manifesto pubblicato a febbraio 2022, esplicita che: “promuovere l’uso delle fonti rinnovabili spingendo verso le comunità energetiche e l’autoconsumo,  ponendo molta attenzione all’evoluzione e gestione del processo affinché rimanga nelle mani delle comunità locali.  (S’Indipendente: La Piattaforma per la democrazia energetica in Sardegna (ADES) presenta il suo Manifesto).

Il primo passo è il riconoscimento del rapporto coloniale tra Italia e Sardegna

Logica che non necessita per forza dell’abbraccio di una posizione indipendentista.

Si tratta di rileggere le servitù, almeno degli ultimi 80 anni di Italia repubblicana, ricostruendole e trovando il filo rosso che le accomuna. La speculazione eolica di questa fase ha parecchi punti di contatto con il Piano di Rinascita, una valanga di soldi investiti in Sardegna, di cui pochi rimarranno ai sardi, a favore degli speculatori, che lasceranno non più cattedrali nel deserto, ma tanti boschi di ferro e acciaio, diffusi su tutto il territorio e sul mare.

Nonostante l’elenco delle servitù sarde (basi, esercitazioni militari, industria inquinante, il piano di rinascita elargito in maniera coloniale per favorire l’industria del nord, la cancellazione della lingua e della storia sarda, …) sia diventato senso comune, ancora non si ha consapevolezza piena del fatto che è il paradigma dell’analisi ad essere fondamentale per una corretta lettura: prevale ancora il modello orizzontale, invece che quello basato sul rapporto coloniale tra un dominato e dominante.

Vanno nella giusta direzione le dichiarazioni del presidente dell’Isde Sardegna, che durante l’incontro del Comitato del Meilogu a Thiesi, ha parlato di  “quarta colonizzazione” della Sardegna (dopo quella linguistica,  industriale  e militare) (S’Indipendente: La rivolta contro l’eolico coloniale di Draghi e Meloni parte da Thiesi: appunti su un’assemblea storica).

assemblea-thiesi-eolico-3
Immagine: Cristiano Sabino

Le battaglie, senza l’anima di un’idea che sostiene nel lungo termine gli sforzi, o quantomeno senza una visuale interpretativa a fare da cornice, hanno breve durata e si spengono come un fuoco di paglia. 

Muoversi con un paradigma interpretativo di riferimento, permetterebbe di inquadrare le singole battaglie su un piano temporale più lungo,  spina dorsale che garantirebbe oltretutto una continuità e un’omogeneità minima tra i movimenti. 

Oggi l’elaborazione politica locale è in mano ai comitati e alle associazioni

I partiti hanno perso la spinta propulsiva, paradossalmente proprio quando le battaglie sulle servitù sono diventate patrimonio comune, se anche l’editore Zuncheddu, dall’Unione Sarda, si schiera contro l’eolico. 

Salvo qualche (non rara) eccezione, tra cui il comune di Villanovaforru e una quarantina di sindaci (con l’Anci silente) gli amministratori accettano le servitù con colpevole fatalismo, spesso per questioni tecniche legate alla mancanza di personale amministrativo, altre volte per obbedienza compiacente verso il partito italiano, in cui sperano di far carriera.
L’attivismo dei Comitati, e la collaborazione tra loro, è la novità di questa fase.

Producono resistenza attiva, cercano di mobilitare i cittadini, con assemblee, pagine sui social, comunicati, sit-in. Interagiscono e si scambiano informazioni e competenze. Si tengono insieme, a patto che i partiti non tentino di metterci sopra il cappello. Il rischio che sotto elezioni (si vota per le regionali a febbraio 2024) ci sia la sfilata dei rappresentanti dei comitati come candidati è altissimo. Il che porterebbe ad una sicura implosione dei comitati stessi e alla fine di questa fase storica.

Dopo Villanovaforru, anche Sanluri si è schierata compatta contro le nuove servitù.
Il benefico contagio è stato innescato, l’indignazione ha rotto il muro dell’indifferenza e la speculazione troverà davanti un muro di resistenza, che potrebbe costargli l’appoggio politico.

Immagine: ilsardingtonpost.it

Le armi a disposizione sono di diversi tipi. Il Gruppo di intervento giuridico, ad esempio, storicamente, ha rappresentato un punto di riferimento per le battaglie ambientali. Pone gli strumenti legali come leva della sua azione.

Attivo dal 1992, ha svolto più di duemila attività in difesa dell’ambiente in Sardegna. Riportano sul sito una frase di Gian Antonio Stella: “il movimento ambientalista che porta a casa i risultati migliori, perché anziché sdraiarsi davanti alle ruspe, si batte sul piano delle leggi per bloccare le porcherie di qualche sciagurato assaltatore dell’ambiente”.

La leva legale/burocratica con cui opporsi è forse lo strumento più importante, quello più efficace nell’immediato.
Usa lo stesso linguaggio del potere, le stesse armi per ribaltare i rapporti, cercando tra le pieghe delle procedure, gli errori o le mancanze. La balentia moderna ha l’aspetto di un burocrate tra le scartoffie.

Il Comitato Nuraxino ha recentemente ottenuto una vittoria ed è riuscita a bloccare il progetto “GREEN AND BLEU MESU SERUCI” (S’Indipendente: La rivincita di Don Chisciotte) grazie al lavoro fatto insieme all’associazione Adiquas, con cui hanno riportato osservazioni sull’area archeologica.

In passato vi avevamo dato conto delle battaglie sulle discariche nel Sulcis iglesiente (S’Indipendente: Il Sulcis delle discariche e delle industrie inquinanti) portate avanti sempre dal Comitato.

Altra leva importante, è l’aspetto democratico. Diffondono consapevolezza e agevolano la sollevazione della popolazione per far prendere coscienza del rapporto di sfruttamento. Ha tempi più lunghi, necessita di consenso maggioritario, segue il ritmo dei tempi elettorali, pulsa più forte in periodi di elezioni. Fa leva sulle questioni ambientali, antimilitariste e pacifiste, o sulla questione democratico-indipendentista, sintetizzata in un semplice quesito: chi decide della propria terra e dei propri diritti? 

È fondamentale. Come la leva legale/amministrativa. Muove consenso, crea fermento e produce resistenza attiva, responsabilizza alla gestione della polis, riattiva i cittadini, pronti a combattere quando emergono delle dissonanze democratiche. Assemblee pubbliche in piazza, manifesti, volantini, cartacei o digitali, sit-in, discussioni aperte, eventi, musica, sono le armi di questa seconda lotta.

Punta su entrambe le leve il Comitato No Tyrrhenian Link di Selargius (S’Indipendente: Selargius, terra di servitù energetiche e la nascita del nuovo comitato) che si muove seguendo sia la via legale/amministrativa, che la via democratico/partecipativa, con le recenti assemblee in piazza. Nell’ex paese del vino, si configura la nascita di un distretto elettrico, incluso di batterie di accumulo (S’Indipendente: Selargius, porta della colonia sarda: nuova servitù con 100 container di batterie al litio, 25 container con sistemi di conversione e 50 trasformatori) terminale dell’energia speculativa prodotta nell’isola, prima dell’invio verso la Sicilia, per puntare poi verso l’Italia (S’Indipendente: “Sa Batalla” de Ceraxus). Un recente incontro con Terna, convocato dall’amministrazione comunale, su richiesta di un consigliere di minoranza e del Comitato, è sfociato in una rivolta spontanea (Sindipendente: Selargius, assemblea pubblica: cronaca della rivolta popolare contro Terna (e contro il sindaco).

Immagine: Ivan Monni

I Comitati si scambiano informazioni, collaborano e interagiscono tra loro

A Bauladu è nata la collaborazione tra i comitati, legame non gerarchico tra i territori (S’Indipendente: I Comitati Sardi contro la speculazione energetica si uniscono: intervista a Gigi Pisci)

Noi de S’Indipendente abbiamo dato conto da subito e sostenuto le battaglie dei Comitati, e continueremo a dare conto di un fenomeno ancora troppo poco indagato, che contraddice gli stereotipi dei malos unidos e altre sciocchezze simili.

Cercare di dare risalto, raccontarli nel loro insieme, pur nelle loro differenze, cogliere il ritmo che impongono a questa fase storica di un autonomismo ormai al collasso, è fondamentale per cercare di capirne la direzione cui volgono. 
La certezza che questo statuto non ci fornisce gli strumenti per decidere del nostro territorio è ormai palese. In assenza di un principio di sovranità dei sardi nello statuto, decide lo stato italiano in pieno stile coloniale, agevolato dalla classe politica locale, pronta a reggere il sacco pur di fare carriera nel partito italico. È la storia dei sardi da almeno seicento anni, che ha trovato il suo punto peggiore nell’Italia repubblicana. Nessuno aveva mai imposto tante servitù ed era riuscita nell’intento di cancellare la lingua sarda. Diceva Cicitu Masala, che siamo stati costretti ad esprimerci nella lingua del colonizzatore ed anche questo articolo fornisce colpevolmente testimonianza di ciò.

Riassumiamo alcuni dei recenti articoli de S’Indipendente, con l’obiettivo di rendere l’idea, il colpo d’occhio delle resistenze che si stanno muovendo in Sardegna (scusandoci per l’autoreferenzialità).

Abbiamo seguito molto da vicino le battaglie del Comitato di Punta Giglio, in tutte le sue fasi principali, fin dalla sua genesi, con una decina di articoli (S’Indipendente: li trovate elencati qui).

Abbiamo dato risalto ai comitati e alle associazioni che si muovono in difesa della sanità (S’Indipendente: Oltre l’urgenza, la riforma sanitaria secondo i giovani del centro sardegna. Intervista a Danilo Lampis) alle battaglie del Comitato per la salvaguardia del Trenino Verde (S’Indipendente: Il Trenino a trazione politichese) del comitato Carlofortini Preoccupati” (S’Indipendente: Nel Sulcis le scorie nucleari arrivano già. Domani la mobilitazione) che chiedono bonifiche e chiusura di tutte quelle attività industriali incompatibili con la salute delle comunità e insostenibili per un ambiente già fortemente compromesso.

E delle diverse manifestazioni contro le basi militari e le esercitazioni di A Foras e di Sardinnia Aresti. (S’Indipendente: Bloccate le esercitazioni: A Foras 1 – Stato italiano 0! E palla al centro!) (S’Indipendente: Resoconto della manifestazione contro le servitù militari del 2 giugno) (S’Indipendente: Da Capo Frasca una agenda comune) (S’Indipendente: Bene il taglio delle reti, ma l’antimilitarismo non è la soluzione) (S’Indipendente: La lince (miope) e il movimento contro l’occupazione) (S’Indipendente: A totu Die) (S’Indipendente: Nara cìxiri).

Immagine: Riccardo Pisu Maxia

Insomma, sotto un’apparente coltre di indifferenza, la Sardegna è impegnata in numerose battaglie non violente. La società è viva e combattiva e, almeno una parte dei cittadini, è pronta ad impegnarsi in difesa del territorio e dei diritti delle persone che lo abitano.
E noi saremo qui a darvene conto.


Immagine: elaborazione S’I, su immagini di Nivola e Su Entu Nostu

Cumpartzi • Condividi

4 commenti

  1. Ritengo che questo lavoro di informazione e raccolta di manifestazioni di presa di coscenza dei cittadini sia uno strumento molto efficace per la diffusione di una cultura responsabile e di scelte ragionate e libere.

Lascia un commento / Cummenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Captcha in caricamento...